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Ultime notizie dal mondo

di redazionale - 08/11/2009

  • USA. 1 ottobre. Nuova arma, acustica, per disperdere i manifestanti. La polizia l’ha usata a Pittsburgh durante il G20 tenutosi il 24 e il 25 settembre scorsi. Le polemiche legate all’acquisto dell’LRDA (Long Range Acoustic Device, ovvero apparecchio acustico a lungo raggio) da parte della polizia di San Diego si aggiungono a quelle scoppiate nel 2004 a New York quando la polizia l’usò contro coloro che manifestarono durante l’assemblea dei repubblicani.  La nuova arma è stata propagandata come non letale. Provoca però danni all’apparato acustico, trattandosi di un amplificatore di gamme acustiche. Il normale livello di tollerabilità di un orecchio umano è, infatti, di 120 decibel. Il “sonic cannon”, come viene chiamato in gergo, riesce a raggiungere un’intensità di livello di pressione sonora pari a 150 decibel a un metro di distanza. Nei modelli più potenti, dicono le associazioni ambientaliste, il raggio di propagazione del suono riesce a raggiungere distanze di quasi tre chilometri. L’apparecchio, utilizzato fino ad allora solo nella guerra irachena e come deterrente per gli attacchi dei pirati in Somalia, provoca, al massimo della sua potenza, danni all’apparato acustico, soffocamento, nausea e vomito.

 

  • Euskal Herria. 2 ottobre. Desaparecido basco: ennesimo capitolo della «guerra sporca» nei Paesi Baschi. Jon Anza sarebbe stato seppellito dalla polizia spagnola in una zona imprecisata nello Stato francese. Secondo fonti con le quali il quotidiano basca Gara è entrato in contatto, fonti molti vicine a testimoni diretti del caso, Jon Anza –originario di Donostia/San Sebastian– sarebbe stato intercettato, il 18 aprile, sul treno verso Tolosa da agenti di polizia spagnoli, mentre si dirigeva ad un appuntamento con membri dell’organizzazione armata ETA. Il sequestro del militante di ETA, gravemente malato, avrebbe dato luogo a interrogatori illegali nel corso dei quali Anza è morto. Queste fonti asseriscono che fu deciso di disfarsi del corpo, seppellendolo in territorio francese. Stando alle informazioni cui ha avuto accesso Gara, si conferma il ruolo di un corpo di polizia spagnolo nel pedinamento e nel sequestro del militante.

 

  • Euskal Herria. 2 ottobre. Le informazioni esistenti si possono quindi riassumere così: Jon Anza, che quella mattina si dirigeva in treno da Baiona a Tolosa ad un incontro con membri di ETA –come poi la stessa ha confermato e che era affetto da una grave malattia che lo rendeva quasi completamente cieco, viene intercettato durante il tragitto da effettivi di un corpo di polizia spagnolo. Fatto scendere, viene sequestrato ed in seguito sottoposto a interrogatorio illegale, nel corso del quale muore. Le fonti assicurano che il corpo è stato seppellito in Francia, ma non sono in grado di dire se i membri della forza di polizia spagnola contassero su qualche connivenza o collaborazione delle autorità francesi, o se abbiano agito senza di essa.

 

  • Euskal Herria. 2 ottobre. Ci sono precedenti di tale pratica nella storia della repressione all’indipendentismo basco. Recentemente, a Pamplona/Iruñea, è stato trattenuto con la forza e sottoposto a forti minacce Dani Saralegi, della piattaforma Gora Iruñea! Tra gli ultimi sequestri polizieschi o parapolizieschi di cittadini baschi, c’è quello subìto dal rifugiato politico Juan Mari Mujika l’11 dicembre dell’anno scorso a Donapaleu, quando fu intercettato da vari poliziotti che si rivolsero a lui in francese, ma che poi si qualificarono come agenti spagnoli. Lo tennero sequestrato due ore in una baracca abbandonata, dove fu sottoposto a interrogatori illegali durante i quali furono minacciate ritorsioni alla figlia, allora incarcerata a Madrid. A maggio sempre dell’anno scorso, si registra il caso dell’ex prigioniero bilbaino Lander Fernandez, sequestrato da agenti qualificatisi come ertzainas (polizia basca, ndr). Al rifiuto di collaborare con loro, Fernandez fu preso a bastonate. In seguito alla sua denuncia, viene arrestato su mandato della Audiencia Nacional spagnola. Un altro caso eclatante è quello dell’ex prigioniero di Arbizu Alain Berastegi: alcuni falsi clienti richiesero i suoi servizi da muratore. Quando si presentò, fu sequestrato sotto la minaccia di una mitraglietta da dodici persone incappucciate, tenuto per sette ore in un’impervia zona montuosa e sottoposto a duri interrogatori.

 

  • Irlanda. 3 ottobre. «Ammirazione per le decine di migliaia lavoratrici e lavoratori, piccoli e medi contadini e persone della nostra comunità di pescatori che si sono dimostrati decisi ed hanno rifiutato di essere minacciati e ricattati, che si sono schierati per la democrazia, per la nostra indipendenza e la sovranità della nostra nazione». Questa la dichiarazione patriottica del Partito Comunista d’Irlanda sull’esito del referendum sul Trattato di Lisbona che ha segnato la vittoria del Sì, con quasi il 40% di No. «Sono veri patrioti», prosegue il comunicato del Pc irlandese. «C’è un evidente e crescente numero di persone le cui opinioni e valori non sono rappresentati né dalle istituzioni politiche di questo Stato, né da quelle dell’Unione Europea. Le forze della campagna per il No hanno continuato ad affermare quanto ciò fosse moralmente e politicamente fallimentare, che si sarebbe finiti con l’essere pedine nelle mani della Commissione europea e delle grandi potenze d’Europa. Pur non avendo vinto, la campagna per il No ha dato tremenda battaglia, contro tutte le previsioni e contro i mass media ostili, assicurandosi quasi il 40%, con risorse molto limitate in confronto a quelle che il partito del Sì poteva contare di spendere nel tentativo di comprare i voti della popolazione. Nonostante i milioni da loro spesi - la maggior parte dei quali proveniva dalla Commissione europea attraverso le sue molte organizzazioni di facciata - una minoranza consistente del nostro popolo ha rifiutato di farsi corrompere e di svendere la propria indipendenza. Il compito è ora quello di mantenere l’unità e continuare a costruire una coalizione popolare per riconquistare il processo decisionale nelle istituzioni democratiche irlandesi».

