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Capitalismo, ecco il libro nero

di Giancarlo Galli - 20/12/2009

Tradotta la «Storia dei crimini monetari» dello studioso americano Alexander Del Mar, che poco prima del 1929 ricostruì le complicità occulte fra speculatori
 
A anche gli sviluppi dell’at­tuale crisi economico-fi­nanziaria che ha messo in ginocchio l’intero pianeta gettan­do un’ombra sinistra sulla mitizzata «globalizzazione», sembrano dimostrare come gli uomini nulla o quasi abbiano appreso dalla sto­ria; e quanto siano lesti a dimenti­care, subito riannodando con spe­culazione ed ingordigia, mentre i politici un po’ ovunque eccellono nel «predicar bene e razzolar ma­le». Un paio di esempi concreti. Su un versante, a meno di due anni dal più spaventoso crack del dopo­guerra, i banchieri hanno ripreso, con spavalda autoreferenzialità, ad autoconcedersi dei bonus mi­lionari nonostante la salute dei lo­ro istituti (spesso salvati dal falli­mento con danaro pubblico), per­manga precaria. Sull’altro gli stati ed i loro governi, più o meno de­mocratici, si sono messi a far fun­zionare a pieno regime i torchi, immettendo sul mercato miliardi e miliardi di dollari, euro, yen e yuan. Accumulando debiti farao­nici. Lo stato italiano ha raggiunto un indebitamento di 1761 miliar­di, pari al 115 per cento del Pil, cioè l’ammontare della ricchezza prodotta in un anno. È un record negativo mondiale, secondo solo a quello del Giappone, ma nem­meno le altre principali nazioni viaggiano in acque migliori. Ad e­sempio la Francia è sul punto di lanciare il «Prestito Sarkozy», da 100 miliardi, per tappare i buchi.
A loro volta, le aziende s’indebita­no a tutto spiano, approfittando dell’azzeramento (provvisorio) dei tassi d’interesse. Domanda: che ne sarà di questo fiume in piena di carta-cartaccia filigranata, in un domani prossimo venturo, un lustro e magari anche meno?
La risposta è, appunto, nella sto­ria: una gigantesca ondata infla­zionistica che trarrà dai guai i de­bitori, lasciando il cerino fra le mani dei creditori, in particolare i piccoli risparmiatori. Infatti il tourbillon di moneta cartacea s’appoggia su sabbie mobili, in­certe: la cosiddetta «credibilità del sistema». Una fantasiosa entità (quasi un’araba fenice), concepita e partorita da compiacenti eco­nomisti: un tempo al servizio di imperatori, re, principi (usi a can­cellare con un regale colpo di spugna i loro debiti), ora dei nuo­vi potenti. Che il nostro futuro economico­finanziario l’avevano, e nemmeno alla lonta­na, previsto?); «Siamo intervenuti in tempo!» (ma con danaro pub­blico, privilegiando gli interessi di pochi). Comunque, auguriamoci abbiano ragione, considerando che le molteplici esperienze del passato non confortano. Anzi.
In questo scenario, lo­devole è l’iniziativa di u­na piccola casa editrice ( excelsior 1881) di pub­blicare per la prima vol­ta in Italia, con la graf­fiante e puntuale prefa­zione di Francesco Mer­lo, opinionista di spicco, la Storia dei crimini mo­netari di Alexander Del Mar, in apparenza post­datata, poiché compar­sa in Usa negli anni ven­ti del secolo scorso, ven­ne lestamente spedita in soffitta dagli «addetti ai lavori». Giudicata «inop­portuna », in un periodo di boom. Inoltre Del Mar, nato a New York nel 1836 scomparve no­vantenne nel 1926. No­nostante fosse stato direttore dell’ufficio statistico Usa, delegato americano alle conferenze mone­tarie internazionali, il suo caratte­re spigoloso lo rendeva inviso.
Sarà il celeberrimo Nobel per l’e­conomia James Tobin, ispiratore di Kennedy, a «riabilitarlo».
In che consisteva la supposta «fol­lia intellettuale» di Del Mar? Se­condo il Nobel (1999) Robert Mundell, «seppe porre domande mai formulate in precedenza, a cui fornì risposte anticonformiste e spregiudicate». Traduzione in soldoni: Del Mar individuò, alle radici di ogni crisi monetaria dal ’600 in poi, le complicità occulte fra speculatori e politici. In so­stanza, denunciando il laissez-fai­re che propiziò i «crimini moneta­ri ». Affascinante, nei suoi scritti, la battaglia perduta contro i «verdo­ni» (dollari di carta esentati dalla copertura aurea); il modo in cui venne estromesso dal circuito l’ar­gento che per la sua diffusione a­vrebbe potuto costituire una ga­ranzia reale. E via-via sino alla fol­lia tecnocratica di un edificio pri­vo di fondamenta. Cos’è, infatti se non un «artificio», il danaro che maneggiamo? Da qui, e dal distac­co dalla realtà, il susseguirsi dalle crisi. Certo, Del Mar non nega il progresso intervenuto, grazie an­che alla vieppiù rapida circolazio­ne monetaria. Tuttavia, leggendo fra le righe (splendido l’intervento ad un congresso a Memphis, nel 1895), emerge la sua pulsione per un mondo più equilibrato, meno ingiusto. Poiché è difficile dargli torto, le sue pagine appaiono per molti versi profetiche.
Alexander Del Mar
STORIA DEI CRIMINI FINANZIARI
Excelsior 1881 Pagine 264. Euro 15,50