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Pakistan: la guerra elettronica

di Mario Braconi - 21/12/2009

Qualche giorno fa Noah Shachtman di WIRED USA è entrato nella base segreta USA dalla quale si tengono sotto controllo le operazioni dei "ragazzi" in Afghanistan. Su un enorme schermo che rappresenta la mappa del Paese, ogni singolo velivolo militare USA (caccia, bombardieri, droni, aerei-cisterna) è rappresentato da un pallino luminoso color blu-petrolio. Anche se la gran parte delle lucine si concentra attorno alle zone più "calde" del Paese (le province di Kandahar, Helmand e Nangarhar), almeno tre di esse si trovano chiaramente in territorio pakistano. Si tratta, certamente, di droni, cioè di sistemi militari composti da velivoli senza pilota a controllo remoto, da una centrale di controllo a terra e da un dispositivo satellitare: essi possono essere utilizzati tanto a scopo ricognitivo e di intelligence (dalle forze armate) che offensivo (dalla CIA).

In Afghanistan le truppe americane sono tenute sotto pressione da gruppi talebani che spesso fanno base in territorio pakistano; il presidente Obama, che ha reputato la guerra in Afghanistan talmente importante da decidere l'invio su quel fronte di altri 30.000 soldati, è determinato ad impedire che le zone tribali del Pakistan rimangano un porto franco dal quale gli estremisti possono continuare indisturbati ad attaccare i soldati americani, anche grazie alle complicità dei servizi segreti di quel paese. Poiché però la presenza di truppe USA in Pakistan, ad eccezione di qualche formatore per le truppe speciali locali, è tabù, la soluzione più logica è sembrata quella di utilizzare, anziché marine, robot controllati a distanza.

Il paradosso è che, mentre in Afghanistan, cioè in zona di guerra, gli attacchi americani tendono ad essere un po’ meno distruttivi, al fine di evitare di uccidere (troppi) civili innocenti, quelli dei droni americani in Pakistan sono assai più violenti e letali. Secondo il think tank New American Foundation, negli ultimi due anni i circa 80 attacchi mediante veicoli senza pilota hanno causato tra i 750 e i 1.000 morti, di cui 320 sarebbero civili. Secondo Altre fonti (vicine all'esercito), i morti sarebbero stati 450, con perdite civili attorno al 10% - ma c'è anche chi parla di "soli" venti civili uccisi. In realtà, dal punto di vista americano, la zona tribale del Pakistan è un luogo ideale per commettere abusi, dato che esso è chiuso alla stampa e alle ONG e che quindi è impossibile conoscere la verità.

L'aviazione americana ha in tutto 39 tra Predator e Reaper dispiegati in Asia Centrale e Medio Oriente; alcuni di essi vengono utilizzati dalla CIA per le sue missioni. Come quella che si è conclusa con l'assassinio di Baitullah Mehsud, il capo dei Talebani in Pakistan. Nella notte del 5 agosto scorso Mehsud, che stava prendendo il fresco su un terrazzo assieme al suocero e alla moglie, è entrato nel campo visivo di un Predator  americano che lo spiava da una distanza di circa 3 chilometri. Al momento giusto, un agente della CIA, magari direttamente dal quartier generale di Langley in Virginia, ha premuto un tasto sul suo joystick. A 8000 chilometri di distanza, il Preadtor ha lanciato due missili Hellfire sulla casa in cui si trovava Mehsud, uccidendo, oltre a lui e ai suoceri, la moglie, un "ufficiale" e sette guardie del corpo.

Anche se Mehsud era un assassino ed un criminale - è accusato dell'omicidio di Benhazir Bhutto e della strage al Marriott di Islamabad - resta il fatto che egli è stato vittima di un assassinio stragiudiziale ordinato dal governo di un paese democratico. Come osserva il New York Times, "il sostegno politico al programma dei droni, il suo appeal high tech ed antisettico, e la sua segretezza hanno nascosto fino ad ora il suo approccio estremo. Ma per la prima volta nella storia abbiamo "una agenzia di intelligence civile che impiega robot per missioni militari, selezionando le persone da eliminare in un Paese con il quale gli Stati Uniti non sono ufficialmente in guerra". Tutto ciò a dispetto dell'ordine esecutivo 11905 rilasciato dal presidente Gerald Ford il 18 febbraio del 1976, con il quale si stabilisce che "Un impiegato del Governo degli Stati Uniti d'America non dovrà mai essere coinvolto in assassinii politici".

Eppure gli Stati Uniti non sono stati sempre così disinvolti in materia di esecuzioni stragiudiziali. Nel luglio del 2001, infatti, solo due mesi prima dell'11 settembre che avrebbe cambiato il mondo, l'ambasciatore americano in Israele, Martin Indyk, denunciando la pratica israeliana di uccidere i terroristi palestinesi, dichiarò: "Il governo degli Stati Uniti è ufficialmente contro gli omicidi mirati. [...] Si tratta di assassinii stragiudiziali, e noi non li sosteniamo". I tempi cambiano, e con esso le idee...

Come nota Hina Shamsi, avvocato alla New York University School of Law, intervistata da Jane Mayer per The New Yorker, l'opinione pubblica americana si è dimostrata alquanto strabica. Infatti, proprio nei giorni in cui veniva resa noto l'assassinio di Mehsud, il Wall Street Journal rivelò che, durante l'amministrazione Bush, la CIA aveva presa in seria considerazione la possibilità di attivare squadroni della morte per catturare o uccidere operativi di Al Qaeda in tutto il mondo. Non del programma non sono state mai avvisate le commissioni sull'intelligence del Senato e della Camera dei Rappresentanti, ma ad un certo punto è venuto fuori che la CIA intendeva subappaltare una parte del lavoro sporco alla Blackwater, oggi Xe Services, un contractor privato. Dunque, ciò di cui si sta parlando è uno stato che assolda killer privati per far fuori i suoi nemici senza nemmeno preoccuparsi di processarli. Una storia da far rabbrividire, e che ha fatto rizzare qualche antenna anche presso i media conservatori, come il Wall Street Journal.

Prosegue la Shamsi: "Ci siamo tanto arrabbiati per un programma mai nato (infatti, Leon E. Panetta, attuale capo dell'Agenzia, lo ha cancellato a causa dell'inestricabile groviglio di problemi legali, diplomatici e logistici da esso implicato n.d.r.), ma le uccisioni con i droni esistono già. Si tratta [anche in questo caso] di omicidi mirati sul territorio internazionale. Anche in questo caso, si fa uso di private contractor per una serie di attiività, tra cui far volare gli apparecchi." Ma, come nota Vicki Divoll, ex avvocato della CIA, pure interpellata da Jane Mayer per The New Yorker: "La gente si sente molto più a suo agio al pensiero di un Predator che fa fuori un po' di persone che con un tagliagole che ne ammazza solo una. Eppure gli omicidi 'meccanizzati' restano sempre omicidi."