 

  • Gran Bretagna. 6 ottobre. I conservatori non dissipano i dubbi sull’Unione Europea e sul Trattato di Lisbona. Favoriti alle prossime legislative, ieri, a Manchester, i conservatori hanno iniziato il congresso annuale. Parlando ai delegati in apertura di dibattito, David Cameron, dato per favorito dai sondaggi alla carica di nuovo primo ministro, ha dichiarato che «per la prima volta in dodici anni abbiamo una reale possibilità di cambiare le cose». Pur senza un esplicito riferimento al Trattato di Lisbona, osservatori ritengono che a questo si riferisse. La questione è fortemente dibattuta all’interno del partito. Cameron ha più volte rivendicato l’indizione di un referendum sul Trattato, già ratificato dal Parlamento, nel quale i conservatori si schiererebbero per il “no”. «Se quando arriviamo al potere il Trattato di Lisbona non è in vigore, revocheremo la ratifica e voteremo una legge per convocare un referendum», ha detto alla France Presse David Lidington, portavoce del partito per gli affari esteri.

 

  • Honduras. 6 ottobre. Il presidente golpista Micheletti scarica la responsabilità dell’espulsione forzata del presidente legittimo sull’esercito e prende le distanze dai militari, adesso a rischio processo. Il 28 giugno arrestarono ed espulsero il presidente Manuel Zelaya, li giustifica Micheletti, perché «temevano uno spargimento di sangue» e per proteggere la sua incolumità fisica. Lui, aggiunge, fu informato dell’accaduto solo nella tarda serata. Comunque tutto fu legale perché l’ordine lo dette il Tribunale supremo come risposta alle presunte irregolarità commesse da Zelaya durante il suo mandato. La presa di distanza del presidente golpista è arrivata dopo che la Corte Suprema ha dichiarato di non aver mai emesso un ordine d’espulsione per il presidente in carica. Micheletti ha rilasciato domenica un’intervista alla rivista brasiliana Veja, nella quale definisce Zelaya una «marionetta» del presidente venezuelano Hugo Chávez. «Si era circondato di comunisti da bar, gente che non fa altro che parlare e parlare, convincendolo che convocando un referendum popolare sarebbe riuscito a restare al potere», spiega Micheletti. «Questo ci ha spinti a difendere il nostro paese dal comunismo versione XXI secolo, inventato da un pazzo dell’America del sud».

 

  • Italia. 8 ottobre. Indagata a Milano la Santaché per turbamento e interruzione di funzione religiosa. La Procura della Repubblica di Milano ha aperto un fascicolo nei confronti di Daniela Santanchè e una decina di esponenti del suo gruppo, il Movimento per l’Italia. L’ex-parlamentare di AN e i suoi supporter sono inquisiti per turbamento di funzioni religiose e interruzione dello svolgimento di manifestazioni religiose. (vedi http://www.islam-online.it/2009/09/provocazione-della-santanche-atto-i-ii-e-iii/). Nessuna denuncia risulta al momento (la legge prevede 90 giorni di tempo per questo genere di denunce) da parte della Santanché che ha dichiarato di esser stata colpita. I responsabili della comunità islamica si dicono tranquilli: le molte telecamere presenti non hanno rilevato nessuna violenza contro di lei.

 

  • Repubblica Ceca. 9 ottobre. Nuove condizioni per ratificare il Trattato di Lisbona. L’euroscettico presidente della Repubblica Ceca, Vaclav Klaus, ha chiesto che il suo paese ottenga un’esenzione da uno dei punti chiave della Carta europea, prima di ratificare il Trattato di Lisbona, un’opzione simile a quella accordata a Gran Bretagna e Polonia. Ma ci sono altre clausole, non indicate, che la Repubblica ceca vorrebbe vedere inserite prima di ratificare il Trattato. In caso contrario Klaus minaccia di rimandare ulteriormente la firma dell’accordo, eventualità che potrebbe mettere in forse l’intera operazione. In Gran Bretagna infatti i conservatori, di cui è data quasi per certa la vittoria alle prossime elezioni, hanno in programma, una volta al governo, di indire un referendum sul Trattato di Lisbona, che in un paese euroscettico come la Gran Bretagna rischia di non passare, mettendo quindi in crisi l’intero processo. Il presidente della Polonia, Lech Kaczyński, ratificherà il Trattato sabato, come aveva già promesso nel caso che il “sì” avesse vinto nel referendum tenutosi in Irlanda il primo ottobre. La Repubblica Ceca rimarrà così l’unico paese dei 27 a non aver ancora firmato la costituzione europea. Con il referendum del primo ottobre in Irlanda, sono 25 i paesi che hanno finora ratificato il Trattato di Lisbona.

 

  • Iran. 9 ottobre. Washington dietro la scomparsa di un ricercatore universitario, Shahram Amiri. L’accusa viene dal ministro degli Esteri iraniano, Mottaki, che alla stampa ha dichiarato di avere prove al riguardo. L’uomo, scomparso durante un pellegrinaggio in Arabia Saudita lo scorso giugno, sarebbe stato coinvolto nel programma nucleare della Repubblica islamica in quanto dipendente dell’Organizzazione per l’Energia Atomica. «Abbiamo trovato documenti che attestano il ruolo degli USA nella scomparsa del pellegrino iraniano, in Arabia Saudita, Shahram Amiri», ha sostenuto il ministro di fronte a giornalisti. Press Tv, la televisione di Stato, ha rivelato che Amiri lavorava come ricercatore presso la Malek Ashtar University di Teheran, un ente impegnato in progetti speciali di ricerca nazionali. Washington, tramite Ian Kelly, portavoce del Dipartimento di Stato, ha negato qualsiasi coinvolgimento nell’accaduto.

 

  • Afghanistan. 9 ottobre. È caos per i brogli elettorali del 20 agosto. La Commissione per i reclami elettorali (Eec), sostenuta dall’ONU e dal governo afgano e presieduta dal canadese Grant Kippen, non potendo fare a meno di prenderne atto a fronte delle innumerevoli denunce e prove, ha deciso di rivedere le regole di riconteggio dei voti sospetti. Lunedì scorso, la Commissione aveva stabilito che i due candidati, Karzai e Abdallah, si sarebbero visti annullare la stessa percentuale di voti a prescindere da chi avesse maggiormente beneficiato dei brogli. Anche se dalle verifiche a campione fosse emerso che la maggior parte dei voti falsi erano per Karzai, lui e il suo sfidante sarebbero stati penalizzati in egual misura, lasciando quindi inalterato il vantaggio relativo di Karzai e la sua maggioranza assoluta di poco più del 54%. «Un sistema inaccettabile», lo aveva bollato Peter Galbraith, l’ex numero due della missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, rimosso per aver denunciato i tentativi del suo capo di insabbiare i brogli di Karzai. «Non è corretto trattare allo stesso modo i due candidati visto che non hanno avuto la stessa opportunità di organizzare frodi: solo uno di loro aveva il controllo dell’apparato statale». Ora la Commissione Kippen ha deciso di cambiare sistema, stabilendo che i voti dei candidati verranno annullati in percentuali diverse a seconda di «chi ha imbrogliato di più». Stando ad esempio ad una tabella di dati riservati dell’ONU diffusa dall’Associated Press, nella provincia di Helmand risulta che Karzai ha vinto con 113mila voti su 122mila  (con soli 38mila votanti effettivi). Nella provincia di Kandahar, solo 100mila votanti ma ben 221mila voti per Karzai. Nella provincia di Paktika, 35mila votanti ma 193mila voti per Karzai. E così via.

