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Un amerikano fuori onda

di Gianfranco La Grassa - 03/12/2009


E anche fuori di qualcosa d’altro. Il presidente della Camera è stato beccato fuori onda (è proprio
tutto involontario?) a dire “cose carine” e soprattutto divertenti. In ogni caso, sappiamo già che
andrà negli Usa, dove incontrerà Nancy Pelosi (una specie di sua “pari grado”; si fa per dire
e…..per ridere). Però, stando a quanto scritto di recente sulla Stampa, sembra che si cercherà pure
di fargli incontrare Obama. Credo sia facile supporre ciò che potrebbero dirsi. Ormai, non dovrebbero
proprio esserci dubbi che, per “mettere in riga” la politica estera italiana, gli Usa non possono
contare che su questa parte della “destra”. La “sinistra” e i “casinisti del centro” sono già a tutto
tondo filo-americani, diciamo pure quinte colonne di una potenza straniera che dal 1992-93 tenta di
ridurci a suo “stuoino”.
Cosa sia accaduto nell’estate del 2003, che a mio avviso rappresenta il punto di svolta
dell’atteggiamento di Berlusconi (considerato il vero amerikano dell’epoca) verso l’amico (solo
presunto) Putin, è difficilmente supponibile. Per me è un mistero, anzi “il mistero”. Resta il fatto
che, da quel momento, è apparso sempre più chiaro quanto il sottoscritto aveva sostenuto fin dai
suoi scritti del 1994-95: gli effettivi, integrali, servitori degli americani sono i rinnegati del piciismo,
salvati proprio per questo – unico PC dell’occidente – dal “crollo del muro” e successiva dissoluzione
dell’Urss. I mediatori tra questi voltagabbana e gli Usa furono la nostra finanza e Confindustria
(dell’epoca di Agnelli e della Fiat ancora al comando). Ovviamente, quando si “cambia di
casacca” in questo modo osceno, in “due balletti” e senza uno straccio di riflessione autocritica, si è
legati mani e piedi, perché ricattabili in ogni momento, ai nuovi “padroni”.
La “prova del nove” si ha nel fatto che, mentre questa sedicente sinistra è stata sempre
all’attacco dell’industria “pubblica” italiana (svenduta ai privati quasi al completo) e cerca costantemente
di ostacolare i progetti veramente strategici dell’Eni nei suoi rapporti con la Gazprom (oggi
rafforzati dall’entrata nel consorzio della francese Edf, anch’essa sotto controllo “pubblico”), la sinistra
tedesca con Schroeder – proprio perché non ha “scheletri nell’armadio”, non ha dovuto rinnegare
un bel nulla – sta portando avanti il progetto del ramo nord del gasdotto in ottimo accordo con
l’azienda russa. Noto, per inciso, che tale fatto dimostra come sia del tutto fasulla la distinzione tra
destra e sinistra. Ormai esiste solo la distinzione tra chi è servo della superpotenza – che ha cambiato
tattica, dato l’avvio di una fase multipolare, ma nutre ancora i suoi progetti di riconquista del predominio
– e chi sfrutta detta fase per perseguire anche interessi nazionali. La sinistra tedesca è “nazionale”;
quella italiana è parte di uno schieramento di mortale lesione dei nostri interessi. Punto e
basta.
Divertente è constatare che, al fine di rinvigorire nuovamente il progetto che fu portato avanti
con “mani pulite” – non quindi mediante una chiara azione politica, ma solo con manovre giudiziarie
che hanno distrutto la stessa idea di politica presso la popolazione italiana – e che in parte fallì,
oggi ci si affida ad un’altra schiera di rinnegati di sponda opposta, quella della “camicia nera”. Tuttavia,
è interessante notare che questi hanno dovuto abbracciare l’antifascismo (e il filo-sionismo).
Può sembrare una pena del contrappasso. Falsa impressione. Recentemente (in “presa di posizione
netta”) ho fatto constatare come certi fenomeni storici cambino segno da un’epoca all’altra. Gli ebrei,
sottoposti 70 anni fa ad un feroce e ignobile sterminio, appoggiano oggi in grande maggioranza
uno Stato divenuto oppressore e uccisore “di massa” di un altro popolo. Così pure gli antifascisti
hanno subito una “mutazione”. Sono oggi loro a voler sottostare al predominio di un altro paese,
sono loro che hanno preso il posto dei “repubblichini” di ieri; ovviamente, cambiando paese da servire.
Le manovre delle quinte colonne antinazionali costringono un Berlusconi – che non mi sembra
affatto, lo dico senza esitazione, il “tipo” adatto alla bisogna – ad accentuare certe aperture “a est”.
Così si è recato in Bielorussia, scatenando le ire dei servi degli Usa, che considerano dittatori e antidemocratici
tutti quelli che, pur eletti, non sono filo-americani; anzi, i bielorussi sono stretti alleati
della Russia. Hamas ha vinto le elezioni in Palestina, ma il verdetto non è stato accettato. Ahmadi2
nejad è stato eletto in Iran (con undici milioni di voti di scarto sul secondo), ma è stato tutto un imbroglio.
