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Come sarebbe avvenuta la più grave perdita della Cia dal 1983

di Christina Lamb e Miles Amoore - 12/01/2010

Fonte: campoantimperialista

 

 

Il 30 dicembre scorso la Cia ha subito in Afghanistan il colpo più duro dell’ultimo quarto di secolo, con l’uccisione di 7 agenti di alto livello nella base di Khost.
Non possiamo sapere se la ricostruzione uscita ieri sul Sunday Times, che pubblichiamo di seguito, sia totalmente attendibile. Di sicuro i due giornalisti che hanno firmato l’articolo (vedi nota) non sono gli ultimi arrivati.
Quel che è certo è il successo segnato dalla Resistenza, che ha dimostrato la sua abilità nel colpire in maniera estremamente precisa e mirata. Ma c’è un altro elemento da sottolineare: la capacità di infiltrazione della guerriglia, che fa il paio con il ripetersi di attacchi a sorpresa contro gli occupanti condotti da membri dell’esercito di Karzai. Potrebbe esserci un segnale più chiaro dell’estensione della resistenza all’occupazione (che è assurdo ridurre ad al-Qaeda, come fanno gli articolisti del Sunday Times) in strati sempre più ampi della società afghana?


L’articolo del Sunday Times

 

Era la settimana dopo Natale, e c’era una serie di Babbi Natale di carta appesi nel piccolo refettorio della base operativa “Chapman”, inviati in Afghanistan dai parenti in America.
Tra gli agenti della CIA in attesa nel freddo del mattino, vi era una madre di tre figli e un padre di altri tre, che avevano dovuto raccontare ai loro cari che non sarebbero stati a casa per Natale.
Questa non era la prima volta dall’11 settembre 2001 che erano rimasti bloccati in una base remota in Afghanistan. Ma stavolta ritenevano che il sacrificio sarebbe valso la pena, perché credevano di stare per ricevere il più grande regalo che si possa immaginare per un agente dell’intelligence americana.

La caccia a Osama Bin Laden aveva ricevuto recentemente un nuovo impulso dal presidente Barack Obama, desideroso di ottenere una qualche vittoria che gli avrebbe permesso di ritirare le truppe dall’Afghanistan.
Ora, otto anni dopo averne perso le tracce tra le montagne di Tora Bora, all’improvviso sembrava che gli operatori dell’intelligence degli Stati Uniti avessero avuto il colpo di fortuna che da tempo si auguravano.
Il vicedirettore della CIA era giunto in aereo da Kabul; il quartier generale della CIA a Langley, in Virginia, era stato allertato e la Casa Bianca era stata avvertita che avrebbe dovuto aspettarsi una chiamata.
La madre di tre figli – il capo dell’agenzia a Chapman – aveva trascorso gli ultimi 14 anni della sua vita sulle tracce di Bin Laden, e questo era il momento che aveva tanto atteso. Inizialmente membro di Alec Station, la squadra della CIA dedicata alla caccia del leader di al-Qaeda, aveva una conoscenza “enciclopedica” di questa organizzazione, secondo i colleghi.

L’uomo che stavano aspettando era un medico trentaduenne, giordano, chiamato Humam Khalil Abu Mulal al-Balawi (vedi foto).
Stava attraversando il confine provenendo dal Pakistan, dove aveva trascorso un anno entrando in stretto contatto con Ayman al-Zawahiri, il vice egiziano di Bin Laden. Quella mattina, mercoledì 30 dicembre, Balawi era stato prelevato al valico di frontiera di Ghulam Khan da un comandante dell’esercito afghano chiamato Arghawan, che era responsabile della sicurezza alla base Chapman. La coppia ha guidato fino al villaggio di Mermandi, nei pressi di Khost, nel sud-est dell’Afghanistan, dove alle 12:30 circa sono stati accolti dall’autista di Arghawan.
L’autista, che ha voluto rimanere anonimo, ha detto al Sunday Times che era stato incaricato una settimana prima dal suo capo di dipingere di rosso la sua Toyota Corolla bianca, di montare dei vetri scuri, e di tenere il cellulare con sé in ogni momento.

“Arghawan mi aspettava in una Corolla bianca, con Balawi sul sedile posteriore”, ha raccontato. L’autista non aveva mai visto prima Balawi, ma ha detto che quest’ultimo “aveva evidentemente la fiducia del mio comandante, Arghawan. I due uomini si conoscevano bene”.
I due sono saliti sull’auto rossa. Arghawan si è posto al sedile di guida e Balawi si è seduto sul sedile posteriore indossando un pattu, o scialle, che gli copriva la testa e la parte superiore del corpo, e un turbante giallo. I suoi occhi erano nascosti da occhiali da sole. L’autista è stato lasciato lì.
E’ stato un viaggio di 40 minuti fino alla base Chapman, un complesso strettamente sorvegliato, ben noto nella zona come una struttura della CIA. La sua principale attività era la raccolta di informazioni per dirigere gli aerei senza pilota contro i Talebani e al-Qaeda al di là del confine, nelle aree tribali del Pakistan.

La base è circondata da un alto muro di fango pattugliato da uomini in borghese della sicurezza afghana armati con AK-47. Ci sono torri fortificate a ogni angolo.
Poi c’è un livello di sicurezza più interno e un secondo muro di fango sormontato da filo spinato. Il terzo cancello viene aperto da soldati americani ed è anch’esso circondato da filo spinato.
Sorprendentemente, in una regione dove è la norma essere sottoposti a controlli per entrare in ogni hotel o edificio pubblico, e dove anche gli amici più stretti del presidente devono passare attraverso sette controlli prima di essere autorizzati ad entrare, il medico non è stato controllato una sola volta.
Una delle guardie di sicurezza della base ha dichiarato: “Sono stato avvertito in anticipo di non controllare o fermare la macchina quando sarebbe arrivata”.