 

  • USA. 9 ottobre. Stupore per il Premio Nobel per la pace assegnato ad Obama. Al di là della sua oratoria e di un’efficacissima campagna di marketing politico-mediatico, l’immagine di Obama non regge alla prova dei fatti. Obama ha riconfermato, nell’amministrazione, lo stesso ‘ministro della Guerra’ di Bush (Robert Gates) e ai relativi impegni militari ha solo cambiato nome: la Guerra Globale al Terrorismo (Gwot) di Bush si è trasformata, con Obama, in ‘Operazioni di emergenza di Oltremare’ (Oco). Il ridicolo si accompagna al discredito. A parte le minacce che continuano a pendere sull’Iran con quell’ultimo capitolo sulla ‘nuova’ centrale nucleare iraniana, non militare, di Qom che in realtà agli USA era nota fin dal 2006, l’escalation militare in Afghanistan (grazie all’alleggerimento militare sull’Iraq già deciso da Bush) avviene su uno sfondo di bombardamenti continui che non vanno per il sottile, con villaggi distrutti e civili uccisi perché colpevoli del loro sostegno alla resistenza. Con Obama la guerra si è ancor più estesa al Pakistan e la sua amministrazione ha intensificato, rispetto a quella Bush, raid missilistici nelle “aree tribali” e pressioni su Islamabad per offensive su larga scala nelle aree talebane dello Swat e in Waziristan. Tra forze speciali, consiglieri ed istruttori militari, poi, gli USA hanno le mani in pasta nelle Filippine (forze speciali statunitensi continuano a combattere a fianco delle truppe filippine impegnate nelle operazioni militari contro gruppi armati islamici), in Georgia, in Yemen, in Colombia, in Somalia (con Obama sono proseguiti i raid militari statunitensi in territorio somalo), eccetera, scenari rispetto ai quali questa Casa Bianca non ha fatto alcun passo indietro.

 

  • USA. 9 ottobre. Da ricordare poi gli ostacoli frapposti dall’amministrazione Obama ad un’inchiesta indipendente sui crimini di guerra commessi da Israele a Gaza durante l’operazione ‘Piombo Fuso’, il rimodulamento dello scudo missilistico di Bush, il rinnovo dell’anacronistico embargo economico a Cuba. C’è poi la vicenda dell’Honduras, in cui vige il colpo di stato dello scorso giugno contro il presidente democratico dell’Honduras, Manuel Zelaya. Zelaya aveva aumentato i salari minimi, concesso sussidi ai piccoli agricoltori, ridotto la povertà nel paese e si preparava a rompere il monopolio farmaceutico degli USA producendo medicinali generici a buon mercato. Obama chiese, in seguito, il ritorno di Zelaya alle sue funzioni presidenziali, rifiutandosi però di condannare i golpisti e di richiamare il proprio ambasciatore e soprattutto le truppe che avevano il compito di addestrare quelle honduregne ben determinate a schiaccare la resistenza popolare. Obama rifiutò ripetutamente di incontrarsi con Zelaya ed inoltre approvò un prestito del Fondo Monetario Internazionale di 164 milioni di dollari a favore del regime illegale.


  • USA. 9 ottobre. I primi dieci mesi trascorsi da Obama nello studio ovale dovrebbero ricordare, a chiunque avesse nutrito una diversa illusione, che il presidente degli Stati Uniti è -per definizione- lì a preservare lo status quo anche al prezzo di riforme secondarie. Affermava Gilbert Achcar (studioso esperto del Medio Oriente), in un’intervista concessa prima delle elezioni, alla rivista statunitense IRS (International Socialist Review): «Gli interessi dell’imperialismo americano trovano, ovviamente, la loro migliore garanzia nella supremazia militare, ma un aggiustamento di facciata politico ed ideologico è un necessario ed utile complemento. Con Bush, l’arroganza e lo spostamento a destra si sono spinti così avanti che sembra imperativo per la fazione ‘illuminata’ del sistema americano sterzare ‘a sinistra’, almeno a parole. Per far questo uno come Obama può risultare utile».

 

  • USA. 9 ottobre. Obama ha ordinato la chiusura del campo di prigionia della baia di Guantanamo e abolito la legge che vietava il finanziamento federale a gruppi internazionali che forniscono sostegno, o informazioni, a chi voglia abortire. Inoltre, in contrasto con il rifiuto dell’amministrazione Bush anche solo di considerare che esiste un problema causato dal cambiamento climatico globale, l’amministrazione Obama ha dichiarato che questo deve, invece, essere affrontato. Si scopre che Obama ha accettato molte delle leggi volute di Bush, ad esempio i tribunali militari per processare i detenuti e la carcerazione a tempo indeterminato su decreto presidenziale, nonché il doppio linguaggio sulla tortura, che ripudia le politiche di Bush come illegali ma non punisce chi le ha messe in pratica. La chiusura della prigione di Guantanamo è tutt’altro che probabile considerato che, a renderla una promessa vana, concorrono anche gli eletti democratici i quali, con un voto a schiacciante maggioranza, hanno negato i fondi per chiudere il campo. Sempre su Guantanamo, Vincent Warren, direttore esecutivo del Centro per i Diritti Costituzionali, Center for Constitutional Rights (CRR), si incontrò con Obama ed i principali gruppi per i diritti umani prima del discorso presidenziale sulla prigione e rilasciò, a riunione conclusa, questa dichiarazione: «Il presidente è stato molto attento nell’ascoltare le preoccupazioni del CCR sulle politiche relative a Guantanamo ma rimango profondamente deluso per la direzione che l’amministrazione sta prendendo e non vedo differenze significative tra queste politiche sulla detenzione e quelle del presidente Bush». Per spiegare le ragioni delle scelte politiche di Obama, non è necessario scomodare la categoria del ‘tradimento’ -questa è del tutto inservibile a comprendere le cause dei processi storici- perché Obama è sempre stato molto più di centro di quanto le sue capacità retoriche lasciassero trasparire. Nelle primarie Obama prese spesso delle posizioni che lo ponevano alla destra dei suoi avversari e in un partito, come quello democratico, che è oggi distante anni luce perfino dall’idea del New Deal di Roosevelt come rete di sicurezza sociale, ogni altro commento è superfluo.

  • USA. 9 ottobre. Sul sistema sanitario, se Obama fosse davvero interessato ad una riforma che dovrebbe contenere i costi e garantire le cure mediche ad ogni americano, perché non adotta la soluzione più semplice ed economica cui, pur con limiti, ricorrono gli altri paesi industrializzati? Potrebbe cioè fornire assistenza medica a tutta la popolazione attraverso un solo sistema controllato dal governo.

