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1988: un missile americano abbatte un airbus iraniano

di Sergio Romano - 06/01/2010

In un documentario del National Geographic ho visto la ricostruzione dell'abbattimento dell’Airbus 300 iraniano da parte della nave da guerra Usa Vincennes avvenuto il 3 luglio 1988. Nel documentario venivano evocati i madornali errori commessi dall’equipaggio della Vincennes e dal suo comandante: l'aereo veniva dato in fase discendente quando era vero il contrario, gli appelli al velivolo iraniano venivano fatti su frequenze militari quindi non ricevibili dall’Airbus, la nave Usa si trovava 5 km dentro le acque territoriali iraniane. Dopo questo disastro che costò la vita a 290 passeggeri inermi, la Vincennes fece rientro in ottobre al porto di San Diego accolta con tutti gli onori e il capitano Will Rogers e qualche altro ufficiale dopo l'inchiesta furono decorati con medaglie...


P. B.

 

Caro Bonazzoli, Il fatto accadde verso la fine della guerra fra l’Iran e l’Iraq, scoppiata nell’autunno di otto anni prima quando il leader iracheno Saddam Hussein aveva scatenato una offensiva militare contro la Repubblica islamica di Teheran.
Accanto alla guerra terrestre si combatté in quegli anni anche una guerra del petrolio, soprattutto nel Golfo Persico, durante la quale ciascuno dei due Paesi si servì della propria marina per attaccare le petroliere dell’altro e impedirgli di esportare la sua principale risorsa.
Ne fecero le spese naturalmente anche le petroliere registrate negli Stati estranei al conflitto e soprattutto le economie dei Paesi che dipendevano dal greggio del Golfo Persico per una parte delle loro esigenze. I danni maggiori furono sofferti dal Giappone, che riceveva dal Golfo il 70 per cento dei suoi consumi, e dall’Europa occidentale che ne dipendeva per il 50 per cento. Vi furono impegni internazionali per la libera circolazione delle petroliere sottoscritti anche dai combattenti per evitare che la guerra sconvolgesse il mercato mondiale. E vi fu una fase, soprattutto nella seconda metà degli anni Ottanta, in cui le navi da guerra che pattugliavano le acque del Golfo per proteggere le petroliere appartenevano a una decina di Paesi occidentali (fra cui l’Italia) e a otto Paesi regionali.
Gli incidenti, non tutti innocenti, furono numerosi e un cacciatorpediniere americano finì su una mina iraniana. Fu in questo contesto, pieno di attriti e tensioni, che l’USS Vincennes, armata con missili teleguidati, abbatté un Airbus delle linee aeree iraniane in volo da Bandar Abbas a Dubai.
I morti furono 290 fra cui 38 non iraniani e 66 bambini, ma il governo americano rifiutò di ammettere l’errore e sostenne che il Vincennes aveva adottato le misure suggerite dalle circostanze. Si disse più tardi tuttavia, come lei ricorda nella sua lettera, che la nave da guerra americana era nelle acque territoriali iraniane e che il comandante della Vincennes era stato avventato (reckless).
I processi alle intenzioni non mi piacciono, ma è difficili escludere che sul comportamento degli americani pesasse il ricordo dello smacco subito nel novembre del 1979, quando i militanti della rivoluzione islamica avevano preso in ostaggio 66 dipendenti dell’ambasciata degli Stati Uniti a Teheran.
Passata qualche settimana di generali recriminazioni, l’«incidente» dell’Airbus uscì dal campo visivo dell’Occidente.
Rimase fermamente infisso, invece, nella memoria degli iraniani e andò ad allungare la lista degli atti ostili commessi dagli Stati Uniti contro l’Iran, dal colpo di Stato del 1953 agli aiuti che Washington aveva dato a Saddam Hussein durante la guerra irachena contro il loro Paese.