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Il Muro di Berlino e l'occasione perduta

di Gian Carlo Caprino - 23/12/2009

 
 
 
La caduta dell'URSS è sempre stata vista, nel mainstream mediatico occidentale, come un evento salvifico per l'umanità: il trionfo della democrazia e della libertà per tutti i popoli che erano stati sotto l'oppressione sovietica; in realtà tutti sappiamo che non fu così e che, al di là dell'indubbia affermazione di libertà d'espressione, il dissolvimento dell'URSS portò anche alla nascita di un capitalismo malavitoso che condiziona negativamente la vita delle popolazioni nell'Est europeo e ad una fase di instabilità internazionale che ancora perdura. Si può tranquillamente ritenere, ad esempio, che l'invasione USA dell'Iraq e dell'Afghanistan (con tutte le nefaste conseguenze) non vi sarebbero state se l'URSS non fosse crollata.
 
Per l'Europa occidentale quella che si può definire un'occasione perduta fu la modalità con cui si compì la riunificazione della Germania dopo la caduta del muro di Berlino, cioè dopo il primo atto che sancì la dissoluzione dell'URSS.
Se infatti le cose avessero preso una direzione diversa da quella che è stata, la riunificazione tedesca avrebbe potuto essere un impulso inarrestabile per la costruzione di una vera Europa, che non fosse, prendendo a prestito una azzeccata espressione di un leader politico di un Paese ex satellite sovietico, soltanto "il supermercato della NATO".
Mikail Gorbaciov, completamente indebolito e in stato confusionale, non ebbe infatti all'epoca l'autorità, la lungimiranza e la forza per trattare con gli americani un ritiro bilanciato delle rispettive truppe d'occupazione, mettendo  veramente fine allo status prodotto dalla Seconda Guerra Mondiale.
Si giunse così, con la complicità entusiasta di Helmut Kohl, non ad una vera riunificazione, bensì ad una annessione per incorporazione della Germania Ovest ai danni della Germania Est, senza alcuna mediazione possibile. Una sorta di  "Anschluss", come quello fatto da Hitler ai danni dell'Austria del marzo 1938, insomma.
Per quanto riguarda la complicità di Kohl, essa non deve meravigliare, essendo da sempre i leaders cristiano-democratici della Germania i più fedeli attuatori della pax americana postbellica; forse la presenza di un uomo come Gerard Schroeder avrebbe consentito molti più margini di trattativa con gli USA per lo status della Germania finalmente riunificata; le colpe del cedimento alla volontà USA ricadono quindi, principalmente, su Gorbaciov.
 
A questo proposito è lecito chiedersi: Gorbaciov subì la definitiva acquisizione della Germania nell'orbita statunitense solo perché era conscio della  debolezza dell'URSS, ovvero egli meditò che una Germania forte e realmente indipendente fosse più pericolosa per gli interessi russi di quanto non lo fosse una Germania controllata dagli USA, con cui egli sperava, comunque, di trovare accordi successivi all'implosione sovietica? Occorre non dimenticare che anche molti leaders occidentali, a cominciare dalla Thatcher, Mitterand ed Andreotti, guardarono con diffidenza alla riunificazione tedesca; perché non avrebbe potuto farlo Gorbaciov, subordinandola ad un cambio di egemonia: da quella russo-americana a quella totalmente statunitense? Forse Gorbaciov ce lo farà sapere in un suo libro di memorie...
 
Un analogo problema, con ben altri esiti, si era già presentato proprio per l'Austria negli anni Cinquanta: quando infatti il governo austriaco (del quale Bruno Kreisky era ministro degli Esteri) chiese fermamente la fine dello stato di occupazione, un ferreo Krusciov subordinò qualsiasi spostamento ad est delle truppe sovietiche ad un uguale e contrario spostamento delle truppe americane (e dei loro alleati) verso ovest. Così, passo dopo passo, controllo dopo controllo, nel luglio del 1955 sulla cattedrale di Santo Stefano suonarono a festa le campane e si alzò la bandiera del nuovo Stato austriaco, liberato e neutrale. Oggi l'Austria è pienamente inserita nel tessuto dell'Europa occidentale, ha la moneta unica, ha uno standard di democrazia del tutto paragonabile a quello dei Paesi più evoluti, ma è rimasta convintamente neutrale, non ha mai partecipato alle scorrerie americane in giro per il mondo ed è un Paese in pace e stimato da tutti.
 
Se la stessa sorte fosse toccata, nel 1989, ad un Paese dal peso, politico ed economico, della Germania, i destini dell'Europa sarebbero stati  forse molto, molto diversi. L'esistenza infatti di una larga fascia sottratta alle truppe d'occupazione postbellica USA, comprendente Austria, Germania e Francia (che pur facendo parte del Patto Atlantico, non partecipava già da 20 anni al suo braccio operativo, la NATO) avrebbe potuto generare quel "noyau dur" europeo (di cui tanto si è parlato negli anni passati) con un suo Capitalismo sociale (diverso da quello anglosassone, che tanti guasti ha portato), un suo esercito ed una sua politica estera; altri Paesi, come Italia e Spagna, avrebbero poi potuto aderire a tale modello, rinforzando questo "nocciolo" sino a dargli una massa critica da potersi sedere ai massimi livelli nei consessi internazionali e relegando la funzione dell'egemonia statunitense in Europa alla Gran Bretagna ed agli ex satelliti dell'URSS, destinati fatalmente, per la loro storia e la loro vocazione, a scegliere la "protezione" americana.
 
L'Europa, insomma, non sarebbe forse oggi soltanto "il supermercato della NATO".
 
E' pur vero che la Storia non si fa con i "se", ma si può sicuramente affermare che la riunificazione tedesca, per come è avvenuta, è stata un'occasione perduta per la nascita di una vera Europa unita.