 

  • Irlanda del Nord. 12 ottobre. L’INLA annuncia la fine della lotta armata. L’organizzazione armata repubblicana INLA ha dichiarato ieri di deporre le armi, aggiungendosi alle organizzazioni paramilitari lealiste, UVF e UDA, che lo hanno fatto alcune settimane fa, e all’IRA, che ha messo fuori uso i suoi arsenali nel 2005. L’Esercito di Liberazione Nazionale Irlandese (INLA) ha dichiarato, in un comunicato, che «dopo un processo di analisi, di dibattito e di consultazione, ha deciso che la lotta armata è arrivata alla fine» e che continuerà a lottare per il raggiungimento dei suoi obiettivi, servendosi esclusivamente delle vie politiche. Il comunicato è stato letto ieri da un membro del Partito Repubblicano Socialista Irlandese (IRSP) durante una manifestazione politica a Bray, contea di Wicklow. Non si fa menzione della messa fuori uso delle armi, anche se si ritiene che le negoziazioni per la distruzione dell’arsenale già siano iniziate. Il governo spera che il processo attuativo inizi entro pochi mesi. L’INLA ha mantenuto il suo cessate-il-fuoco dal 1998. Costituita nel 1975, molti dei suoi  membri provenivano dall’IRA Official. Il segretario di Stato Shaun Woodward ha salutato positivamente la dichiarazione, ma ha ricordato che «è essenziale che alle parole seguano i fatti», ed ha avvertito che la messa fuori uso delle armi dovrà aver luogo entro febbraio, data in cui il gruppo preposto al decommissionamento sarà smantellato.

 

  • Irlanda del Nord. 12 ottobre. L’annuncio dell’INLA coincide con la visita della segretaria di Stato USA, Hillary Clinton, in Irlanda. La Clinton, incontrandosi con il primo ministro irlandese, Brian Cowen, ha affermato che il trasferimento da Londra a Belfast del potere giudiziario e del controllo della polizia è un «passo essenziale». Tra Sinn Féin  (repubblicano) ed il DUP (Democratic Union Party, lealista) c’è uno scontro su questo passaggio. Il DUP mira a rimandarne l’attuazione ed ora ha spostato ulteriormente la scadenza a Natale prossimo, Sinn Féin invece ritiene che la devoluzione si sarebbe dovuta produrre già da diversi mesi e ne chiede l’immediata attuazione, denunciando la strategia di rallentamento del partito unionista.


  • Egitto. 12 ottobre. Espulse dall’università perché volevano indossare il velo. Riguarderebbe un centinaio, finora, di studentesse il provvedimento –in vigore da ieri– del rettore dell’università del Cairo, Muhammad Tantawi, che vieta l’uso del velo integrale negli edifici universitari. Le studentesse universitarie ora promettono battaglia contro la direttiva. Il rettore, che nel corso di una conferenza di due settimane fa aveva definito l’uso del velo integrale «lontano dall’Islam» e retaggio di usanze tribali preislamiche, è osteggiato anche da alcuni settori politici e dai Fratelli Mussulmani. Da notare che il rettore è considerato la massima autorità religiosa egiziana (è anche imam della moschea di al-Azhar, la più importante de Il Cairo) e aveva reso pubbliche le sue intenzioni contro il niqab nel corso di un’assemblea in cui aveva richiesto a una studentessa di togliersi il velo. La ragazza, rifiutatasi di obbedire, era stata la prima ad essere espulsa.

 

  • Pakistan. 12 ottobre. Nuova grande offensiva anti-talebana in Sud Waziristan. La recente ondata di attentati e attacchi senza precedenti ha spinto il riluttante esercito pachistano ad eseguire gli ordini di Washington, lanciando una nuova grande offensiva contro le roccaforti del Movimento dei taliban pachistani in Sud Waziristan (la più grande operazione militare dopo quella lanciata a maggio contro i taliban di ‘Mullah Radio’ nella Valle di Swat). Già domenica sera il ministro dell’Interno Rehman Malik aveva dichiarato che l’offensiva terrestre in Sud Waziristan era «imminente», che «non è più questione di impegno nella lotta antiterrorismo, ma una questione di necessità».

 

  • Pakistan. 12 ottobre. La scorsa settimana, dai vertici dell’esercito, si erano levate voci di protesta nei confronti di Washington per la sua sempre più pesante ingerenza negli affari interni pachistani. In particolare, non pochi generali avevano protestato per le condizioni dettate dagli Stati Uniti al governo di Islamabad in relazione alla concessione di un megafinanziamento quinquennale del Fondo Monetario Internazionale di 7,5 miliardi di dollari vincolato ad azioni militari immediate contro le roccaforti talebane nelle aree tribali e contro le centrali jihadiste a Quetta e Murdike, allo smantellamento della rete segreta di forniture nucleari militari pachistane ad altri paesi, e all’espansione delle rappresentanze diplomatiche USA a Islamabad, Lahore, Peshawar e Karachi - attorno a cui gravitano centinaia di mercenari della Xe (la ex Blackwater) sospettati di condurre operazioni segrete nel paese.

 

  • Pakistan. 12 ottobre. Le Nazioni Unite –che ancora assistono un milione di civili sfollati dall’offensiva di maggio nello Swat– si stanno attrezzando a ricevere altre centinaia di migliaia di profughi in fuga dal Sud Waziristan.

 

  • USA. 13 ottobre. Da appena insignito Nobel per la pace, il presidente statunitense Barack Obama ha annunciato l’invio di altri 21.000 soldati di rinforzo in Afghanistan per la guerra contro i taliban. Oggi, sul suo sito, Washington Post cita fonti del Pentagono e informa che la Casa Bianca ha decios l’invio di altri soldati (13.000) tra esperti di intelligence, poliziotti, medici, ingegneri, cercando di tenere riservata la notizia. Secondo un calcolo del quotidiano, il numero complessivo dei militari USA impegnati in Iraq e Afghanistan è superiore al livello massimo raggiunto durante la presidenza Bush tra il 2007 e il 2008 (allora contro l’insurrezione irachena). Ora a Washington si sta discutendo l’invio di altri 40.000 uomini in Afghanistan richiesto dal generale Stanley McChrystal.

 

  • Gran Bretagna. 14 ottobre. Nella NATO «la divisione degli oneri deve essere equamente divisa tra le due sponde dell’Atlantico». Lo ha detto il portavoce del segretario generale Anders Fogh Rasmussen, il quale ha dichiarato che la NATO ha accolto con favore l’annuncio del premier britannico Gordon Brown di mandare ulteriori truppe in Afghanistan.

 

  • Irlanda del Nord. 14 ottobre. Sinn Féin accetta l’offerta di Brown per la finanziarizzazione del trasferimento di Giustizia ed Interni a Belfast. Di fronte alla proposta del primo ministro britannico, il DUP (Democratic Union Party, lealista) ha già fatto sapere che «non spingerà» per l’accordo. La decisione si è prodotta durante una riunione dell’esecutivo del Sinn Féin a Dublino. «Ieri abbiamo ricevuto dal governo britannico i dettagli del pacchetto finanziario proposto», ha dichiarato Gerry Adams, presidente del partito repubblicano. «Il capo della delegazione negoziatrice del partito, Martin McGuinness, ha raccomandato ai membri del Consiglio (il governo, ndr) che lo si accetti... Ora il processo di trasferimento deve completarsi rapidamente». La palla ora passa al DUP.

