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La controrivoluzione viola

di A. Berlendis - 09/12/2009

1. La scelta cromatica effettuata da coloro che potrebbero costituire gli scherani della tentata
(contro)’rivoluzione viola’ ci dice più di quel che si possa immaginare sulla natura e sul
significato di tale mobilitazione. Il colore viola è il risultato della miscela tra i colori rosso e
blu: il rosso dei residuati di sinistra sradicata ed il blu quale sfondo su cui si stagliano le
cinquanta stelle degli Stati Usa in cui le quinte colonne interne ex-pci vorrebbero si
accodasse anche l’Italia come 52° (perché da sempre la 51° spetta alla Gran Bretagna).
Ancora più indicativo è lo sguardo al colore di provenienza delle matrici dei partecipanti,
sempre il rosso dei sinistri (nelle sue varianti), e del vero e decisivo attore, il nero di una figura
(Di Pietro) proveniente dagli apparati statali repressivi (prima la polizia e poi la magistratura) e
che anche in un volume con lui smaccatamente benevolo è dipinto come "un moderno
trasformista di idee conservatrici". La miscela di colori rosso e nero dà il marrone; questo
chiarisce il segno politico dell’azione eversiva: una (contro)’rivoluzione’ color merda (dizione
cui bisogna riconoscere la primazia a GP). Color merda, perché è tale la sostanza con cui
combattono in modo ideologicamente impolitico, un conflitto politico (di cui neanche colui che
né è investito e oggetto, cioè Berlusconi, si dimostra in grado di coglierne e rivelarne la vera
natura); ad esempio tramite il giustizialismo, cioè l’invocazione dell’azione degli apparati
statali repressivi di tipo giudiziario per l’eliminazione dell’avversario che non si riesce a
sconfiggere sul terreno direttamente politico. Color merda, perché di tale consistenza è il tipo
di situazione economico-sociale in cui i dominanti (Usa) tramite i loro servitori vogliono
ri(con)durre l’Italia. Da tale olezzo sorge una domanda impellente: perché costoro, novelli
paladini della Libertà non usufruiscono loro stessi della libertà di informarsi circa le
caratteristiche della leadership dipietrista e che illuminano la natura sociale della forza politica
di cui è espressione. Le quarte di copertina di più d’un volume evidenziano infatti i seguenti
tratti che "il leader dell'Italia dei Valori lascia regolarmente nell'ombra: l'autoritarismo, il
familismo, il partito fondato sull'obbedienza al capo, la disinvoltura nell'incassare e gestire il
finanziamento pubblico, gli accordi sottobanco col ‘regime’ berlusconiano, lo spettacolare
trasformismo, l'esibita duttilità di chi sembra disposto a tutto pur di realizzare la sua seconda
rivoluzione [dopo quella di Mani Pulite] e punta così a inasprire ogni conflitto istituzionale,
delegittimare ogni baluardo di riferimento, dipingere un paese svuotato di democrazia." O
ancora segnalano che il leader dell’IDV è “il camaleonte che una sera frequentava i socialisti,
quella dopo i democristiani e quella dopo ancora i circoli di sinistra, soprattutto la testa di
ariete di un progetto strategico ingenuo e pericoloso.”
