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Rottamazioni

di Ugo Gaudenzi - 23/12/2009

 

 

La corporazione monolitica dei rettori e dei docenti ordinari delle Università nazionali, ha un concetto tutto suo della “mobilità” interna agli Atenei e dei metodi per “aprire” le porte universitarie alle nuove generazioni.
Una volta - e fu il ‘68 - contro questa casta deflagrò una vera e propria rivolta generazionale: così, per qualche anno, il “potere assoluto” dei prof di carriera subì delle limitazioni. Ai giovani fu permesso un più libero accesso alle università, la possibilità di appelli mensili per sostenere i lavoratori e ad alcuni baroni fu contestato il ruolo di padri-padroni di una cultura lottizzata dai partiti (l’esempio del prof. Sandulli a Roma, docente di diritto costituzionale nonché, presidente della Suprema Corte, beneficato da un centinaio di lauti onori “accessori” era stato eclatante).
Ma il vento tornò a spirare al contrario. L’apertura delle Università fu trasformata in un inciucio tra vecchi e nuovi baroni, questi ultimi integrati nel “sistema di casta” per meriti politici “emergenti”. Furono moltiplicate all’inverosimile le cattedre, furono moltiplicati gli Atenei, furono aboliti gli appelli mensili e “i corsi liberi” degli studenti.
Le università diventarono dei diplomifici e dei distributori di lauree per disoccupati. Per chi, nonostante tutto, aspirava a un dottorato o a una docenza per merito, i tempi sono diventati quantomeno ventennali. La rettocrazia si era chiusa in se stessa per non dividere con nuovi arrivati le proprie prebende.
Adesso ci si strappa le vesti perché non si possono assumere nuovi ricercatori...
Basterebbe rottamare i prof superflui.