 

  • Euskal Herria. 14 ottobre. Nuova retata contro la sinistra patriottica basca. Arrestati dirigenti indipendentisti baschi. Sono Arnaldo Otegi (principale interlocutore dell’ultimo processo di pace), Rafa Díez Usabiaga (dirigente di spicco del sindacato Lab), Rufi Etxeberria (scarcerato per decorrenza dei termini di carcere preventivo solo dieci giorni fa dopo due anni in attesa di un’udienza), Sonia Jacinto (l’ex-tesoriera del Partito Comunista delle Terre Basche), Arkaitz Rodríguez, Amaia Esnal e Txelui Moreno. Fra gli arrestati anche Mañel Serra e Miren Zabaleta. L’operazione, scattata nella tarda serata di martedì 13 ottobre, è stata istruita da Baltasar Garzon. L’accusa è generica: aver tentato di costituire una direzione politica della sinistra abertzale (patriottica, ndr) e ricostituire Batasuna, dichiarata illegale nel 2003 perché ritenuta vicina al gruppo armato ETA, attraverso il nuovo movimento basco ‘Batera Gune’ (Luogo d’incontro), in tal senso agendo «agli ordini di ETA». È questo l’argomento usuale con il quale, dal 1998, Garzon sta riempendo le carceri di indipendentisti baschi che non sono imputati di reati ‘materiali’, ma imprigionati sulla base di questo “teorema”: chi è per il socialismo e l’indipendenza parla «come ETA», quindi vuol dire che «è di ETA». Questo “teorema” politico ha determinato, in oltre un decennio, la chiusura di giornali, riviste, radio, associazioni giovanili, osterie, nonché la criminalizzazione di associazioni per la lingua basca, fondazioni di disobbedienza civile, interi consigli di amministrazione di realtà editoriali, associazione di supporto ai prigionieri politici e ai loro familiari, eccetera. Tutti i partiti, che si sono costituiti dopo l’illegalizzazione di Herri Batasuna, hanno fatto la stessa fine, per aver sostenuto proprio quelle rivendicazioni politiche. Tali illegalizzazioni sono state rese possibili, giuridicamente, grazie ad una legge liberticida predisposta ad hoc per l’indipendentismo basco, firmata e votata da “socialisti” (PSOE) e popolari (PP), la cosiddetta “Legge organica dei partiti politici”, approvata nel giro di pochi mesi dal Parlamento spagnolo nel 2002, con l’unico scopo di sciogliere il partito di Batasuna. Questa legge liberticida vieta le formazioni politiche che non si dissociano esplicitamente dalla lotta armata basca o che sono sospettate di avere collegamenti con Batasuna.

 

  • Euskal Herria. 14 ottobre. Il movimento patriottico basco, nonostante ciò, ha continuato ad essere una forza significativa nei Paesi Baschi. Batasuna, pur illegalizzata, aveva predisposto una nuova proposta di pace, quella di Anoeta, che aveva portato a colloqui e negoziati con le autorità di Madrid, poi arenatisi. La dirigenza abertzale aveva più volte ribadito, lo stesso Otegi ancora negli ultimi mesi in diverse interviste, che la proposta di pace rimaneva sul tavolo e tutto lasciava supporre che a breve vi potesse essere un nuovo progetto di soluzione politica da lanciare pubblicamente. Gli arrestati stavano infatti lavorando alla sua messa a punto attraverso riunioni con la base indipendentista in tutto il Paese Basco. Una fase di analisi e di dibattito interno non facile perché si stava ricercando, in profondità e senza tabù, una strategia politica efficace nei termini ed in grado di raggruppare le diverse basi dell’indipendentismo. Secondo indiscrezioni di stampa, si stava mettendo a punto un’iniziativa che avrebbe distinto e differenziato esplicitamente la lotta pubblica di un nuovo soggetto politico e la lotta politico/militare di ETA. Un lavoro congiunto anche con altri partiti e collettivi per accompagnare il tutto con strutture adeguate, senza la rinuncia, per nessuno, della propria identità e principi politici ma difendendo uniti l’obiettivo finale dell’indipendenza. La risposta dello Stato spagnolo non s’è fatta attendere: carcerazioni a tutto spiano.

 

  • Euskal Herria / Irlanda. 14 ottobre. Gli echi delle misure repressive del governo spagnolo hanno valicato le frontiere. La europarlamentare del Sinn Féin, Bairbre de Brún, ha ricordato che la sua formazione ha difeso la necessità di rilanciare il processo di pace basco ed ha affermato che «l’illegalizzazione di Batasuna, insieme alla continua incarcerazione dei rappresentanti politici, non aiuta in quella direzione in nessun senso». Secondo il Sinn Féin, «la detenzione, da parte del governo spagnolo, di Arnaldo Otegi come leader di Batasuna insieme ad altri nove membri del partito è un passo indietro e renderà molto più difficile il processo di ricostruzione e gli sforzi per dare nuovo ímpeto a un processo di pace duraturo». Bairbre de Brún ha quindi aggiunto che, «in vista di una risoluzione del conflitto, le misure punitive e la criminalizzazione da parte delle autorità spagnole non avvicineranno questi obiettivi».

 

  • Cina / Guinea. 14 ottobre. Pechino sigla accordo petrolifero commerciale e consolida sempre più la sua presenza nel continente africano. La Cina potrà ora sfruttare miniere e giacimenti petroliferi di cui il paese africano è molto ricco. L’azienda cinese titolare dei contratti, fa sapere il ministro per le Risorse Minerarie, Mahmoud Thiam, investirà almeno 7 miliardi di dollari in infrastrutture ed in cambio godrà dei privilegi di “partner strategico” in tutti i progetti minerari varati nel paese. La Guinea sta attraversando un periodo di instabilità politica e sociale, con molti lavoratori in sciopero per ricordare le decine di persone uccise dall’esercito durante una manifestazione due settimane fa. La Cina, dopo gli Stati Uniti, è tra i migliori partner commerciali per l’Africa. Dal 2008 il valore degli scambi commerciali ha superato i 100 miliardi di dollari, 51 miliardi in export dalla Cina e 56 miliardi in import da Angola, Guinea Equatoriale, Nigeria, Congo Brazzaville e Sudan. Paesi, questi, ricchi di enormi giacimenti di petrolio.

