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L’uovo oggi e la gallina domani

di Chiara Valerio - 22/12/2009

  
 
Nel tabacchi di via Zanardelli non si gioca a Win for Life. La signora del bancolotto mi dice Si gioca nelle ricevitorie del Superenalotto. Io le domando se molta gente viene a chiedere di giocare a Win for Life, mi risponde sorniona che no, che la gente ha imparato. Che la gente lo sa. La signora mi guarda e forse pensa che ho trentanni anche se ne dimostro meno, che sono precaria anche se ho una bella giacca per i mezzi tempi, e che forse non mi va di lavorare anche se i fogli che spuntano dalla borsa mostrano una grafia minuta. Forse pensa che studio. Chi lo sa. Io compro una scatola di fiammiferi mentre la signora continua a guardarmi e un po’ si preoccupa perchè se nella sua ricevitoria avessi giocato a Win for Life forse non avrei comprato i fiammiferi per dar fuoco a qualcosa. Io invece esco e coi fiammiferi mi accendo solo una sigaretta perchè mi piace l’odore dello zolfo.

Via Zanardelli sembra sempre assolata, i palazzi sono chiari, da un lato c’è piazza Navona e dall’altro il Palazzaccio oltre un ponte sul Tevere. Così prendo la motocicletta, mi incastro sul lungofiume, sempre rabbiosamente trafficato, piego sul Muro Torto e sbuco su Via Nomentana. Su Via Nomentana c’è tutto, anche una ricevitoria del superenalotto dove si gioca a Win for Life, ce ne saranno tante ma io decido di entrare nella prima che identifico sorpassato l’incrocio con Corso Trieste. Passa un po’, giro, e ne trovo una su via XXI aprile. La vedo, entro, scelgo i miei dieci numeri tra i venti sulla scheda e gioco il mio euro. La scheda, nemmeno a dirlo è bianca rossa e verde con un punto esclamativo che insorge a margine del nome del gioco. Due verdi in realtà, verde chiaro e verde scuro. Che i separatisti geografici non si sentano esclusi, che gli sembri un invito, che partecipino loro pure al sogno verde padano del vitalizio. E si sentano migliori di quelli che giocano al grattevinci perchè il 23% di ogni euro giocato va per la ricostruzione dopo il terremoto in Abruzzo. La verità è che mentre segno i numeri e mi cerco in tasca la moneta anche io mi sento migliore, e penso per un attimo che davvero potrei vincere una rendita ventennale ora, qui, in piedi, su Via XXI aprile. E con una rendita e una scatola di fiammiferi in tasca sarei davvero tutta l’aristocrazia che desidero. Oltre a una Isotta Fraschini color melanzana. Mi sveglio e il gentile signore del bancoenalotto mi dice che c’è una estrazione ogni ora, io deglutisco. Non solo si sono frantumate le vincite ma pure le estrazioni. Non credo che mi piaccia, non credo che sia una cosa neutra. Non credo che i sogni arrivino senza la placenta di una attesa. Di una stratificazione. Di un Ma che ci faccio con tutti questi soldi? Perchè se la Cenerentola di Disney cantava i sogni son desideri, io no?, noi no? Tuttavia mentre guardo la mia schedina, passata e vidimata dalla macchina, con il numerone assegnato che è il 14 mi dico che dovrei avere un approccio diverso. Che non ho studiato matematica e non ho preso un dottorato in calcolo delle probabilità per farmi dire dal foglietto dai colori nazionali che se gioco dieci numeri su venti + un numero assegnato dalla macchina è più facile vincere. Mi indispettisco mostruosamente e il signore del bancoenalotto mi guarda e mi dice che la prossima estrazione è solo tra quaranta minuti. Mi perdoni quante estrazioni ci sono al giorno? Dodici estrazioni. Ah, e per quanti giorni alla settimana? Sette, sette giorni. Io volto le spalle perchè essere identificati come precari non è una offesa, ma essere identificati come malati di un gioco che non regala un sogno, una pazzia, o una vita nuova, ma solo la quotidianità che dovrebbe essere accessibile non dico a un singolo ma quantomeno a un nucleo familiare di qualsiasi natura allora no, non ci posso stare. Voglio essere malata per la roulette russa, per il poker, per il blackjack, per i dadi, per assopigliatutto, ma no per Win for Life, spensierati e sistemati? Sistemata? Ma mi ha guardato?, io i miei cerini e l’Isotta Fraschini color melanzana? Io voglio dilapidare un patrimonio. La quotidianità non dovrebbe essere in palio, dovrebbe essere il risultato degli studi fatti, delle capacità dimostrate, delle opportunità nelle quali si è inciampati, non dico una ricompensa. Ma manco una botta di. Guardo la signora alla mia destra, il ragazzino che forse gioca i numeri della nonna, il coetaneo qui accanto e penso. Che cavolo, ma perchè devi sempre farti i seminari in testa. Se la quotodianità è una botta di. Ma allora che hai giocato a fare? Mi rivedo quindicenne con un esercizio di matematica davanti, mio padre che cerca di spiegarmi l’errore che commetto, io che lo guardo estenuata dalle sue precisioni ed esempi e controesempi e io che gli urlo in faccia che non voglio capire voglio solo che mi venga l’esercizio. Forse anche adesso, quindi prendo una penna e parto dal mio caso particolare. Da me che gioco un euro. E ho il numerone 14. Per vincere la rendita ventennale con un 10+Numerone ho una possibilità su circa 3 milioni seientomila. Mentre se avessi giocato al superenalotto, avrei potuto fare 6 con una probabilità su circa 620milioni. In effetti sembra abbastanza più semplice. Circa duecento volte più semplice il Win for life. Solo che a guardare bene quei numeri, anche così approssimati, mi rendo conto che una probabilità su 3milioni seicento è come una probabilità su 620milioni. È il destino. E il destino è veramente sempre divertente. Anche quando passano i quaranta minuti e nessuno dei presenti, nuovi e vecchi, ha vinto. Il destino. Se io avessi vinto sarei dovuta andare in Viale Sacco e Vanzetti, 89. Però, anche se non ho vinto ci vado. In metropolitana. Vado in Viale Sacco e Vanzetti dopo essere scesa alla fermata di Santa Maria del Soccorso, nomen omen. Santa Maria del Soccorso non far sorgere il sospetto a nessuno che io sia qui per uccidere un contabile e qualcuno mi processi e mi mandi alla sedia elettrica anche se sono innocente. Santa Maria del Soccorso io giocherò a Win for life e non mi farò nessuna somanda sul perchè lo sto facendo. Così per quindici minuti di buon passo recito le mie preghiere nominaliste, percorrendo strade con nomi musicalissimi, compositori, insomma me la canto e me la suono e smetto solo quando da Viale Mozart passo su Viale di Grotta di Gregna, che non so cosa sia e alla fine arrivo davanti al luogo dove avrei dovuto riscuotere. Dove, semmai riscuoterò. Solo che è pomeriggio. Ed è tutto chiuso. Passate le tredici non elargiscono miracoli economici. Non c’è la funzione del vespro. E va bene. Mi infilo gli occhiali da sole e penso, come faccio spesso, che le statistiche sono gli oroscopi degli intellettuali e quelle della prima settimana di Win for life recitavano che la fascia in cui gli italiani giocano di più è quella preserale, che la mattina e nella pausa pranzo si gioca poco. Ecco allora io dico, se usciamo dall’ufficio e andiamo a giocare a win for life non andiamo a tentare la fortuna come si diceva una volta, andiamo proprio a tentare la vita. Che tristezza.