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Prove tecniche di Guerra Fredda

di Christian Elia - 23/11/2009





Gli Emirati Arabi Uniti al centro della tensione tra Arabia Saudita e Iran, che combattono in Yemen una guerra in conto terzi

Mentre per le strade di Dubai ancora risuona il frastuono dei caroselli dei cittadini algerini che risiedono qui, a scapito degli egiziani tristi, per la qualificazione mondiale della loro nazionale, il governo degli Emirati Arabi Uniti lancia attorno uno sguardo preoccupato.

Il conflitto in Yemen tra i ribelli sciiti e il governo centrale ormai coinvolge in pieno l'Arabia Saudita. La stampa locale negli Emirati ostenta analisi fredde e distaccate, ma le notizie sono tutt'altro che confortanti.
Ieri sono ripresi i combattimenti tra i reparti dell'esercito di Riad e i ribelli sciiti yemeniti che s'infiltrano nel zona meridionale del regno saudita. Secondo quanto ha reso noto l'inviato della Tv satellitare al-Arabiya nella cittadina di Khoba, si sono verificati scontri a fuoco in una zona che l'esercito ha dichiarato area militare e che è stata completamente evacuata dai civili. Nonostante le autorità di Riad abbiano più volte annunciato di aver liberato il proprio territorio dalla presenza dei seguaci dell'imam sciita Abdel Malik al-Houthi, nuove infiltrazioni di miliziani dallo Yemen si registrano ogni giorno nel Paese. La marina militare saudita, in operazioni congiunte con quelle yemenita, ha bloccato ieri due cargo diretti ad Aden sospettati di portare armi per i rivoltosi.
Intanto sul fronte yemenita, l'esercito di Sa'ana ha annunciato di aver ucciso negli ultimi tre giorni 40 ribelli nei dintorni della città di Sa'ada. In particolare i reparti delle Guardie repubblicane, giunte ieri sul fronte, hanno riconquistato quasi tutta la zona di Sa'ada (caduta per un certo tempo nelle mani dei ribelli) e di Harf Sufian.

Gli echi del conflitto, giorno dopo giorno, cominciano a farsi sentire in tutta l'area. Anche gli Emirati non si sentono al sicuro da quello che, sempre più, sembra la vera posta in gioco: il dominio regionale tra Arabia Saudita e Iran. Il quale, politica a parte, diventa un confronto anche religioso tra sciiti e sunniti. Ormai tutti, anche ai livelli più alti delle gerarchie politico - militari dello Yemen accusano l'Iran di finanziare i ribelli. Lo scopo? Per il governo di Sa'ana è quello di destabilizzare tutte le minoranze sciite nella regione, al fine di indebolire gli altri stati e fare in modo che Teheran diventi la potenza regionale di riferimento. L'Arabia Saudita, per ora, tiene un profilo più basso ed evita attacchi dialettici diretti alla Repubblica Islamica, ma la tensione resta alta e Dubai e gli altri emirati restano in guardia, per la loro posizione intermedia. La soluzione più lineare, rispetto alla tradizione e alla storia degli Emirati, sarebbe quella di schierarsi con Riad. Ma l'economia, si sa, non segue logiche storiche, politiche e religiose. Business è business.

La comunità iraniana negli Emirati ha legami secolari. Le stesse case più antiche di Dubai sono quelle costruite dai mercanti provenienti dalla città iraniana di Bastak, che ha finito per dare un nome a un quartiere di città. Su uno dei palazzi più alti che si affacciano sul Creek, il canale che attraversa Dubai Vecchia, porta in cima l'insegna della Bank Melli Iran, una delle istituzioni finanziarie chiave a Teheran. Gli sceicchi non amano veder rovinare i loro affari e le pressioni di Riad e degli Usa per soffocare questo legame finanziario con l'Iran non è ben visto qui. L'Arabia Saudita, però, preme e non ha mai accettato l'annuncio degli Emirati di ritirarsi dal progetto di moneta unica del paesi del Golfo, che non comprende l'Iran. Da ieri, per la seconda volta, file immense di autotreni sono fermi alla frontiera tra l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.
Il governo d Riad blocca il passaggio di quella frontiera che è strategica per i trasporti degli Emirati, con scuse sempre differenti. Gli Usa, dal canto loro, rallentano da anni il trattato di libero commercio con gli Emirati.

Ma gli sceicchi non mollano e non vogliono farsi imporre l'agenda internazionale da nessuno. Anche perché, a differenza per esempio dal Bahrein, gli Emirati non hanno una comunità sciita all'interno che potrebbe farsi ammaliare dall'internazionalismo di Teheran.
La tensione, però, corre sul filo delle relazioni diplomatiche del Golfo. Ad Abu Dhabi, una settimana fa, si è chiuso il grande Salone Aeronautico di Dubai, dedicato all'azienda aeromobile.
Mentre il pubblico si divertiva a guardare la versione emiratina delle frecce tricolori e le novità di extra lusso dei velivoli pubblici e privati, le forze armate degli Emirati Arabi Uniti hanno firmato, due accordi per il potenziamento della difesa aerea. Si tratta di un contratto per due aerei da ricognizione Saab AEW di costruzione svedese, per un investimento da 150 milioni di euro, e di venticinque aerei da combattimento per la formazione di piloti PC-21, ordinati alla Pilatus Aircraft svizzera per un valore di 345 milioni di euro. L'acquisto dei due Saab, in particolare, rappresenta il primo sistema di rilevamento aereo di cui si dotano gli Emirati che fino ad oggi si servivano di sistemi di rilevamento da terra. La consegna di tutti gli aerei è prevista tra la seconda metà del 2011 e la prima del 2012. In tempo per vedere come va a finire questo autunno caldo nella Penisola Arabica.