 

  • USA / Russia. 14 ottobre. Lo “scudo mobile” di Obama più pericoloso di quello di Bush. È la preoccupazione espressa alcuni giorni fa dall’ambasciatore russo presso la NATO Dmitry Rogozin, secondo cui il nuovo schema proposto da Obama, basato su un sistema di missili intercettori collocati a terra e in mare (su delle navi), potrebbe rappresentare per la Russia una minaccia addirittura maggiore. A Mosca si sostiene che, in questo modo, i missili statunitensi potrebbero arrivare addirittura più vicino ai confini russi, ad esempio in Ucraina. Il Cremlino si è dissociato da queste affermazioni. Tuttavia permangono dubbi. Sergei Ryabkov, viceministro degli Esteri russo, ha affermato alla Reuters che gli elementi fondamentali del nuovo Scudo pongono ancora dei problemi. «La prima questione è come sarà configurato questo nuovo progetto di difesa, dove saranno schierati i suoi elementi costitutivi». Anche il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha detto che Mosca stava ancora aspettando qualche dettaglio in più sui piani di Washington. «Infatti noi vogliamo sapere quali sono questi piani, cosa prevedono e come funzionerà il sistema», ha detto il ministro durante una conferenza stampa. «Più ne sappiamo, prima riusciremo a capire se ci sono le basi per lavorare insieme al progetto....che prevederebbe una partecipazione uguale». La Russia, infatti, sostiene che ogni dubbio riguardo allo scudo missilistico statunitense cadrà solo se Mosca entrerà, alla pari, a far parte del progetto. «Noi sosteniamo che prima di iniziare una collaborazione concreta bisogna che ci sia un’intesa politica», ha precisato Ryabkov. «Gli americani la vedono in modo diverso, loro hanno un piano e vorrebbero che noi ci unissimo».

 

  • USA. 14 ottobre. La crisi economica spaventa più della prima linea. Con ben 169mila arruolati negli ultimi 12 mesi, le forze armate USA segnano, per la prima volta dal 1973 (da quando il reclutamento è volontario), il picco più alto. Esercito, marina e aeronautica sono pertanto riusciti a completare a tempo di record le quote di reclutamento stabilite dal Pentagono. Sempre a tempo di record altre 128mila persone sono state ingaggiate dalla Guardia Nazionale. Con un tasso di disoccupazione del 10%, uno stipendio delle forze armate è diventata una possibilità più attraente che in passato, nonostante il rischio di finire in prima linea nelle guerre in Iraq e Afghanistan.


  • USA. 14 ottobre. Ai fotografi “embedded” Washington vieta d’ora in poi la possibilità di fotografare soldati USA morti in guerra in Afghanistan. Il bando che cambia le regole di ingaggio per i fotografi al seguito delle truppe statunitensi, fa seguito alla polemica creata in agosto da una foto Ap di un giovane marine ferito a morte. Le foto di militari USA morti sono comunque molto rare. I fotografi, come i giornalisti, sono molto ‘sensibili’ ai desiderata delle autorità politiche e militari. Finora però non erano state formalmente proibite né in Iraq né in Afghanistan.

  • Italia / Afghanistan. 16 ottobre. Mazzette pagate dagli 007 italiani ai taliban? Il Times ribadisce e rilancia, precisando  che accordi furono raggiunti in tutto l’Afghanistan: non solo nell’area di Sarobi, ma anche a Herat. In un’intervista al quotidiano britannico, un comandante talebano, Mohammed Ishmayel, parla dell’accordo, che prevedeva che «nessuna delle due parti avrebbe attaccato l’altra». I militari francesi, che sostituirono gli italiani nell’area di Sarobi e che, nell’agosto 2008, persero 10 soldati in un’imboscata «non erano al corrente del fatto che gli italiani pagavano i comandanti locali per fermare gli attentati e conseguentemente sottostimarono la minaccia. I talebani non furono informati quando le truppe italiane lasciarono l’area, e quindi ritennero che avessero infranto l’accordo». Così il quotidiano britannico che riferisce le parole di Ismayel, comandante talebano di medio rango: «Quando sono arrivati i soldati francesi hanno cominciato ad attaccarci. Noi non sapevamo che si trattava di soldati francesi e pensavamo che gli italiani avevano rotto l’accordo e cominciato a combattere. Dopo abbiamo ricevuto informazioni che non si trattava di italiani e che erano francesi. Così abbiamo cominciato a combattere contro di loro». L’utilizzo dei soldi da parte dei taliban? Reclutare nuovi combattenti. Ieri, il giornalista dell’inchiesta, Tom Coghlan, intervistato per Rainews24 da Luca Gaballo ha ribadito che «l’informazione che abbiamo ricevuto è molto specifica, e parla di servizi segreti italiani. Le nostre fonti ci hanno anche detto che l’esercito italiano non era a conoscenza di questi pagamenti e sicuramente non ne era a conoscenza il comandante italiano a Surabi come ci ha espressamente detto una delle nostre fonti, e che è un ottimo ufficiale e che l’unità di stanza a Surabi era una ottima unità. Questi pagamenti sono stati fatti dai servizi segreti italiani con l’obiettivo di ridurre al minimo le perdite italiane perché questo era un imperativo politico».

 

  • Euskal Herria. 17 ottobre. Sotto attacco diverse filiali di banche nei Paesi Baschi. Adnkronos riferisce che sconosciuti hanno lanciato molotov e incendiato cassonetti a Ondarroa, Bilbao e San Sebastian.

 

  • Italia. 18 ottobre. Luttwak scomunica in diretta Silvio Berlusconi. Parlando a “Ballarò”, Edward Luttwak, consulente esperto di geopolitica, repubblicano, neo-cons un po’ eretico, oltre che grande amico della CIA, ha attaccato Berlusconi, e ha fatto capire che, a Washington, la caduta del Cavaliere non sarebbe vista come un gran male. Luttwak, autore di sedici libri, fra cui uno intitolato “Tecnica del colpo di Stato”, dette il suo contributo al golpe contro Salvador Allende. A Washington non è gradito che Berlusconi si sia schierato con Putin per la Georgia, proponga di allargare l’Unione Europea alla Russia, sostenga il coinvolgimento dell’ENI nel gasdotto filo-russo South Stream (un’operazione dal fortissimo rilievo strategico e militare, prima che enorme affare economico) di non aver smentito il suo ministro del Tesoro, Tremonti, che in un’occasione pubblica definì «interessante» la proposta cinese di sostituire il dollaro come moneta di riferimento internazionale.

