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Il risorgimento: Italiani e vergogna

di Fabio Calabrese - 23/12/2009

riceviamo e pubblichiamo (ndr)

Recentemente la Arianna Editrice ha pubblicato un articolo di Michele Fabbri, Il risorgimento, uno stupro, ripreso dal Centro Studi La Runa, e che in realtà è una recensione del libro Le radici della vergogna di Elena Bianchini Braglia. La vergogna, la vergogna del risorgimento e la vergogna di essere italiani sembrano essere il leitmotiv sia dell'articolo sia del libro.
“La frase che si sente più spesso in bocca agli abitanti della penisola”, afferma Michele Fabbri,  “E': “mi vergogno di essere italiano”. Forse per questo il titolo del libro della Bianchini Braglia è Le radici della vergogna.”
Se l'avessero chiesto a me perché molti italiani non sono fieri o addirittura si vergognano di essere tali, avrei dato una risposta alquanto diversa da quella del signor Michele Fabbri. Per prima cosa, penso che il risorgimento c'entri fino a un certo punto; o per essere più precisi, non mi sembra si possano nutrire molti dubbi sul fatto che lo scarso senso di appartenenza e di coesione nazionale dipendano almeno in parte dalle magagne del risorgimento, ma non certo nel senso di una presa di coscienza consapevole al riguardo.  Diciamo la verità: a gente così ignorante di storia come le generazioni attuali, è inverosimile che degli eccidi di Bronte e simili, gliene importi qualcosa. Si tratta prima di tutto di una forma di snobismo, di snobismo meschino, da anticonformisti fabbricati in serie, rigorosamente uguali a tutti gli altri anticonformisti, che credono di mostrare chissà quale originalità di pensiero proclamandosi antipatriottici, e non riescono a capire che in questa nostra "serva Italia di dolore ostello", è per proclamarsi italiani a testa alta, che ci vuole coraggio.
Diciamo la verità, il risorgimento di lati oscuri ne ha avuti parecchi, ma ne ha avuti altrettanti di luminosi: nessuno storico imparziale può negare che fu perlomeno anche lotta di popolo, che in esso si espressero idealità sincere, dedizione, eroismo, ed approdò infine a quell'unità nazionale che per quindici secoli era stata un obiettivo mancato, un sogno. Tanto per citare qualche episodio, Venezia che nel 1848-49 resistette alla riconquista austriaca per un anno e mezzo, Osoppo, piccolo paese friulano che tenne testa agli Austriaci per mesi, Brescia che nel 1849 si ribellò agli Austriaci e li tenne in scacco per dieci giorni nel tentativo di impedire ai Piemontesi il disastro di Novara. Tutto ciò non sarebbe mai potuto essere senza concorso di popolo, idealità, entusiasmo eroico fino al martirio. Certo, ci furono anche i lati oscuri, gli episodi vergognosi come la repressione garibaldina a Bronte, gli opportunismi, gli oscuri maneggi, ed una storiografia imparziale dovrebbe rendere conto degli uni e degli altri. Lavori faziosi come quello della Bianchini Braglia e quello di Michele Fabbri potrebbero essere giustificati solo se riequilibrassero una situazione di retorica in senso opposto, ma così certamente non è.
L'avete preso in mano un testo di storia per le superiori pubblicato negli ultimi quarant'anni? Sono tutti di ispirazione marxista, e non ve n'è uno che non cerchi di offrire del risorgimento il quadro peggiore possibile. Io ho sempre trovato un'amara ironia nel fatto che costoro che cercano di dipingerci il risorgimento nei termini più vili e ignobili possibili, poi chiamino “secondo risorgimento” la cosiddetta resistenza; è un'implicita confessione del fatto che la resistenza è stata un fenomeno vile e ignobile, cosa di cui oggi, grazie al Cielo e a Giampaolo Pansa, cominciamo a non essere più i soli ad esserne consapevoli.
E la letteratura sul risorgimento? Farsi da Tomasi di Lampedusa, passando per Carlo Alianello fino a Isabella Bossi Fedrigotti, è invariabilmente tutta antirisorgimentale.
Questi anticonformisti uguali a tutti gli altri, non si accorgono mai che quella che credono di presentare come una provocazione, è in realtà un'opinione largamente maggioritaria.
Il fascismo aveva cercato di esaltare l'amor patrio e l'esperienza risorgimentale; per questo motivo gli antifascisti si sono fatti un dovere di votarsi allo snobismo antipatriottico: il marxismo che ha sempre visto nello spirito di nazionalità un ostacolo alla sua espansione, alla creazione di un mondo di tutti uguali, proletari e internazionali, la Chiesa, dal canto suo sembra sotto sotto continuare a nutrire un rancore sordo per chi l'ha privata del potere temporale, a costoro viene ad aggiungersi la mosca cocchiera di una “destra” codina e sanfedista.
