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Fotovoltaico sì, consumo del territorio no

di Andrea Degl'Innocenti - 26/11/2009

La svolta verde del settore energetico rischia di essere un boomerang per l'ambiente. Il boom degli impianti fotovoltaici sta danneggiando non poco i suoli agricoli e liberi, che si sono visti sottrarre ettari di terreno per far spazio a “campi” di pannelli solari. L'associazione “Stop al Consumo di Territorio” lancia una campagna per porre rimedio a tutto ciò.


 

pannelli fotovoltaici su terreni agricoli
Il fotovoltaico va di moda. Pur nell'incertezza di questi giorni sul futuro degli incentivi, inizialmente aboliti dal governo nella finanziaria 2010 ed ora al centro del dibattito, quello dei “pannelli solari” è il settore in più rapida ascesa
Il fotovoltaico va di moda. Pur nell'incertezza di questi giorni sul futuro degli incentivi, inizialmente aboliti dal governo nella finanziaria 2010 ed ora al centro del dibattito, quello dei “pannelli solari” è il settore in più rapida ascesa nel campo delle energie rinnovabili con un incremento che nel 2008 è stato addirittura del 400 per cento rispetto all'anno precedente.

 

Così, sentendo il profumo di nuovi fruttuosi investimenti, un esercito di uomini d'affari d'ogni risma, dismesso il doppiopetto e abbassata la pinna dorsale, si è calata nei più confortevoli panni dell'ambientalista e si è votata all'oracolo delle energie rinnovabili, iniziando a predicare l'eco sostenibilità e l'amore per la natura.

Ad impedirci di gioire di questa improvvisa illuminazione di massa, come sempre avviene quando le azioni dell'uomo sono dettate dal mero interesse economico privo di una reale coscienza ecologica, sorgono più di un problema. Lo sanno bene alla Segreteria Nazionale dell'associazione “Stop al Consumo del Territorio”, dove ormai da mesi sono bombardati quotidianamente da messaggi che denunciano che appezzamenti di terra sempre più grandi sono sottratti all'agricoltura, o al rigoglio della natura, per lasciar spazio a grandi impianti per l'energia alternativa; campi di grano o di patate trasformati in veri e propri campi di pannelli fotovoltaici.

 

stop consumo territorio impianti fotovoltaici
L'associazione “Stop al Consumo del Territorio” da mesi è bombardata quotidianamente da messaggi che denunciano che appezzamenti di terra sempre più grandi sono sottratti all'agricoltura
Chi è abituato a navigare nelle acque limacciose dell'economia di mercato, infatti, spesso tende a trascurare gli effetti non economici delle proprie azioni. Ma se parliamo di eco sostenibilità questo è impensabile. Non è pensabile risolvere il problema energetico aggravando il consumo del territorio come non è pensabile curare un mal di stomaco con un farmaco che distrugge il fegato.

 

E allora cosa fare? Opporsi ai business man in verde è tutt'altro che semplice, e d'altra parte non si può certo bloccare lo sviluppo di un settore tanto importante per gli anni a venire come quello del fotovoltaico. Ma il problema esiste, eccome. Si calcola che per soddisfare il fabbisogno energetico italiano, che ad oggi si aggira intorno ai 340 miliardi di Kwh all'anno, sarebbero necessari 1.861 kmq di pannelli. Significherebbe tappezzare di specchi lo 0,6 per cento dell'intera superficie nazionale, l'1,4 dei terreni agricoli: una follia.

Le soluzioni non mancano. In Germania ad esempio, paese leader mondiale nel campo delle energie rinnovabili, gli impianti sono spesso posizionati sopra i tetti dei grandi magazzini e degli edifici industriali, o comunque in zone già edificate. Altra soluzione, forse ancora più intelligente, è quella di incentivare gli impianti “familiari”, piuttosto che i complessi industriali. Per dirla con Beppe Grillo, “non c'è bisogno di una centrale che produca 1 milione di Kwh, ma di un milione di cittadini che ne producano uno ciascuno”.

 

impianti fotovoltaici campi agricoltura
Per adesso l'associazione “No al Consumo del Territorio” si preoccupa di arginare il fenomeno, ed evitare che altri terreni vengano violati
Per adesso, l'associazione “Stop al Consumo del Territorio” si preoccupa di arginare il fenomeno, ed evitare che altri terreni vengano violati. Il piano è semplice: si tratta di avviare una campagna di sensibilizzazione sui media e al tempo stesso agire sulle istituzioni. Il primo passo è la preparazione di un documento da parte di ogni gruppo interessato, da consegnare presso il proprio comune. Tale documento (del quale si può scaricare una ipotetica bozza dal sito dell'associazione)consiste in una lettera al sindaco che fa presente il problema e l'urgenza di trovare una soluzione.

 

Sul sito è anche disponibile una bozza di delibera che andrebbe successivamente presentata presso il consiglio comunale. Per quanto riguarda la comunicazione della campagna, oltre ad uno spazio riservato sul sito nazionale dell'associazione, ogni gruppo è tenuto a promuoverla presso gli Enti Locali ed i media nazionali e locali. La speranza degli organizzatori è che venga aperto un “dibattito culturale in tutto il paese”. Che se ne parli, insomma. Sarebbe un buon inizio.