 

  • Italia. 18 ottobre. Il preannuncio di licenziamento venuto dal falco repubblicano Luttwak non stupisce Giannuli. Su l’Unità, Aldo Giannuli scrive che «non conta nulla il fatto che al posto dell’ “amico George” ci sia l’ “abbronzato Obama” (...). In queste cose gli USA hanno un solo colore ed è quello a stelle e strisce e non ci sono né falchi né colombe, né democratici né repubblicani. Se ci fosse ancora il repubblicano Bush non cambierebbe nulla. Si sa, gli americani non sanno stare agli scherzi: vi ricordate quando Kissinger apostrofò Moro, per le sue aperture al Pci esprimendo l´auspicio di non dover mangiare “spaghetti in salsa cilena”? Oppure il caso di Sigonella, quando Craxi (presidente del Consiglio) ed Andreotti (ministro degli Esteri) osarono far circondare i marines americani dai carabinieri? Non sembra che la cosa abbia portato fortuna né a Moro, né a Craxi, né ad Andreotti. Gli americani non hanno risparmiato segnali in questi mesi. La stampa degli Stati Uniti ha raccontato, in modo crescente, gli infortuni di immagine del nostro Presidente del Consiglio. Obama, al G8 dell´Aquila, è stato freddamente cortese. E questo benché all´epoca, lo scorso luglio, la posizione italiana fosse importante in vista del G20 che, però, ora è passato. E c´è stato anche un discorso molto esplicito dell´ex presidente della commissione Mitrokhin Paolo Guzzanti notoriamente molto amico degli USA (ne parla come della sua seconda patria) che ha riferito di certe sue conversazioni private con l´ambasciatore americano. Conversazioni che avevano per tema i forti malumori di Washington verso Palazzo Chigi. Ma si sa: Guzzanti è un personaggio un po´ estemporaneo e l’ambasciatore americano non si è preso neppure la briga di smentire... appunto. Ora si fa sul serio e, questa volta, il personaggio da abbattere non ha la statura di un Moro, di un Craxi o di un Andreotti, ma è un uomo molto più piccolo e meno credibile».

 

  • Scozia. 19 ottobre. Il referendum potrebbe includere una opzione di «più autonomia». Alex Salmond, esponente del Partito Nazionale Scozzese (SNP), durante un suo intervento in un programma alla BBC, ha espresso ieri la disponibilità sua e del partito a proseguire rapidamente con il processo per la convocazione di un referendum di autodeterminazione per la Scozia e la possibilità che si possa includere una terza opzione relativa all’ampliamento delle competenze dentro la sovranità della Gran Bretagna. Quindi: indipendenza, continuità nella Gran Bretagna e ampliamento dei poteri del governo scozzese. Alex Salmond ha precisato che questa possibilità non implica che il SNP abbia rinunciato alle sue aspirazioni indipendentiste («l’opzione dell’indipendenza permarrà sulla scheda»). Ha quindi espresso l’opinione che il risultato delle prossime legislative in Gran Bretagna possano lasciare alla Scozia «opzioni molto limitate». «La gente deve avere l’opportunità di esercitare il suo diritto all’autodeterminazione. Non ho paura che ci sia una terza opzione sulla scheda sempre che sia definita e abbia senso, che la gente la possa comprendere e che non sia una simplice proposta vaga», ha aggiunto. Le inchieste indicano che la maggioranza degli scozzesi appoggiano l’opzione dell’indipendenza. Il referendum potrebbe celebrarsi il 30 novembre, giorno di San’Andrea, festa nazionale in Scozia, dell’anno che viene.

 

  • Scozia. 19 ottobre. Secondo Salmond il risultato delle prossime elezioni britanniche potrebbe alterare drasticamente il panorama politico. Con una maggioranza del Partito Conservatore in Parlamento, ci sarebbe uno stallo ed «una possibilità molto reale» per la presenza di deputati scozzesi che eserciterebbero pressioni per l’avanzamento del processo indipendentista. Una ventina di «integranti del blocco scozzese» potrebbero avere una «influenza decisiva» nel Parlamento, ritiene Salmond, che denuncia le intenzioni tanto dei conservatori come dei laburisti di realizzare «importanti» tagli della spesa pubblica in Scozia. «Per questo il dibattito costituzionale va a centrarsi nella deriva dell’economia, il futuro dei servizi pubblici e le priorità della gente», ha detto. Ha posto l’esempio della spesa per il rinnovo della flotta di sottomarini nucleari Trident ed ha proposto di investire quella cifra in «cose realmente importanti, come sanità o educazione».

 

  • Euskal Herria / Francia. 19 ottobre. Arrestato Aitor Elizaran, il capo dell’ala politica dell’ETA. È stato fermato a bordo di un’auto rubata, su cui si trovava in compagnia della propria compagna Ohiana San Vicente, anche lei militante dell’ETA. La cattura, a Carnac (Bretagna), si inscrive nella strategia di collaborazione tra la polizia spagnola e quella francese, che negli ultimi mesi ha portato a numerosi arresti di indipendentisti baschi. «A Bordeaux nel maggio scorso era stato fermato l’allora capo dell’apparato politico dell’Eta Francisco Javier Pena. Oggi è stato arrestato il suo successore», ha commentato visibilmente soddisfatto il ministro degli interni spagnolo Rubalcaba, prono ai dettami di Zapatero, che dal 2007 ha deciso di contrastare duramente la sinistra abertzale per rubare voti alla destra post-franchista del Partito Popolare.

 

  • Germania. 19 ottobre. Il vaccino è uguale per tutti? Un vaccino “speciale” contro l’influenza suina, con minori effetti collaterali e destinato esclusivamente a politici, militari e alti funzionari federali, sta scatenando una bufera in Germania. Il settimanale Der Spiegel rivela nel numero in edicola che mentre per i comuni mortali il governo ha acquistato 50 milioni di dosi di vaccino “Pandemrix”, prodotto nello stabilimento di Dresda dalla società farmaceutica britannica “GlaxoSmithKline”, il ministero dell’Interno ha fatto invece acquistare dalla casa tedesca Baxter 200mila dosi di un altro vaccino, il “Celvapan”, privo di sostanze conservanti e di un cosiddetto “booster”, una sostanza che ne rafforza l’effetto, a parità di efficacia protettiva, ma che puo’ avere fastidiosi effetti collaterali, in particolare su bambini e donne incinte. Autorevoli esponenti del mondo medico e molti organi di stampa parlano di “scandalo” e di medicina “a due velocità”, una per i privilegiati ed un’altra per la gente comune. Il virologo Alexander Kekule’, del policlinico universitario di Halle, definisce «uno scandalo il fatto che i componenti del governo e le altre autorità ricevano un vaccino diverso». Anche Martin Exner, direttore dell’Istituto di Igiene e Salute pubblica dell’universita’ di Bonn, definisce «un segnale disastroso il fatto che politici e funzionari ministeriali ricevano un vaccino diverso da quello del resto della popolazione. I politici devono essere i primi ad assumere ciò che raccomandano agli altri». Nel frattempo il ministro dell’Interno, Wolfgang Schaeuble, ha definito alla radio bavarese Bayerischer Rundfunk «fuori dalla realtà» l’idea di un vaccino speciale per una categoria privilegiata e ha aggiunto: «Non so ancora se mi farò vaccinare o no». Una portavoce di Schaeuble ha rilasciato una dichiarazione al quotidiano Berliner Zeitung in cui nega l’esistenza di una “vaccinazione a due velocità», spiegando che già molti mesi orsono il ministero aveva firmato un contratto di fornitura con la società Baxter, che adesso bisogna rispettare. Al momento della firma, ha precisato la portavoce, non si era a conoscenza delle differenze tra i due vaccini.


