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Niente di nuovo sul fronte afgano

di Stella Spinelli - 04/01/2010





La guerra continua nella sua escalation di violenza. I talebani non si lasciano intimorire dalla New strategy di Obama e il governo Karzai è sempre più debole

In Afghanistan, il nuovo anno si apre come si è chiuso il vecchio. Nessuna buona nuova, nessuna bella speranza. La guerra azzera tutto, e tutto distrugge. Morti, tanti tra i civili, qualcuno tra i militari; feriti, innumerevoli; e rapiti. Gli ultimi della serie sono "due giornalisti francesi della Tv pubblica France 3, sequestrati mercoledì 30 dicembre assieme al loro autista da elementi anti-governativi", per usare le parole dello scarno comunicato con cui le autorità afgane hanno dato la notizia. Una collega dei due giornalisti che hanno trascorso alcune settimane fra le truppe francesi per fare un reportage, ha spiegato che il rapimento è avvenuto sulla strada fra i villaggi di Tagab e Nijrab, nell'instabile provincia di Kapisa, dove si trova la base del contingente francese. La piccola provincia, a nord-ovest di Kabul, è contesa fra le milizie dell'ex signore della guerra ricercato dagli Usa Gulbuddin Hekmatyar e i talebani, di cui Hekmatyar è stato occasionale alleato.

Gli ultimi a morire, invece, sono stati quattro marines Usa, saltati questa mattina (lunedì 4 gennaio) su una mina artigianale mentre viaggiavano sul loro mezzo blindato, e un soldato britannico, morto invece ieri nella provincia meridionale di Helmand. Cinque caduti che fanno salire a 1569 le perdite della Coalizione internazionale dall'inizio dell'invasione, nel novembre 2001. Di questi, 949 sono statunitensi e 246 britannici. Questi i primi giorni del 2010. E sempre tragicamente si era chiuso il 2009, che verrà ricordato come l'anno con il più alto numero di morti fra le truppe straniere dall'inizio della guerra. Il 30 dicembre, quattro soldati e una giornalista, tutti canadesi, sono morti quando il veicolo su cui viaggiavano è saltato in aria nella provincia sud-est di Kandahar. La donna, Michelle Lang, 34 anni, del Calgary Herald, era appena arrivata per il suo primo servizio dall'Afghanistan. I suoi connazionali le stavano mostrando, a bordo di un mezzo, i progetti di ricostruzione a cui sopraintendevano, quando il veicolo su cui viaggiavano è saltato in aria, mettendo a segno il peggiore incidente mortale degli ultimi due anni in cui vengano coinvolti dei canadesi. Ma non solo. Il 30 dicembre, otto agenti della Cia e un afgano sono rimasti uccisi in un attentato suicida orchestrato dai talebani nella base militare Chapman, nella provincia orientale di Khost, roccaforte talebana. Il bilancio dell'esplosione, nei pressi dei locali adibiti a palestra della base militare, è il più grave subito dagli 007 Usa da quando sono in Afghanistan. A farsi esplodere, un kamikaze che indossava una divisa dell'esercito afgano. Ancora da chiarire, dunque, se si trattasse di un militare in servizio passato dalla parte dei talebani, anche se le tv americane lo hanno ribadito, dicendo che si è trattato proprio di un invitato dai talebani nella installazione militare fortificata come un possibile informatore. E che, nonostante le feree regole, non era stato perquisito, ma solo scortato fino alla palestra, dove ha azionato il corpetto esplosivo che indossava.

Ma il bilancio non si esaurisce qui, perché il medesimo giorno è avvenuto l'episodio più grave, che ha coinvolto esclusivamente dei civili. Un bombardamento Nato ha sterminato un gruppo di contadini che stava lavorando nei campi di Babaji, nei pressi di Lashkar-gah, in uno dei tanti villaggi della maledetta provincia di Helmand. Otto i morti ufficiali, ossia quelli ammessi dagli Alleati, restii da sempre ad ammettere le "scomode" stragi di civili, che altro non sono se non gli "effetti collaterali" di una "guerra giusta". Ma i numeri lasciano il tempo che trovano, l'unica certezza è che non erano talebani, non erano insorti, non erano signori della guerra. Erano semplici lavoratori rurali intenti a irrigare la terra.

E se a questo triste bollettino di guerra, si aggiungono misteriosi episodi che vedono sofisticatissimi droni made in Usa, inviati per spiare e catturare importanti informazioni sul nemico, precipitare in zone delicatissime, il quadro è presto fatto. La guerra in Afghanistan sta vivendo una veloce escalation, la più grave dal 2001, dove i talebani stanno mettendo a segno una serie di successi che fanno traballare le forze alleate, nonostante la nuova strategia Obama. Nel nono anno di una guerra iniziata con duemila uomini Usa, la Casa Bianca ha deciso di coinvolgere altri 30mila soldati che dovranno unirsi ai 7 mila uomini Nato. Ma l'intento di Washington pare andare oltre, dato che il dispiegamento dei soldati Usa potrebbe persino arrivare a centomila uomini nel tentativo di riprendere il controllo del paese.

Un fine che sembra sempre più complicato, anche per i loschi intrecci e giochi di potere interni all'amministrazione afgana. Il presidente Hamid Karzai ha infatti appena dovuto sostituire con un decreto il sindaco di Kabul, Mir Abdul Ahad Sahibi, condannato in primo grado a quattro anni di carcere per malversazione di fondi. Al suo posto è stato insediato Mohammed Yunus Noandesc, ex vice ministro dell'Acqua e dell'Energia. Ma Karzai ha ormai sempre meno forza. Il Parlamento ha appena bocciato la lista dei ministri presentata dal presidente, sentenziando per il capo di stato afgano una sono una sconfitta politica. "Ciò prolunga una situazione nella quale non c'è un governo in grado di funzionare, una situazione che va avanti dalla scorsa estate. E ciò è particolarmente preoccupante in un Paese in guerra - ha commentato il rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Afghanistan, Kai Eide - dove ci sono moltissime sfide da affrontare e urgenti riforme da effettuare. In un momento in cui l'Afghanistan ha bisogno di un governo forte, ritengo che la maggior parte dei ministri bocciati non siano stati ritenuti in grado di rappresentare lo Stato con la necessaria decisione". La situazione politica in Afghanistan è diventata sempre più precaria dal 20 agosto scorso, quando si votò per le elezioni presidenziali, vinte dal capo di stato uscente Hamid Karzai in un contesto di brogli conclamati. Tant'è che la sua vittoria fu ufficialmente proclamata solo all'inizio di novembre.

Un terreno, questo, sul quale i talebani non fanno che prosperare. "Più soldati Usa verranno, più ne moriranno", ha dichiarato un talebano non meglio identificato all'autorevole Bbc. Niente di nuovo, dunque, sul fronte afgano. La guerra continua e la fine non fa nemmeno capolino.