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L'inciucino sui segretari

di Gian Antonio Stella - 22/12/2009

 

Esiste l’inciucio puro e virtuoso? E’ quello che ti chiedi annotando quanto accadrà oggi al Senato dove, come succede sempre alla vigilia di Natale con le faccende che non devono dare nell’occhio, verranno votati due nuovi segretari d’aula, portando il conto finale a dodici contro gli otto fissati dal regolamento. Uno scandaletto piccolo, se vogliamo. Ma illuminante. Il tutto per placare Antonio Di Pietro, che spara contro ogni accordo trasversale il lunedì, martedì, mercoledì, giovedì...

 

Sia chiaro, all'Italia dei Valori non viene regalato niente: a quella poltrona aveva diritto. Ma il modo in cui si arriva a chiudere una delle tante guerricciole tra destra e sinistra è piuttosto discutibile.

A partire dal contesto. Dicono i numeri, infatti, che palazzo Madama non ha mai faticato poco come di questi tempi. Basti ricordare che, come ha dimostrato poche settimane fa un'inchiesta di Carmelo Lopapa su Repubblica, non solo «la commissione Affari costituzionali negli ultimi sei mesi si è riunita 37 volte per 25 ore di lavoro (meno di un'ora a seduta), la commissione Giustizia 33 riunioni per 36 ore di attività, Esteri 17 sedute in 14 ore, Difesa 24 sedute per 22 ore, e via così...» ma la stessa assemblea, dal primo di maggio alla fine di ottobre, ha lavorato mediamente 8 ore e 45 minuti.

C'è chi ne trarrebbe la conclusione che, visto che per regolamento i segretari d'aula «tengono nota dei senatori iscritti a parlare; danno lettura dei processi verbali e, su richiesta del Presidente, di ogni altro atto e documento che debba essere comunicato all'Assemblea; fanno l'appello nominale; accertano il risultato delle votazioni...», già otto dovrebbero farsi carico di un'ora di fatica la settimana a testa. Ridotto in dieci a 52 minuti a testa. In dodici a 44 minuti scarsi. Ma sentiamo già l'obiezione: è il prezzo della democrazia! Lasciamo stare...
Qual è il punto? Il punto, come hanno inutilmente sottolineato i senatori radicali Donatella Poretti e Marco Perduca denunciando la «tenia partitocratica che vede consociati tutti i gruppi in Senato per fare un favore all'Italia dei Valori», è che come ogni organismo di garanzia che non appartiene a nessuno la struttura dei segretari d'aula avrebbe dovuto avere al suo interno una rappresentanza di tutti i gruppi parlamentari. E come ha riconosciuto Anna Finocchiaro non è giusto che esista «un Gruppo parlamentare con 13 senatori che non ha la possibilità o l'occasione di partecipare al Consiglio di Presidenza e, dunque, di concorrere all'organizzazione ed alle scelte politiche ed istituzionali che caratterizzano le funzioni del Consiglio di Presidenza». Parole d'oro. Sottoscritte dalla stessa maggioranza.

Ma da cosa è nato il pasticcio? Dall’ingordigia, accusa il senatore dell’Udc Gianpiero D'Alia, dei partiti più grossi che, «invocando un principio maggioritario che non c'è né nello spirito né nella lettera della norma (né costituzionale né regolamentare), hanno giocato all'asso pigliatutto, come si suol dire: avendo il maggior numero di voti, hanno determinato le elezioni dei quattro Segretari di maggioranza e di opposizione, escludendo dalla rappresentanza i Gruppi parlamentari più piccoli». «E noi?», avevano protestato i dipietristi. Risposta corale: d'accordo, ne aggiungiamo due, uno dell’Idv e uno della maggioranza, per pareggiare i conti. Macché: nel segreto dell'urna il candidato di Tonino Di Pietro, Aniello Di Nardo, era stato scartato in favore della sudtirolese Helga Thaler Ausserhofer.

Nuove proteste dipietriste: vergogna! E nuova risposta, un mese fa: ne aggiungiamo provvisoriamente altri due, uno ai dipietristi e uno alla maggioranza. Altri due? Nonostante i gruppi parlamentari, grazie alla nascita del Pdl e del Pd e la scomparsa di vari partiti minori, si siano dimezzati? Nonostante si tratti di nuove spese (segreterie, assistenti, prebende varie...) in un momento di crisi pesantissima in cui soltanto il mondo della politica non vede neppure scalfito il proprio fatturato? Nonostante le promesse di tagli e di moralizzazione? Scusate, ha chiesto a quel punto il senatore Riccardo Villari, ma invece che aggiungerne altri con un aumento complessivo del 33% sul limite del regolamento, «basterebbe che coloro i quali hanno, in qualche misura, recuperato una presenza in più la cedessero, dimettendosi spontaneamente». Una proposta sensata. E applaudita anche dai rappresentanti dell'Italia dei Valori. Ma bocciata dall'assemblea con 239 favorevoli ad aumentare l'organico, 12 contrari e 15 astenuti. Un accordo trasversale che, in altre occasioni, sarebbe stato marchiato con un solo aggettivo: inciucista.

Oggi, alle 16.30, dopo un mesetto di trattative, siamo finalmente al voto. E se qualche manina misteriosa facesse un altro scherzetto bocciando di nuovo il candidato dipietrista per far passare un altro esponente dell'opposizione, hanno maliziosamente chiesto Donatella Poretti e Marco Perduca, cosa succederebbe? Ne facciamo altri due e poi altri due e poi altri altri due e avanti così all'infinito?