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Perle ai liberisti del turismo

di Stefano Serafini - 13/12/2009



«Durante l’affresco della Cappella Sistina Michelangelo non scendeva mai
dal soppalco, e per 4 lunghi anni non si lavò. Quando morì, gli abiti
gli si erano talmente appiccicati alla pelle da non poter essere tolti,
e il cadavere venne sepolto con i vestiti intrisi di colore e
sporcizia». Veramente terribile, perché la Cappella venne terminata nel
1512, ma l’artista morì soltanto nel 1564.

«Nelle catacombe di San Callisto giace il cadavere di un bambino
cristiano fritto nell’olio bollente dai romani». Eppure la mummia alla
quale si fa riferimento è in buono stato di conservazione, e ha tutte le
caratteristiche di una donna di 30 anni spentasi per cause naturali.
«Un quadro della Pinacoteca Vaticana raffigura San Gennaro, che in pieno
XVI secolo prega nel Golfo di Napoli, scacciando le navi saracene che
assalivano la città». Miracoloso, visto che San Gennaro era vissuto 1300
anni prima.

«Il Fondaco dei Tedeschi di Venezia, si chiama così perché era la sede
delle SS di Hitler». Con buona pace di Girolamo Tedesco, che nel 1506
restaurò l’edificio eretto nel 1208, e dei potenti commercianti
“tedeschi” (cioè austriaci, ungheresi, e nordeuropei in generale) che in
quella augusta sede gestirono per secoli i loro affari con la
Serenissima Repubblica.

Queste e altre perle, che si potrebbero infilare su una lunga,
lunghissima collana dell’umorismo surreale, provengono dai maldestri
ciceroni che eludendo i controlli ogni anno invadono la Penisola,
improvvisandosi guide turistiche senza averne titolo. La legge italiana
difende il turismo e il patrimonio artistico nazionale, e impone a chi
voglia praticare la professione di Guida un esame molto severo,
strettamente limitato a una competenza provinciale. Sarebbe difatti
impossibile per una sola persona padroneggiare la conoscenza di tutte le
centinaia di migliaia di beni artistici e naturali d’Italia, ed evitare
d’incorrere in errori e superficialità. Si pensi ad es. che per la sola
quantità di siti visitabili (senza parlare di qualità e complessità),
l’Italia supera la Francia con un rapporto di 5 a 1. Come conseguenza le
nostre guide ufficiali sono tra le più preparate al mondo: conoscono il
territorio in cui operano e ogni suo singolo monumento a menadito, hanno
approfondito la storia, l’arte, i costumi, il diritto, si aggiornano e
si specializzano nei gusti e nelle lingue dei Paesi dai quali provengono
i visitatori. Esse rappresentano il perno di tutto il sistema del
turismo culturale nazionale.

Stiamo parlando di un settore strategico per l’economia italiana, sul
cui mantenimento si gioca buona parte della nostra ricchezza. Eppure,
aggiungendosi al problema degli abusivi e dei disonesti (che riguarda
purtroppo l’intero comparto turistico, dalla ristorazione ai trasporti),
torna in Italia lo spettro del principio europeo della libera
prestazione dei servizi (artt. 49 e 50 del Trattato CEE, e successivo
Decreto Bersani), e il rischio che, nel Decreto di recepimento della
Direttiva Europea 123, da approvarsi entro il 15 dicembre, le
abilitazioni provinciali diventino automaticamente valide su tutto il
territorio nazionale.

La vicenda era stata fondamentalmente già risolta due anni fa, con una
petizione al Parlamento Europeo, il quale aveva ammesso la discrezione
di ogni Stato membro a disciplinare l’esercizio della professione
riguardo agli ambiti territoriali, e dunque la correttezza della
legislazione italiana in vigore.  Ma gli estremisti del liberalismo
economico, su pressione della lobby dei tour operator internazionali,
vogliono rivedere quella risposta, per dare campo libero alla vendita di
prodotti turistici scadenti anche nel Bel Paese, con accompagnatori di
viaggio autorizzati a “spiegare” l’Italia intera a tappe forzate per
30,00 euro al giorno, veri galeotti della sub-cultura globalizzata.

Speriamo che il Ministero del Turismo e quello delle Politiche
Comunitarie facciano il loro dovere e reagiscano prontamente. Non è in
gioco soltanto l’esistenza di un’intera classe professionale, che
rappresenta una ricchezza formata nei decenni dal Paese; ma lo stesso
futuro del turismo italiano, e il suo valore come risorsa culturale
mondiale.