Il risorgimento ha fatto l'Italia ma non gli Italiani, e questa è stata la sua colpa maggiore. Non solo il fatto che la classe dirigente liberale ha tenuto "le plebi" (il 90% o giù di lì degli Italiani di allora) lontane dallo stato nazionale, ma il fatto che tutte le volte che l'interesse nazionale e quello dell'internazionalismo liberal-massonico divergevano, ha optato per quest'ultimo. Non solo la strage di Bronte, dove i garibaldini hanno avuto la mano pesante con la popolazione per tutelare gli interessi inglesi nella ducea di Nelson, ma quell'altro bell'episodio dl 1870, quando di nuovo queste insopportabili camicie rosse sono accorse in aiuto dei Francesi di Napoleone III che pure era l'ostacolo per l'Italia sulla via di Roma, in odio alla Germania di Bismark ("fascista" ante litteram) con la qual l'Italia non aveva alcun genere di contenzioso, anzi, grazie alla quale quattro anni prima avevamo potuto annettere il Veneto. pero' proprio tutto cio' dovrebbe indurre a capire che "Italia" e internazionalismo liberal-massonico non coincisero e non hanno mai coinciso, e si può ben essere italiani e non per questo amare i manipolatori di popoli che si nascondono all'ombra delle logge.
Dopo l'8 settembre 1943, il "ribaltone", lo sfascio dello stato nazionale, gli Italiani si sono orientati verso forme di aggregazione transnazionali, l'internazionale comunista e la Chiesa cattolica. Insieme, democristiani e comunisti hanno creato la repubblica che conosciamo, basata sul servilismo verso i vincitori e l'esaltazione come eroi dei delinquenti e dei traditori che per primi sono saltati sul carro del vincitore, una repubblica che non poteva altro che essere corrotta, poiché le sue fondamenta sono state poste sullo sterco.
Il fascismo rimane l'unico regime che abbia cercato di rendere gli italiani, tutti gli italiani, fieri di essere tali, e questo rimane un merito che nemmeno il più oltranzista degli antifascisti può sognarsi di negargli.
Coloro che ancora sognano gli stati pre-unitari, non devono preoccuparsi. C'è l'antipatriottismo di destra (il loro), quello di sinistra (ovviamente), quello di centro (of course in un Paese dove il centro è soprattutto cattolico); la miopia storico-politica non potrebbe essere meglio e più uniformemente distribuita.
In un'epoca nella quale l'invasione extracomunitaria dell'Europa rispetto alla qual l'Italia si trova in prima linea, rischia di essere il peggior disastro della storia umana, rinchiudersi nel particolarismo, nel localismo è una scelta controproducente e suicida.
L'Italia è MALATA di cristianesimo e di marxismo. Io penso che la maggior parte degli Italiani sia cattolica semplicemente perché non conosce la storia. Nella nostra storia nazionale, la Chiesa cattolica è sempre stata il cattivo genio: per conservare il potere temporale ci ha imposto quindici secoli di frammentazione politica e dominazioni straniere, sempre pronta a chiamare nuovi invasori, da Carlo Magno a Napoleone III tutte le volte che si sentiva minacciata, e senza contare le responsabilità del cristianesimo, che non possono obiettivamente essere minimizzate, nello sfascio dell'impero romano. La dottrina del Discorso della Montagna ha portato molto più male che bene, forse all'intera umanità, ma a noi certamente.
Cristianesimo e marxismo intaccano od annullano la compattezza delle comunità, cosa oggi estremamente pericolosa nel momento in cui rischiamo di essere travolti dall'ondata demografica proveniente dal Terzo Mondo, sono l'equivalente per una cultura e per una nazione, di quello che per un individuo è una malattia infettiva molto moderna che dissolve le difese immunitarie.
Si può avere simpatia per i leghisti, quando si oppongono all'immigrazione, ma questa simpatia passa quando ci si accorge che lo fanno sulla base di un particolarismo localistico, e si oppongono alla rimozione dei crocifissi e via dicendo, senza sembrare essere minimamente in grado di capire che non ci sono solo gli islamici, ma anche molti italiani che non si riconoscono affatto nella fede che due millenni fa sradicò con la violenza e l'inganno le nostre religioni native. Io penso che l'Italia andrebbe scrocifissa non certo per compiacere gli islamici ma per affermare finalmente la nostra vera identità, italica, romana, pagana, ed allora avremo finito di avere motivi di vergogna, tranne per il fatto di avere certi nostri connazionali persi dietro chimere che impediscono loro persino di capire a quale comunità nazionale appartengono.