Solo se vengono eletti dei Quisling come in Georgia e Ucraina, è tutto regolare.
Assolutamente paradigmatico quanto è avvenuto in Afghanistan. Karzai, troppo remissivo verso
certi settori talebani, non godeva più della fiducia degli Usa (del “simpaticone” di Obama, che adesso
invierà in quel paese altri 30.000 uomini); lo si voleva perciò sostituire con un più fedele servitore.
Avendo ufficialmente preso Karzai la maggioranza assoluta dei voti, ci si è rassegnati a rivelare
che, in un paese occupato da truppe straniere (e dove queste non ci sono, ci sono i guerriglieri), vi
erano ben oltre un milione di voti fasulli. Karzai era in realtà di poco sotto il 50%: quindi ballottaggio.
Tuttavia, il prediletto dagli Usa era troppo distanziato (poco sopra il 30%); inoltre, lo scontro
poteva sconquassare il già inesistente equilibrio in quel paese cruciale per la geopolitica statunitense.
Allora, ritiro dello sfidante (con la scusa che era sicuro di nuovi brogli) e conferma dell’elezione
di Karzai, infamato dai brogli già denunciati al primo turno. Questa è l’allegra “democrazia
all’americana”!
Che dire d’altro? Salvo che si chiarisce con il viaggio in Bielorussia anche il precedente viaggio
solitario di Berlusconi in Russia (con videoconferenza a tre: lui, Putin e il premier turco, anch’esso
non più troppo fidato per gli Usa). Sembrerebbe di dover ammettere che il Premier non può contare
su ciò che normalmente sta alla base della difesa nazionale di un qualsiasi paese indipendente: i cosiddetti
“corpi speciali in armi”, i servizi di intelligence, ecc. Naturalmente, faccio “fantapolitica”
(ma non penso di farla). Il viaggio in Bielorussia è, nella mia fantasia, il seguito del precedente viaggio;
e il dono dei fascicoli KGB (sui “prigionieri italiani” in Urss), che è stata una “lieta sorpresa”,
immagino fosse già previsto (nei miei sogni, non si tratterebbe di fascicoli semplicemente controllati
dalla Bielorussia, che li potrebbe dare a chi vuole). Lo “spilungone” dell’ex Pci, che è un po’
giù di nervi, si è agitato abbastanza scompostamente alla notizia; un D’Alema avrebbe avuto (credo
almeno) maggiore freddezza.
In ogni caso, non è piacevole quanto sta avvenendo. Perché, ancora una volta, sembra che per
contrastare l’effettiva azione antinazionale dei “rinnegati” già citati, ci sia bisogno di ricordare loro
quel passato che hanno già rinnegato in favore della superpotenza avversaria dell’Urss, nell’epoca
bipolare ormai trascorsa da molto tempo. Continuando con questa solfa, si continua a pasticciare, a
non dire qual è la partita attuale che si sta giocando. Gli Usa vogliono abbattere la nostra politica
estera, che è per almeno l’80% favorevole a loro, ma per un 20% guarda ad est. Gli Usa non vogliono
nemmeno questo 20%; e si fidano solo delle forze antinazionali dei due “opposti rinnegamenti”.
Adesso poi – dopo l’avanzamento degli accordi della Germania con la Gazprom, colà patrocinati
dalla sinistra; dopo che la Francia consente l’entrata dell’Edf nel Southstream (Eni-Gazprom) e, per
di più, vende 5 navi Mistral (da assalto anfibio) alla Russia, di cui una costruita in tale paese, il che
sembra configurare anche cessione di tecnologie avanzate al nuovo polo avversario degli Usa –
questi ultimi non possono più aspettare a buttare giù questo Governo in Italia.
La resa dei conti è perciò sempre più vicina. Una domanda per finire: questo presidente della
Camera, colto in fuori onda, avrà il minimo di sensibilità – che è poi di dignità – di dimettersi dalla
carica, dopo che ha mostrato “al popolo” la sua mal celata speranza a che il premier possa essere
accusato di collusione con la mafia? Non solo perché chi lo ha appoggiato (nelle elezioni a sindaco
di Roma), quando ancora era in “camicia nera”, è stato il sospettato mafioso, ma soprattutto perché
ha quella carica essendo stato votato dalla maggioranza del presunto mafioso. Domanda ovviamente
retorica, riferendosi ad uno che non ha avuto alcun problema a divenire rapidamente, e senza tante
spiegazioni autocritiche, “antifascista” (del piffero). Abbiamo un ceto politico che irradia attorno a
sé fiducia e speranza in un luminoso avvenire. Non scordiamoci però mai chi c’è dietro: i nostri parassiti
finanziario-industriali, fedeli “alleati” (sappiamo in che senso) degli Stati Uniti.