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La minaccia di Al Qaeda tra mito e realtà

di Claudio Moffa - 17/11/2009

Fonte: claudiomoffa.it


Il Giornale a tutta pagina con le minacce di Al Qaeda contro Berlusconi. Vero o non vero? Attentato islamico o no? Letta smentisce, Fini intervistato da Lucia Annunziata dice che lui non ci crede, anche se aggiunge che probabilmente il Premier ha fonti più sicure delle sue. In effetti entrambe le letture hanno le loro ragioni: o una invenzione di un Berlusconi in difficoltà, che “fa la vittima” per incassare consenso e per deviare l’attenzione dalle polemiche sul DDL Gasparri si processi brevi. Oppure le minacce sono vere, nonostante la smentita ufficiale dei servizi segreti, come si potrebbe pensare in base a alcune considerazioni: 1) l’attentato di Milano è emblematico del fatto che il pericolo di un terrorismo più o meno “islamico” esiste, eccome; 2) che Fini non abbia ricevuto analoghe minacce non vuol dire nulla: ogni strategia della tensione ha capacità di distinguere fra nemici principali e nemici dei nemici principali. 3) credere fideisticamente e per pregiudizio antiberlusconista che l’attuale Presidente del Consiglio non si possa oggi trovare nelle stesse condizioni di un Craxi, come denunciato a tutta pagina su il Giornale, o di un Andreotti o di un Mattei, è poco serio: a parte gli incorreggibili di estrema sinistra e estrema destra, che convergono nell’obbiettivo di rovesciare l’attuale governo (esattamente come Repubblica) anche coloro che hanno ripensato e revisionato Tangentopoli, Craxi-Andreotti, la prima Repubblica, etc potrebbero essere indotti nell’errore: perché adesso rischiano di leggere certi leaders del passato travolti o sminuiti dall’onda postbipolare, come fossero stati “partigiani” col mitra un pugno, eroici come essi stessi (i revisionisti di Tangentopoli) hanno sognato e magari sognano ancora di essere.
Ovviamente non è così: Andreotti, come tutti i politici che operavano e operano in Sicilia, ha dovuto fare i conti con la mafia (il che non vuol dire che avesse “rapporti” diretti, bacio incluso, con i mafiosi); Craxi era un uomo di potere, fra l’altro protagonista e vincitore del referendum contro la scala mobile appena tre anni prima Sigonella; Moro era un grande mediatore; Mattei fu fra i fondatori della Gladio. Eppure tutti e quattro questi politici della prima Repubblica, sono stati annientati o marginalizzati o con l’assassinio, o con l’esilio o con l’assalto tangentopolista.
Dunque, nulla di strano che anche Berlusconi oggi sia sotto tiro: soltanto la superficialità estremista non si rende conto della violenza inusitata con cui la filocapitalista Repubblica
sta cercando di annientare il Presidente del Consiglio, e non certo per fondare i soviet. Il fatto è che nella storia esiste, determinante, non solo i filo rosso delle contraddizioni sociali: ci sono altri fili rossi e scenari a guidarla, quelli che nel cielo della alta politica e del vero potere economico fanno offrire caffè avvelenati, o lanciano lugubri messaggi simbolici dalle rive del Tamigi. In questo quadro, rientra perfettamente “Al Qaeda”.
Perché ci rientra? Perché Al Qaeda non c’entra (quasi) nulla con l’Islam, con quell’Islam che rivendica giustamente di essere lasciato in pace a casa sua, senza democrazie finte da esportare a suon di bombe: Al Qaeda, dall’11 settembre ad oggi, è anche soprattutto dentro l’Occidente e non solo - o piuttosto non tanto - nella fattispecie di qualche immigrato musulmano manovale del terrorismo stragista. Al Qaeda ha fatto decine di proclami contro “i crociati e gli ebrei”, ma ha colpito solo quel che ha colpito. Si è mossa costantemente contro i movimenti di liberazione nazionali in Iraq, in Libano, in Palestina. Al Qaeda è mutatis mutandis come le BR degli anni Settanta: parla un linguaggio islamico, ma opera in altro senso. O è come l’OAS dei tempi di Mattei: un’organizzazione finto-patriottica - l’OAS del filoisraeliano Soustelle - perché il vero patriottismo francese era impersonato da De Gaulle e non certo dai rottami colonialisti e finanziari dell’Impero francese in via di estinzione.
Il quadro dunque si complica, e anche per questo potrebbero essere utili alcune chiarificazioni per quel “popolo della libertà” su cui fonda il suo consenso di massa Berlusconi: ma ecco le contraddizioni, certo frutto di alchimie interne all’alleanza miracolisticamente tenute assieme dal leader, eppur sempre tali. Per due decenni il Premier ha sparato a zero contro i “comunisti” ben sapendo che i comunisti non esistono più; per lungo tempo e fino ad oggi la stampa berlusconiana ha fatto dell’Islam e dell’Islam militante un solo fascio, dando voce a commentatori fallaci e fallaciani che manifestavano nei confronti della principale religione del Vicino e Medio Oriente non un atteggiamento critico – come possibile e financo opportuno - ma un odio viscerale e frontale simile a quello con cui i neocons trascinarono l’America di Bush alle guerre: tanto più forte l’odio antimusulmano, quanto più assordante è stato ed è, di questi opinionisti neocons, il silenzio sugli altri integralismi religiosi dello scacchiere mediterraneo.
Forse sarebbe utile che sull’uno e l’altro problema (il “comunismo” e l’”Islam”) ci fosse qualche svolta, che si cominciasse ad esempio a spiegare che Hamas e Hezbollah non sono terroristi, ma movimenti politici legati al popolo. E che Al Qaeda è quanto meno infiltrata come le BR. Ma questo è solo un aspetto del problema; l’altro errore da evitare – se sono
vere le minacce di attentato – è il non premunirsi di un apparato di sicurezza efficace: come è scritto nell’articolo che segue, rielaborazione di un intervento a un convegno di Per il bene comune, fu questo il vero tragico errore di Enrico Mattei, altra personalità della prima Repubblica a cui nel maggio scorso Libero di Feltri paragonò Berlusconi.