Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Le mani dei gangster sulla droga e sui sindacati

Le mani dei gangster sulla droga e sui sindacati

di Filippo Ghira - 04/12/2009

 

 
Le mani dei gangster sulla droga e sui sindacati
 



L’uccisione di Arnold Rothstein (dicembre 1928) spalancò le porte del potere criminale ai suoi luogotenenti, gente come Majer Suchowlinski (“Meyer Lansky”), Benjamin (“Bugsy”) Siegel (nella foto), Louis Buchalter (“Lepke”) e Arthur Fleghenheimer (“Dutch Schultz”). Tutti costoro erano ormai da anni in affari con i gangster italiani e irlandesi. Alla base di questa alleanza c’era la consapevolezza che non aveva senso frapporre l’origine etnica agli affari e che unendosi si potevano fare una montagna di quattrini con le classiche attività del racket. Dal gioco dei dadi per strada al lotto clandestino, dalle scommesse sui cavalli (e al controllo sulle corse) al traffico di bevande alcoliche, dallo sfruttamento della prostituzione al traffico di stupefacenti. Una constatazione su cui si erano trovati d’accordo sia Lansky che Salvatore Lucania (“Lucky Luciano”). Il mondo del crimine era comunque in trasformazione. Già un primo segnale di questo mondo in divenire si era visto alla metà degli anni venti quando Mafia, Camorra e Ndrangheta avevano messo da parte gli odi e le ostilità del passato per creare in tutte le principali città Usa “Famiglie” mafiose nelle quali siciliani, napoletani e calabresi convivevano senza problemi. A New York in particolare il gioco del lotto, con banchi mobili nelle strade, aveva il suo maggiore operatore in Dutch Schultz che come altri suoi colleghi aveva preso l’abitudine di assumere il soprannome di un gangster della vecchia generazione di inizio secolo. L’organizzazione di Schultz comprendeva sia killer come Abraham (Abe) Landau, Louis (Lulù) Rosenkrantz, Abraham Weinberg (Bo lo Svedese) ma nell’ambiente il più famoso era soprattutto il “colletto bianco” Otto Berman detto “Abbadabba” per la sua incredibile velocità nel calcolare la situazione finanziaria dei banchetti del lotto a seconda dei numeri usciti, scelti dagli ultimi numeri del totalizzatore delle puntate su una specifica corsa ippica. Il lotto era, in America come in Italia, il gioco dei poveri che vi intravedevano una possibilità di emergere dalla realtà magra che la vita di quartiere gli offriva. Insomma i gangster, che pure venivano anche loro dalla realtà dei ghetti, non si facevano scrupolo di sfruttare quanti, a differenza di loro, non erano riusciti a realizzare il “sogno americano”. Ed in questa realtà di quartiere, ebrei, irlandesi ed italiani si ritrovavano senza problemi fianco a fianco.