  • USA. 20 ottobre. Nuova e potentissima task force aeronavale destinata a presidiare i mari del continente latinoamericano. Si tratta del Carrier Strike Group CSG 1 e il suo comando operativo sarà attivato a San Diego (California). L’annuncio del Pentagono arriva negli stessi giorni in cui è stata ufficializzata l’assegnazione del premio Nobel per la pace al presidente Barack Obama. Come dichiarato dal Comando della III Flotta dell’US Navy che ne coordinerà gli interventi, «il CSG 1 sosterrà la strategia marittima nazionale, aiuterà nella promozione delle partnership regionali, farà da detterente alle crisi, proietterà la potenza militare USA, promuoverà la sicurezza navale e fornirà assistenza in caso di disastri naturali all’interno di una vastissima area di operazioni dell’Oceano Pacifico». La proiezione della forza aeronavale nell’intero continente esalterà ulteriormente il ruolo assunto dall’US Southern Command - SOUTHCOM (il Comando Sud delle forze armate USA con sede in Florida), nella pianificazione della strategia politica e militare degli Stati Uniti verso l’America latina. Il Comando, in particolare, ha pubblicato nel 2007 un documento dal significativo titolo “US Southern Command - Strategy 2016 Partnership for the America”, in cui si delineano le ragioni e gli obiettivi della presenza militare statunitense nell’area per il prossimo decennio.
     

  • USA. 20 ottobre. La prima missione della forza aeronavale prenderà il via nella primavera del 2010 e si realizzerà nelle acque del Sud America. Imponente la potenza di fuoco del nuovo strumento di intervento militare statunitense. Al Carrier Strike Group saranno assegnati una portaerei a propulsione nucleare, cinque fregate e due incrociatori lanciamissili, un centinaio tra cacciaintercettori, aerei a decollo verticale ed elicotteri, più alcune navi appoggio e di trasporto gasolio e munizioni. Il gruppo aereo che sarà trasferito a bordo della porterei sarà il Carrier Air Wing Seventeen (CVW-17), con base a Oceana (Virginia), sino al giugno 2008 operativo dalla portaerei USS George Washington. Il CVW è composto da cinque squadroni dotati di caccia F/A-18E “Super Hornet” ed elicotteri per la guerra aeronavale ed elettronica, l’intercettazione e la distruzione di unità di superficie, sottomarini, aerei e sistemi missilistici nemici. Le capacità belliche del gruppo di volo sono state ripetutamente utilizzate dal Pentagono in occasione della prima e della seconda Guerra del Golfo e, più recentemente, nel novembre 2007, durante la sciagurata controffensiva alleata a Fallujah (Iraq), quando furono eseguite sino a quaranta missioni di bombardamento al giorno.
     

 

  • USA. 20 ottobre. Come evidenziato da Gabriel Tokatlian, docente di Relazioni Internazionali dell’Università San Andrés di Buenos Aires, si tratta del «piano strategico più ambizioso per la regione che sia mai stato concepito da diversi anni a questa parte da un’agenzia ufficiale statunitense». Nelle pagine del report, SouthCom si erge ad organizzazione leader, tra quelle esistenti negli Stati Uniti d’America, per assicurare «la sicurezza, la stabilità e la prosperità di tutta l’America». Ampio il ventaglio degli obiettivi strategici da conseguire entro il 2016: tra essi, una «migliore definizione del ruolo del Dipartimento della Difesa nei processi di sviluppo politico e socioeconomico del continente»; la «negoziazione di accordi di sicurezza in tutto l’emisfero»; l’«attribuzione a nuovi paesi della regione dello status di alleato extra-NATO» (oggi lo è la sola Argentina); la «creazione e l’appoggio di coalizioni per eseguire operazioni di pace a livello regionale e mondiale»; l’identificazione di «nazioni alternative disponibili ad accettare immigrati» e «stabilire relazioni per affrontare il problema delle migrazioni di massa». In vista della riaffermazione egemonica delle forze armate USA in quello che da sempre viene considerato il “cortile di casa”, l’1 luglio 2008 è tornata ad essere operativa la IV Flotta dell’US Navy, disattivata dal Pentagono nel 1950.

 

  • Irlanda del Nord. 22 ottobre. Pacchetto economico di 900 milioni di euro per finanziare la devoluzione delle competenze della polizia e della giustizia in nord Irlanda. Lo ha annunciato il primo ministro britannico, Gordon Brown. La gestione passerà così da Londra a Belfast.

 

  • Italia / Russia. 22 ottobre. Vertice Berlusconi-Putin-Erdogan (quest’ultimo, primo ministro turco, in teleconferenza, coinvolto nella partita nell’agosto scorso) sul gasdotto. L’incontro è avvenuto sul lago Valday (300 km a sud di San Pietroburgo). Il gasdotto South Stream è una joint venture fra il colosso russo Gazprom ed Eni. Ingenti le somme da investire: fra i 19 ed i 24 miliardi di euro. Da definire chi e con quali quote commercializzerà il gas nei vari Paesi terminali del gasdotto. Un aiuto potrebbe venire dall’altro gasdotto che, con un piano di progettazione più avanzato, la Russia e Gazprom stanno realizzando con l’Europa: si tratta del Nord Stream, che non riguarda l’Italia e che coinvolge managerialmente l’ex cancelliere tedesco Gerard Schroeder. Il tedesco è il convitato di pietra dell’odierno meeting russo e non si è ancora riusciti a capire se sarà, magari solo in teleconferenza, della partita. Il problema è che North Stream è sì in stato di progettazione più avanzata di South Stream, ma ha anche problemi di investimenti, visto che i costi pare siano in lievitazione. Potrebbe quindi esserci la richiesta di coinvolgimento di altre aziende: bisognerà vedere se c’è una contropartita anche qui in possibilità di commercializzazione. È il business del momento, ma che coinvolge delicatissimi interessi politici, prova ne sia che l’Unione Europea da anni litiga sul tema, all’ordine del giorno praticamente di ogni Consiglio Europeo, senza venire a capo di nulla.

 

  • Italia / Russia. 22 ottobre. Il consigliere per gli Affari esteri di Berlusconi, Valentino Valentini, l’unica persona che il Cavaliere si sia portato in Russia tagliando fuori tutto il resto dello staff di palazzo Chigi e del governo, ha però nella borsa anche altri due dossier: quello delle auto e quello degli aerei. Sull’auto ci sono interessi della casa torinese che mira a produrre in Russia e commercializzare automobili, ed anche una linea di produzione di trattori e mezzi agricoli. Sugli aerei l’interessamento è di Alenia Aeronautica, del gruppo Finmeccanica, che punta alla produzione e commercializzazione di un nuovo jet per il trasporto regionale, il Superjet 100. Potrebbero esserci anche al