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Il pantano afgano

di mazzetta - 10/01/2010

Dopo oltre otto anni l'invasione dell'Afghanistan, lo stato della missione è, se possibile, peggiore di quella di allora. Otto anni di presenza occidentale e di governo Karzai non hanno lasciato nessuna traccia sullo sviluppo del paese e, soprattutto, non hanno sconfitto i temibili talebani. La mancanza di controllo sul paese è talmente evidente che gli Stati Uniti non hanno, esattamente come non avevano otto anni orsono, che due scelte: il ritiro o l'esclation militare. Obama, che non vuole offrire il fianco alle accuse interne che gli vengono rivolte dai repubblicani, di essere morbido con i nemici dell'America, ha scelto l'opzione dell'escalation militare: così quest'anno in Afghanistan ci saranno più truppe americane di quante ve ne siano in Iraq, supportate da qualche migliaio di soldati di altri paesi e da un numero almeno equivalente di mercenari. Un contingente che sfiora ormai i trecentomila uomini, contro la presenza stimata di un nemico. come i Talebani, che può effettivamente contare su una decina di migliaia di combattenti a cavallo tra Pakistan e Afghanistan.

Del resto, numeri appena inferiori, come quelli in vigore fino ad oggi, non sono riusciti ad assicurare il controllo, nemmeno parziale, del paese e i Talebani hanno già annunciato a loro volta una campagna di rinforzo in Afghanistan. Anche quella talebana è un po' una scelta obbligata, perché dall'altro lato della frontiera l'esercito pachistano ha picchiato duro, costringendo anche i militanti pachistani provenienti dal Kashmir nella zona del North Waziristan, chiudendo così loro la possibilità di operare a Est della linea Durand. Sono movimenti che fanno pensare ad un successo della strategia militare messa a punto negli ultimi anni, che attraverso il cambio del governo in Pakistan avrebbe dato nuovo vigore alla lotta all'estremismo islamico. Stando alle esperienze degli ultimi anni, il progresso non è affatto assicurato; già durante i primi anni dell'occupazione il North Waziristan e le città transfrontaliere erano state riserve sufficienti ad incubare l'infinito ritorno talebano durante i periodi di crisi del movimento.

Dall'altra parte del confine, poi, la situazione si è deteriorata moltissimo. Karzai, un tempo definito “il sindaco di Kabul”, oggi è un leader delegittimato da quelle che l'ONU e la stessa amministrazione americana hanno catalogato come “elezioni-truffa”. Oggi si trova con il Parlamento che gli ha respinto la lista dei ministri, composta per lo più dai signorotti locali e dai signori della guerra che gli hanno permesso la truffa elettorale. Metà del governo è identica al precedente, i ministri hanno quasi tutti fama di corrotti quando non sono addirittura conosciuti per i leggendari saccheggi della ricchezza del paese e delle province che controllano.

Il governo manca quindi di legittimità sia interna che internazionale, ma Karzai non pare preoccuparsene, tanto che ha escluso dal Gabinetto di governo anche il suo rivale, quell'Abullah Abdullah sconfitto al primo turno e che si è rifiutato di correre al secondo turno, che pure si era detto disponibile a un esecutivo di “unità nazionale”, soluzione che anche gli americani vedevano come il minore dei mali. Se il governo civile del paese è allo sbando, lo stato dell'iniziativa militare non è molto migliore. Il patchwork di forze multinazionali pattuglia il paese, ma non lo controlla, le iniziative statunitensi si perdono ai piedi delle montagne, mentre la costituzione dell'esercito afgano arranca tra disertori che raggiungono i talebani con le armi consegnate loro e una truppa lealista che, secondo gli americani è più incline a fumare oppio che a combattere i talebani.