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L'avvento della fase multipolare

di Mauro Tozzato - 29/12/2009


In un articolo sul Sole 24ore del 27.12.2009 Martin Wolf, editorialista del Financial Times, ammette in
maniera insolitamente chiara e decisa l’avvento della nuova fase multipolare. Egli inizia l’articolo
ricordando la corrispondente congiuntura verificatasi all’alba del XX secolo:
<<L’unica potenza veramente globale era in una fase di declino relativamente rapido. Poco prima
aveva vinto una sorta di vittoria di Pirro in un’onerosa guerra coloniale. Nuove grandi potenze si
profilavano all’orizzonte. Si sviluppava una corsa agli armamenti, come pure una corsa ai mercati e
alle risorse delle aree sottosviluppate del mondo. Eppure, la gente credeva ancora che il libero
commercio e i liberi flussi di capitale che avevano favorito il benessere […]sarebbero durati. […]Ma
la catastrofe era proprio imminente: gli anni seguenti avrebbero portato una guerra mondiale, una
rivoluzione comunista, la Grande depressione, il fascismo e un’altra guerra mondiale ancora. L’ordine
mondiale – che si reggeva su grandi potenze in concorrenza tra loro, imperialismo e mercati liberali –
si dimostrava incapace di fornire quei beni pubblici che sono la pace e la prosperità.>>
Qui Wolf inserisce, solo di passaggio, ulteriori considerazioni sul periodo che seguì, il quale fu
caratterizzato da un sistema mondiale bipolare che vedeva nella parte “occidentale” una notevole
supremazia degli Stati Uniti con la conseguente capacità di regolazione e di divisione dei compiti (dei
mercati, del lavoro ecc.) tra le formazioni statali subordinate. In riferimento alla nuova fase multipolare
che avanza - come preludio al vero e proprio policentrismo - l’editorialista enumera in maniera
schematica le vicende che hanno caratterizzato il recente periodo storico:
<<Ci vollero altre disgrazie, la Guerra fredda, la sostituzione del Regno Unito con gli Stati Uniti nel
ruolo di potenza egemonica per reinstaurare la stabilità, che facilitò il processo di decolonizzazione,
un’espansione economica senza precedenti, il crollo del comunismo e un’ ulteriore epoca
d’integrazione globale favorita dal mercato.>>
Wolf prosegue tracciando una sorta di parallelo tra l’epoca classica dell’imperialismo di fine Ottocento
e quella attuale:
<<Allora erano in piena ascesa Usa, Germania, Russia e Giappone, come oggi Cina e India. Allora
c’era la guerra boera; oggi le guerre in Iraq e Afghanistan. Allora la corsa agli armamenti si
disputava tra Germania e Regno Unito, mentre oggi è la Cina in piena escalation per gli armamenti
militari. Allora era il protezionismo degli Usa a pregiudicare il libero commercio; oggi sono i conflitti
fra Stati Uniti e Cina a compromettere le nostre capacità di affrontare fermamente il cambiamento del
clima. Allora erano gli Usa isolati dal resto del mondo; oggi sono la Cina e altre potenze in ascesa a
esigere una sovranità affrancata da qualsiasi vincolo.>>
Anche in queste considerazioni che vorrebbero essere di carattere geopolitico si può notare una certa
tendenza economicistica, nella misura in cui la Russia, ad esempio, non viene neppure nominata mentre
anche il suo potenziale nucleare e militare, che Putin sta cercando di ammodernare, viene decisamente
sottovalutato. E’ il tasso di crescita della Cina - che si mantiene elevato persino in questo congiuntura
economica di crisi - a influenzare, in maniera determinante, le valutazioni e i giudizi sulla
configurazione a medio e lungo termine dell’”equilibrio” tra potenze nel panorama mondiale.
Martin Wolf riassume, poi, in quattro punti i “cambiamenti storici” che caratterizzano questo inizio del
XXI secolo.
<<1)Prima di tutto assistiamo quantomeno all’inizio della fine non solo di un illusorio “periodo
unilaterale o unipolare”degli Usa, ma anche della supremazia occidentale in genere, e della potenza
anglo-americana in particolare. 2) Secondo, l’Occidente in generale e gli Usa in particolare hanno
subito una perdita disastrosa di autorevolezza.[…]Il caos che ha fatto seguito alle guerre in Iraq e in
Afghanistan e ancor più la crisi finanziaria hanno annientato la reputazione che l’Occidente deteneva
in fatto di capacità e autorità. 3) Terzo: la globalizzazione è caduta anch’essa in grande difficoltà.
Trent’anni di crescita inarrestabile del leverage (1) del settore privato, dei bilanci del settore
finanziario e della redditività concettuale [il ROE ?(2).N.d.R.] del settore finanziario negli Usa e in
altri paesi dal reddito molto alto si sono conclusi con una vera e propria sciagura. 4) Quarto: la
necessità di fornire quei beni di prima necessità a livello globale impone oggi una nuova
collaborazione tra potenze già affermate e paesi emergenti.>>
Per quanto riguarda il secondo punto vale forse la pena di rilevare che non si deve parlare, riguardo agli
Usa, di una pura e semplice perdita di prestigio ma piuttosto di una effettiva incapacità – attraverso il
controllo di alcune istituzioni internazionali e la supremazia politico-militare – di coordinare sia
l’economia globale che le inevitabili crisi conflittuali, statuali e interstatuali, volgendole a proprio
favore. Il punto numero quattro, poi, ci lascia piuttosto perplessi; dopo aver dipinto un panorama
conflittuale e multipolare dell’odierna situazione mondiale si auspica che la “buona volontà” riesca a
superare i fattori oggettivi e strutturali che determinano la situazione attuale. Così la fase di stallo a cui
è giunto il Doha Round, in relazione agli accordi commerciali multilaterali, e i fallimenti nei tentativi di
trovare un punto d’incontro, riguardo ai provvedimenti da adottare, per contrastare i fattori che
vengono ritenuti responsabili dei cambiamenti climatici appaiono superabili, secondo Wolf, se
prevarranno gli “spiriti positivi della cooperazione, della lungimiranza e dell’autocontrollo”. L’analisi
risulta quindi abbastanza realistica ma le proposte politiche e le previsioni sugli sviluppi futuri
risultano, ancora una volta, paradossalmente in contraddizione con una comprensione autentica della
dinamica della formazione sociale globale.
(1) Il leverage o rapporto di indebitamento è un indice utilizzato in ambito finanziario per misurare la
proporzione fra il capitale proprio e quello di terzi delle risorse utilizzate per finanziare gli impieghi.
(2) In finanza aziendale, il ROE è un indice di redditività del capitale proprio. Rappresenta l'indice globale
dei risultati economici dell'azienda. È una percentuale che evidenzia il potenziale del capitale di rischio e la
capacità dell'azienda di attrarre capitali (cioè quanto rende il capitale conferito all'azienda).
Da Wikipedia