2. Essendo le forze della sinistra radical delle componenti aggiuntive all’aggregazione viola,
alla cui testa è l’IDV, è opportuno ritornare alla lezione gramsciana che amano a sproposito
citare e commemorare. Gramsci analizzò la genesi del fascismo in Italia anche secondo la
seguente ottica: “Il sovversivismo popolare è correlativo al sovversivismo dall’alto, cioè al non
essere mai esistito un ‘dominio della legge’, ma solo una politica di arbitri e di cricca
personale o di gruppo.” Quindi egli ipotizzò l’intreccio di un sovversivismo dall’alto (frazioni
delle classi dominanti) con un sovversivismo dal basso (ceti medi) quale dinamica innescante
e coadiuvante del processo, che terminò con la prevalenza—sempre contingente—della
forma autoritaria statale. Dobbiamo qui però porre l’accento su una (tra le altre) differenza
fondamentale con la situazione odierna: l’attuale sovversivismo dall’alto è funzionale e
manovrato da un altro sovversivismo, che potremmo definire sovversivismo dall’esterno
(Usa). Quindi i mani-festanti violacei si pongono quale potenziale complemento di quelle forze
politiche (Pd e fininani) costituenti l’espressione dei registi interni (i subdominanti della
Grande Finanza & Industria Decotta), che sono a loro volta sono mossi e orientati, in
contrasto con gli interessi italiani di breve e medio periodo, dai gruppi di agenti strategici
statunitensi. Quei manifestanti appaiono quindi come il gramsciano ‘Popolo delle scimmie’,
cioè “La piccola borghesia, che ha definitivamente perduto ogni speranza di riacquistare una
funzione produttiva (…) cerca in ogni modo di conservare una posizione di iniziativa storica:
essa scimmieggia la classe operaia, scende in piazza. Questa nuova tattica si attua nelle
forme e nei modi consentiti a una classe di chiacchieroni, di scettici, di corrotti: lo svolgimento
dei fatti che hanno preso il nome di ‘radiose giornate di maggio’, con tutti i riflessi giornalistici,
oratori, teatrali, piazzaioli durante la guerra, è come la proiezione nella realtà di una novella
della giungla del Kipling: la novella del Bandar-Log, del popolo delle scimmie, il quale crede di
essere superiore a tutti gli altri popoli della giungla, di possedere tutta l’intelligenza, tutta
l’intuizione storica”. Il comunista sardo definiva questa tipologia di fenomeni come
“Sovversivismo reazionario” avvertendo che un fenomeno agitatorio “nella sua materialità,
può essere oggi sovversivo, domani reazionario.” Per questo sostenne che il tipo di
sovversivismo che assume questo segno reazionario (come oggi le ‘radiose giornate
antiberlusconiane’), “Per noi e per tutti coloro che qualcosa comprendono del gioco di forze
che fa la politica, non si tratta che di una mosca cocchiera.”
3. La rilettura della favola di Fedro ‘La mosca cocchiera’ attualizzata, illustra bene quanto
sopra. Una carrozza (l’Italia) si trovò ad affrontare un pendio (la ricerca di una propria, pur
minimale, autonomia ed il perseguimento del proprio interesse nazionale), ma era spinta in
altra direzione da un cocchiere (gli Usa) tramite l’uso delle briglia per spronare i propri cavalli
(costituiti dal PD e finiani). Per cercare di farla andare nella direzione voluta, il cocchiere fece
persino scendere i passeggeri (il governo B). A quel punto sopraggiunse una mosca (la
mobilitazione viola) che esclamò: ‘Per fortuna sono arrivata io!’. E cominciò a ronzare negli
orecchi degli animali, a pungere ora questo ora quello, or sul muso or sul dorso. […] E diceva:
‘A darmi pena sono io sola. Tocca a me far tutto. Tutto cade sulle mie spalle. Ah che lavoro!’.
Finalmente la carrozza, in virtù del traino dei cavalli giunse dove il cocchiere la voleva
portare. I viaggiatori, mutati (adesso c’era il governo F o similari..), ripresero il loro posto; il
cocchiere fece schioccare la frusta; i cavalli si rimisero al trotto. Sul tetto della carrozza la
mosca trionfava. ‘Li ho condotti, eh, fin quà! Se non c’ero io!’—si lagnava. ‘Nemmeno grazie
mi dicono. Dopo tutto ciò che ho fatto.’ Sarà così che gli adoratori della Costituzione
commetteranno le più grandi violazioni della stessa, autodefinendole però quali azioni di
difesa della stessa carta costituzionale. Tenteranno cioè di rovesciare con mezzi
extracostituzionali, ponendosi inoltre al servizio di una potenza straniera, un governo
legittimamente in carica secondo le regole fissate dallo loro venerata Costituzione e da loro
formalmente accettate. Esattamente così come l’aggressione, quindi un’azione offensiva,
tramite bombardamento aereo della ex-Jugoslavia è diventato un’azione di difesa integrata!.