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Grande male, piccolo bene

di Giulietto Chiesa - 26/11/2009

  
 
Le nomine ai vertici dell'Unione Europea hanno, di fatto, messo in frigorifero per un tempo indefinito tutta la novità (per alcuni positiva, per altri negativa) del Trattato di Lisbona.

Si potrebbe dire “tanto rumore per nulla”, ma sarebbe un errore.

Stiamo andando indietro.
Si trattava – va ricordato – di far compiere all'Europa un salto di qualità nella sua azione politica: dandole maggiore dinamismo sulla scena internazionale, aumentandone l'autorevolezza, attribuendole una più precisa personalità come partner mondiale. Un Presidente di tutti, in grado di parlare a nome di tutti. Un ministro degli esteri capace di intervenire, in nome dell'Europa, su ogni scenario di crisi, in ogni operazione di qualche peso. E, sul piano interno, decisioni finalmente a maggioranza, non appesantite da estenuanti e non aggirabili mediazioni.

Niente di tutto questo sarà possibile nei prossimi tre anni, date le nomine, cioè i topolini, partoriti dalla montagna Europa. Due illustri sconosciuti non potranno guidare un bel nulla. Le loro competenze (nel caso della baronessa socialista britannica, specialmente) sono in dubbio. Nel caso del Presidente probabilmente è un po’ meglio, ma il suo micropeso politico non potrà impressionare nessuno. Nessuno dei due è adatto al compito. Nessuno dei due potrà prendere alcuna iniziativa senza sentire il parere dei due veri padroni d’Europa: Germania e Francia.

Il pargolo di Lisbona, appena nato con fatica, è stato gettato dalla finestra e tutta la debordante retorica che aveva portato l’Europa sull’orlo di rotture drammatiche, si è risolta in una pantomima di pochi gabinetti.

Guardiamo a Obama e Hu Jintao che si vedono a Pechino, registrano una unità d’intenti nell’affossare la prossima conferenza mondiale sul clima, ed eseguono il funerale. L’Europa aveva assunto la leadership mondiale sul cambiamento climatico ed è costretta ad abbozzare. Si rinvierà tutto a data da destinarsi. Ce li vediamo i nuovi, impotenti rappresentanti europei di fronte ai giganti (emergenti e affondanti, ma sempre giganti) ?

Dunque il compromesso, al più basso livello, raggiunto con la designazione del Presidente e del Ministro degli Esteri europei, sarà un grande male per tutta l’Europa e per gli europei. Invece di accrescere la fiducia nelle istituzioni, si è allargato il vallo che separa queste dai cittadini. A scoraggiare una tale gestione minimalista del gigante europeo non è bastato nemmeno il grande record negativo di partecipazione dell’elettorato alle ultime elezioni europee.

C’è stato anche un piccolo bene: Tony Blair non è diventato Presidente dell’Europa. Non poteva. Germania e Francia (è vero, e si vede) non sono più quelle di Gerhard Schroeder e di Jacques Chirac, che furono contro la guerra in Iraq. Ma, in qualità di Stati europei, non hanno dimenticato che la Gran Bretagna americana di Tony Blair fu a favore. E adesso Tony è sotto inchiesta, per quella sciagura, in casa propria.

Metterlo alla testa dell’Europa avrebbe significato, inoltre, caricare un’altra croce sulla spalle di Obama che, povero Cristo, sta salendo sul Golgota afghano. Proprio non si poteva, per nostra fortuna.