La droga
Altre sono invece le vicende del traffico di stupefacenti. All’inizio del secolo il traffico d’oppio aveva per clienti soprattutto i cinesi che lo consumavano nelle fumerie da loro gestite nelle principali città. Ma anche i gangster ebrei e italiani non disdegnavano di frequentarle. Sergio Leone ha illustrato bene questa realtà in “C’era una volta l’America”. Poi il consumo incominciò a riguardare anche gli intellettuali e la gente dello spettacolo fino ad allargarsi e trovare nell’eroina il prodotto più richiesto, pur senza raggiungere i livelli di diffusione degli anni settanta. L’oppio proveniva dalla Cina e al suo trasporto attraverso il Pacifico provvedevano oltre a quelli locali criminali italiani ed ebrei. Giungeva nei porti di città come San Francisco e Seattle dove fin dalla metà dell’Ottocento vivevano consistenti comunità di cinesi che avevano partecipato massicciamente alla costruzione delle linee ferroviarie che avevano unito l’Est all’Ovest degli Stati Uniti. Qui, come peraltro a New York, i cinesi avevano portato la loro antica tradizione delle società segrete, le Tong, che da tempo si erano trasformate in gang criminali e che volevano sfruttare le opportunità del “sogno americano”. Il mutamento del mercato dal punto di vista della domanda con il passaggio dall’oppio all’eroina, aveva comportato la necessità di produrre eroina già in Cina per poi trasportare il prodotto finito in America. La soluzione fu trovata spedendo in Cina un gangster “esperto” del settore per insegnare ai cinesi come trasformare l’oppio in morfina e quindi in eroina. Il prescelto fu Jacob “Yasha” Katzenbergh, un gangster ebreo nato in Russia, le cui gesta furono in seguito avvolte dall’alone della leggenda. Al gangster si attribuì infatti la responsabilità di essere il primo spedizioniere di eroina negli Usa per conto di Luciano, Lansky e Buchalter, non solo da Hong Kong e Shanghai ma anche dall’Europa. Tanto che il “Federal Bureau Narcotics” per conto del governo federale emise un mandato di cattura internazionale contro di lui, indicandolo come il vero pericolo pubblico numero uno. Un’iniziativa che lo spinse a lasciare la Cina nel 1937 e lo obbligò ad un lungo viaggio verso l’Europa, prima in Romania e poi in Grecia. Qui venne arrestato ed estradato oltre Atlantico dove venne condannato a 10 anni di reclusione salvo poi ottenere un sostanzioso sconto di pena per aver testimoniato contro il suo vecchio capo “Lepke” Buchalter (nella foto). Il passaggio dall’oppio all’eroina fu in effetti devastante. Per almeno i primi 25 anni del Novecento il consumo di oppio era di fatto legalmente tollerato con la scusa che era il materiale base per la morfina quindi per l’uso medico. Comprare oppio era relativamente facile in Europa. C’erano diverse fabbriche che lo utilizzavano per produrre morfina ed era un gioco procurarsene. Questo era particolarmente vero in Francia dove transitava l’oppio che proveniva dalla Turchia e con il quale la malavita italiana ed ebrea in combutta con quella corsa era riuscita a dare vita ad un fruttifero commercio con gli Stati Uniti. Con l’allargamento della base dei consumatori le cose però cambiarono e furono i Paesi membri della Lega delle Nazioni a stabilire nel 1932 che la morfina potesse essere commercializzata solo per usi medici. Ma il mercato era ormai avviato e ai gangster non rimase che coprirne la domanda.

L’infiltrazione nei sindacati
In genere quando si pensa alla presenza della malavita americana nei sindacati è inevitabile pensare a quello dei camionisti e degli scaricatori di porto. Il che ci fa pensare al potente influsso esercitato dai film made in Usa che ci hanno erudito sul ruolo rispettivamente giocato da personaggi come Jimmy Hoffa sui “Teamsters” e da Albert Anastasia sul “Fronte del Porto” di Brooklyn. Ma vi furono anche altri sindacati presi di mira. Come quello dei tagliatori d’abiti il cui controllo nello Stato di New York assunse una importanza fondamentale sia come fonte di arricchimento sia per aver costituito l’occasione per innescare un’autentica rivoluzione nello “under world”, il sottobosco criminale degli Usa, con un autentico bagno di sangue che nel settembre 1931 portò al potere una nuova e più giovane generazione di gangster guidata da Lucky Luciano e Meyer Lansky. L’infiltrazione nel sindacato si realizzò nella maniera più classica. All’inizio i gangster si misero al servizio dei padroni e utilizzando le proprie attitudini alla violenza ridussero a più miti consigli i lavoratori restii a spiegarsi. Da qui nacque il soprannome di “schlammer”, cioè picchiatori in yiddish la lingua degli ebrei dell’Europa orientale, che contraddistinse i gangster che armati di spranghe e pugni di ferro si presentavano davanti alle fabbriche per obbligare i lavoratori in sciopero a tornare al lavoro. Per i lavoratori, in particolare quelli ebrei, era una doppia spiacevole sorpresa riconoscere negli aguzzini i propri vicini di casa, gli stessi correligionari con i quali erano cresciuti nei ghetti del Lower East Side di Manhattan o di Williamsburgh a Brooklyn. Le cose cambiarono quando i gangster si resero conto che si potevano fare soldi anche schierandosi dalla parte dei lavoratori e assumendo il controllo dei sindacati. Questo comportava sia la possibilità di allungare le mani sui contributi versati alle organizzazioni sia costituire una struttura di potere elettorale da usare come moneta di scambio con il potere politico. Ovviamente si poteva anche pretendere il pizzo da parte delle aziende che se non pagavano correvano il rischio di vedersi bloccata l’attività con le merci abbandonate nei depositi e nei docks dei porti. Un fiume di denaro incominciò a fluire nelle tasche dei gangster ed anche i politici incominciarono a dover fare i conti con loro.

(4.continua)