Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Architettura terapeutica

Architettura terapeutica

di Ginette Paris - 01/12/2009





 

Quando domina la depressione sopravvivono solo i gesti indispensabili alla sussistenza; l'individuo depresso non ha più energie da dedicare ad Afrodite: l'abbigliamento, la cura della persona si deteriorano, non si veste a festa il proprio bambino, non si abbellisce la tavola, non si corteggia più nessuno; sopravvive solo ciò che è strettamente necessario, non ci si dispone più a quei momenti di bellezza che occorre rinnovare con cura e desiderio costanti. La vera povertà culturale si manifesta spesso come assenza totale di culto ad Afrodite: non ci sono oggetti belli nei luoghi desolati, e ciò che esprime grazia o delicatezza viene presto o tardi distrutto, sporcato o ridicolizzato.

Al di sotto di una certa soglia, la bruttezza e lo squallore minacciano la salute psichica e sopraggiungono depressione e indifferenza nei rapporti interpersonali. Agli occhi del depresso il mondo ha perso non solo la sua affidabilità, ma anche il suo fascino. Perché nell'aiutare il depresso a recuperare l'appetito o il sonno non includiamo nella nostra terapia elementi afroditici? Gli Arabi avevano compreso già nel IX e X secolo che un giardino fiorito, la compagnia di poeti e musicisti e una buona tavola sono essenziali nei luoghi di cura. Nella nostra cultura, che privilegia la potenza civilizzatrice di Apollo e trascura quella di Afrodite, la maggior parte degli ospedali, dei luoghi di lavoro e spesso delle abitazioni somigliano più a caserme che a templi di Afrodite.

 

Dal libro “La rinascita di Afrodite”