Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / S-21. La macchina di morte dei Khmer Rossi

S-21. La macchina di morte dei Khmer Rossi

di Fabrizio Legger - 16/11/2009

  

Questo sconvolgente libro, pubblicato dalla casa editrice milanese ObarraO nella collana “In – Asia”, intitolato: “S-21. La macchina di morte dei Khmer Rossi” (pagine 187, Euro 16,00) è stato scritto a quattro mani da un cineasta cambogiano sopravvissuto ai “campi di rieducazione” di Pol Pot e da una giornalista francese, cioè Rithy Panh e Christine Chaumeau.

Nelle sue pagine terribili si confrontano i sopravvissuti allo sterminio e i loro torturatori. La Cambogia, come è noto, fu tiranneggiata per quattro anni (dal 17 aprile 1975 al 7 gennaio 1979) dai Khmer Rossi, fanatici maoisti che obbedivano agli ordini deliranti di Pol Pot. Tutta la popolazione delle città cambogiane fu deportata nelle campagne, i bambini vennero utilizzati come aguzzini, e chiunque veniva ritenuto un possibile controrivoluzionario era ucciso a bastonate o  a colpi di zappa. Circa 2 milioni di cambogiani perirono a causa delle violenze dei polpotisti.

Questo libro, costituito da rivelazioni e confessioni di sopravvissuti, racconti autobiografici e interviste, racconta il genocidio attraverso le voci dei protagonisti, mettendo a confronto cambogiani sopravvissuti alle violenze ed ex-torturatori khmer rossi (i quali non esitano a definirsi vittime, a loro volta, della violenza subita dall’Angkar, il partito comunista di Pol Pot: chi non obbediva agli ordini veniva ucciso, anche se comunista). Si tratta quindi di un libro drammatico, molto agghiacciante, che ci rivela uno degli orrori più mostruosi del comunismo internazionale: il genocidio cambogiano, ignorato dall’Occidente per lurido opportunismo politico (Pol Pot era nemico di Mosca, ed essendo alleato della Cina era antisovietico, e quindi il suo regime era stato riconosciuto in sede internazionale e aveva il suo seggio al Consiglio di Sicurezza dell’Onu!) e taciuto dai mass-media per molto tempo.

Attraverso racconti di vita vissuta, costellati di sadismi e crudeltà, il libro rende onore alla memoria delle decine di migliaia di cambogiani vittime della folle violenza del maoista Pol Pot, che voleva ricostruire la Cambogia partendo da zero e annullando ogni influsso straniero.

Molto drammatiche ed agghiaccianti le pagine in cui i sopravvissuti raccontano le torture subite, i pestaggi, le privazioni, le disumane condizioni di detenzione. Tristemente famoso fu il carcere di Tuol Sleng, a Phnom Penh, un ex-liceo che i Khmer Rossi trasformarono in un immenso mattatoio per i detenuti politici e i sospettati di attività controrivoluzionarie. Sui tavoli di tortura di questa prigione (dove si cavavano gli occhi, si infilavano schegge di bambù sotto le unghie, si amputavano le orecchie, si torturava con ferri roventi) morirono migliaia di semplici cambogiani rei solo di essere dei piccoli borghesi, magari di sapere la lingua francese, oppure anche comunisti che erano contrari al maoismo integrale di Pol Pot e che avrebbero invece voluto una alleanza con il Vietnam e l’Urss. Nelle carceri dei Khmer Rossi sparirono anche molti stranieri che non fecero in tempo a lasciare il paese quando i polpotisti presero il potere.

Un libro per comprendere, per conoscere, ma, soprattutto, per non dimenticare uno tra i più terrificanti orrori del comunismo indocinese.