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Al vertice la nuova “guerra fredda”

di Loretta Napoleoni - 20/12/2009

Fonte: caffe

  
 
Tutti si aspettavano che lo scontro tra paesi ricchi e poveri avvenisse al G20, è infatti questa l’arena dove i problemi economici del mondo dovrebbero essere discussi. Invece, la nuova guerra fredda prende forma a Copenhagen. È qui che assistiamo alla creazione di due blocchi, simili alla dicotomia tra quello comunista e il mondo libero. Il casus belli è il surriscaldamento della terra, ma le cause vere sono ben altre. A disegnare la linea di demarcazione della nuova frontiera politica è la rivalità tra paesi ricchi e meno ricchi. L’arroganza dell’occidente e le pretese delle economie emergenti potrebbero farci credere che ancora soffriamo i postumi del vecchio colonialismo, in realtà è vero il contrario.

Il sud del mondo, con la Cina in testa, ha finalmente la forza di sfidare le potenze industrializzate che dai tempi della Rivoluzione industriale tengono il mondo in pugno.La storia confermerà che l’evento decisivo è la crisi del credito e la recessione. Anche se l’occidente ha evitato una seconda Grande depressione, il fallimento di un sistema economico considerato per due decenni un meccanismo perfetto e l’impossibilità di riformarlo, hanno messo a nudo la debolezza di un occidente no più in grado di ‘guidare’ del mondo. Per i paesi dell’Africa, quelli del sud America e dell’Asia il traguardo da raggiungere non è emulare il modello economico americano o europeo. La corsa verso l’industrializzazione assumerà quindi aspetti nuovi perché replicare ciò che hanno fatto i paesi ricchi produrrebbe  ingiustizie e crisi economiche prima ancora della distruzione del pianeta. Ma sempre di corsa si tratta. E il traguardo è oggi più che mai l’insostenibile stile di vita occidentale che poggia sullo spreco delle risorse.Lo scontro vero averrà sul mercato delle materie prime, lì la lotta per accaparrarsi le risorse, che inevitabilmente scarseggeranno man mano che il sud del mondo si sviluppa, sarà agguerritissima. Le conseguenze di questa guerra saranno disastrose per tutto il pianeta. Su questo non ci sono dubbi e tutti ne sono consapevoli. Eppure nazioni ricche e meno ricche sono talmente consumate dalla nuova rivalità da ignorare volutamente questo scenario. 

Non è la prima volta che la sceleratezza dell’uomo ci porta alla catastrofe.  Che ci sia di monito l’incredibile storia dell’Isola di Pasqua. Colonizzata nel 900 dai polinesiani, l’isola è  un paradiso lussureggiante nel Pacifico, con una vastissima varietà di alberi. Qui nasce una civiltà che si autodistrugge intorno al 1300. I simboli di questo sfacelo sono ancora visibili: le imponenti statue di pietra disseminate nell’isola. A costruirle sono due fazioni rivali che si contendono il dominio dell’isola. Per costruirle gli abitanti tagliano tutti gli alberi dell’isola, un fenomeno che pone fine all’ecosistema dell’isola e che porta la catastrofe economica e sociale. Ubicata in mezzo al pacifico, senza legno per costruire barche, la popolazione muore letteralmente di fame e per sopravvivere pratica il cannibalismo.  Basta poco per riprodurre tragedie come queste in un mondo dove la corsa per la supremazia diventa la ragione d’essere dello stato e la vittoria un obbiettivo da raggiungere a qualsiasi costo.