Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Ritroviamo l'Io, senza chiedere il permesso. Come rendere più incisivo e utile a tutti l'uso del Web

Ritroviamo l'Io, senza chiedere il permesso. Come rendere più incisivo e utile a tutti l'uso del Web

di Tiziano Scarpa - 28/12/2009

  
 


Improvvisamente i potenti si accorgono della Rete: naturalmente per deprecare e reprimere. Per molti di loro è un oggetto ancora misterioso. C'è voluta l'aggressione a Berlusconi per vedere su un grande giornale una discussione di Facebook:

Adriano Sofri l'ha copincollata ('Repubblica', 16 dicembre) e Michele Serra ha commentato: "Mentre i figli straparlano su Facebook, i padri bestemmiano in Parlamento". è una sintesi, ma raffigura bene che la guerra in corso è anche generazionale.

In questo decennio, la connessione di massa alla Rete ha comportato la possibilità per tutti di partecipare al discorso pubblico, senza chiedere permesso a nessuno. Difenderne la libertà è doveroso. Detto questo, occorre valutare come rendere più incisiva la pratica di questa libertà.

Prima cosa: evitare di lasciarsi appiattire da definizioni come 'popolo della Rete'. La Rete è solo una sfaccettatura di persone riccamente complesse, non una coccarda identificativa. Perciò, che da Facebook sia partita l'idea per una manifestazione in piazza mi sembra ottimo: il No-B Day ha mostrato gente disposta a impegnarsi in carne e ossa, smentendo la caricatura faziosa di sfaccendati seduti davanti al computer ad aggiornare compulsivamente il proprio blog.

Seconda cosa: Internet ha incoraggiato la desoggettivazione (anonimato, pseudonimi, mascheramento di sé). All'inizio poteva sembrare una tattica di imprendibilità, da primule rosse elettroniche che sfuggono al Big Brother, al Panottico, a Echelon.

Ma poi si è rivelata perfettamente in linea con il consumismo totalitario mediatico che ci vuole puri spettatori, acquirenti senza volto, carne da sondaggi.

La distruzione delle esperienze personali significative, che vale la pena raccontare per metterle in comune e fondare dei grumi di riconoscimento reciproco, di coagulo sociale e politico, è passata anche attraverso questa eclissi dell'io e del suo nome, che in un primo tempo poteva sembrare liberatoria.

L'io e il suo nome non sono soltanto una vecchia carcassa invidiosa e narcisistica, ma un punto di partenza per ridare peso alle nostre parole pubbliche.