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Il cuore nuovo che uccide. 14 interrogativi senza risposte?!?

di Matteo Ciarimboli - Nerina Negrello - 04/01/2010

 


Il 20 dicembre 2009 il quotidiano “Il Fatto” pubblica un articolo dal titolo “Il cuore nuovo che uccide” in cui si racconta la storia di Silvia Trabalzini, 34 anni, giornalista, morta durante il trapianto il 04/07/2008. Solo ora i fatti sono resi pubblici. Sorgono spontanei alcuni interrogativi:

 

Silvia scrive un sms agli amici “E' arrivato un cuore nuovo per me”. Come può ridursi una persona ad usare termini così banalmente utilitaristici, che mercificano la vita degli altri?

La telefonata della disponibilità di un cuore è arrivata a Silvia mentre stava lavorando in qualità di responsabile dell'Ufficio Stampa al Comune di Grosseto, quindi in piena attività. Da cosa era determinata allora l'urgenza? Non è forse vero che i trapianti si effettuano quando il malato sta relativamente “bene” e non quando il paziente è troppo grave?

 

Chiamata al telefono il 3 luglio, operata il 4 dalle ore 2 alle 16.30 e un'ora dopo i medici comunicano che non c'è più niente da fare. Non si fanno indagini mirate prima di tale intervento?

 

Era in lista d'attesa da 3 mesi. Come mai tanto “privilegio”, ma non si lamentano sempre che mancano gli organi? Non è forse vero che in tutti gli ospedali abilitati al trapianto si deve superare la soglia del 50% dell'attività minima prevista dagli standard per non vedersi revocare l'idoneità all'attività trapiantistica? (L. 91/99 art. 16)

 

Aveva un problema cardiaco di aritmia dalla nascita, che però le ha permesso di condurre per 34 anni una vita normale, come dichiara sua madre. Perché allora rischiare la vita con un trapianto?

 

Il consenso è stato ottenuto con una informazione corretta sui rischi? E' stata informata della terapia dell'ablazione con radiofrequenze delle aree colpite da fibrillazione che risolve la malattia nell'80% dei casi? Praticata su scala mondiale, in Italia 16.300 pazienti trattati (Corriere 20/12/2009).

 

Nanni Costa (Direttore del Centro Nazionale Trapianti) ha dichiarato in un'intervista che “lo stato di salute di Silvia era gravissimo, una persona da sottoporre urgentemente a trapianto”. Sono tutte “gravi” come Silvia le persone che vengono sottoposte a trapianto?

Quel cuore avrebbe però potuto permettere (a Silvia) di proseguire a vivere ancor più normalmente rispetto a sempre”. Tutti potremmo essere “più perfetti” allora ci sarà un momento in cui ci metteranno tutti in lista per un trapianto? La competizione tra ospedali può portare a questo?

 

La mamma dichiara “Non cerchiamo colpevoli, ma pretendiamo che si faccia chiarezza su questa nostra tragedia”. Perché questa “immunità” per la classe medica? Perché il perdono prima ancora della verità?

 

Un dono per la vita - trapianto è vita” dice la propaganda. Chissà se Silvia, come molti altri suoi colleghi giornalisti, sarebbe ancora d'accordo con questo motto pro-trapianti!

 

Matteo Ciarimboli

 


Comitato Giovani

 

Presidente

 


Nerina Negrello