Secondo la guardia, Balawi era già stato alla base in passato. Egli ha sostenuto che prima che il medico raggiungesse il primo cancello, le guardie afghane responsabili della sicurezza perimetrale avevano ricevuto dai soldati americani l’ordine di recarsi nelle loro stanze.
“Non volevano che gli afghani vedessero Balawi”, ha detto. Un veicolo dell’esercito degli Stati Uniti ha poi condotto la macchina attraverso i successivi due cancelli, raggiungendo l’interno della base, per poi fermarsi davanti a un blocco di edifici utilizzati dalla CIA e dall’intelligence militare per interrogare le loro fonti.

Quando Balawi è sceso dalla macchina, sette agenti della CIA e un manipolo di soldati gli si sono riuniti attorno. Secondo la guardia, è stato allora che Balawi ha fatto esplodere la sua bomba, uccidendo otto persone e ferendone sei.
Arghawan, ancora seduto in macchina al posto di guida, era sopravvissuto all’esplosione iniziale, ma un soldato USA gli ha sparato alla testa con la pistola, ritenendo che facesse parte del complotto dinamitardo.
“C’erano un sacco di brandelli umani”, ha detto la guardia. “Le gambe del kamikaze erano tutto ciò che era rimasto di lui. Aveva nascosto la bomba sotto il suo pattu.

Secondo un funzionario dell’intelligence degli Stati Uniti, l’esplosivo era così potente che ha ucciso operatori dell’agenzia che si trovavano fino a 15 metri di distanza. L’esplosione ha fatto volare il turbante dell’attentatore fin sul filo spinato.
In tutto, sette agenti sono morti, la peggiore perdita per la CIA dal 1983, quando un camion bomba uccise otto agenti presso l’ambasciata americana di Beirut.

Gary Berntsen, che ha guidato la squadra della CIA a Tora Bora nella caccia a Bin Laden, ha detto che l’attacco “ha distrutto decenni di esperienza”. Robert Baer, un altro ex agente della CIA, ha definito la perdita come “l’equivalente di un battaglione dell’esercito”.
Anche se l’attacco di Khost è passato in sordina nei media, i quali si sono concentrati sul fallito attentato aereo del giorno di Natale, si tratta della vittoria più importante del gruppo terroristico da quando ha distrutto il World Trade Center di New York.
“Al-Qaeda ha dimostrato di essere in grado di portare a termine sofisticate operazioni clandestine con un elevato grado di dissimulazione”, ha detto Reuel Marc Gerecht, un ex agente della CIA. “Al-Qaeda ha fatto a noi esattamente quello che noi avevamo intenzione di fare a loro”.

Dieci giorni dopo, come mai la CIA sia stata così imprudente è ancora un mistero.
“Posso pensare ad almeno sei regole fondamentali che la CIA non ha rispettato”, ha detto il tenente colonnello Tony Shaffer, un ufficiale della CIA che ha diretto le operazioni in Afghanistan per la Defence Intelligence Agency dell’esercito nel 2003-2004.
«Non si porta mai un informatore in una base – a prescindere da qualsiasi altra cosa, non si vuole che egli venga visto. Non si può essere così ingenui da pensare che i Talebani non stiano guardando chi entra e chi esce. E perché mai sono stati riuniti insieme così tanti [agenti]?”.

Leon Panetta, il direttore della CIA, ha ribadito ieri che i pericoli di rapimento al di fuori della base hanno fatto sì che i suoi agenti non avessero altra scelta che quella di portare gli informatori da loro: “Nel paesaggio brullo di Khost, cose come case ’sicure’ – un elemento base dello spionaggio tradizionale – non sono facilmente reperibili”.
Se è vero che non è facile per gli occidentali muoversi inosservati in Afghanistan, altri vedono questo episodio come parte di un problema più grande. La settimana scorsa il capo dell’intelligence militare americana in Afghanistan ha duramente criticato le spie del suo paese definendole “incapaci” e “sconnesse dalla realtà”.

In un rapporto pubblicato dopo l’attacco da un think tank che si occupa di difesa, il generale Michael Flynn e il suo principale consigliere, il capitano Matt Pottinger, hanno affermato che gli agenti USA sono stati inefficaci perché “ignoranti sull’economia locale e sui proprietari terrieri locali, confusi e incerti su chi siano coloro che hanno il potere e su come potrebbero essere influenzati … e sconnessi dalle persone che sono nella posizione migliore per trovare le risposte”.
La pubblicazione della relazione non è stata una coincidenza, a quanto pare. Importanti fonti militari hanno dichiarato che il Comando Centrale degli Stati Uniti non aveva idea che la CIA avesse portato un agente giordano in Afghanistan, ed era furioso.
“E’ tipico dell’arroganza della CIA, sempre pronta a fare il proprio gioco”, ha detto Shaffer. “Hanno pensato che stavano per ottenere qualcosa di più di tutti gli altri, e che stavano per diventare degli eroi”.

Come i dirottatori suicidi che hanno compiuto gli attentati dell’11 settembre, Balawi era istruito e proveniva da una famiglia che aveva risieduto in tutto il Medio Oriente. Nato in Kuwait da una famiglia giordana della classe media, di origine palestinese, aveva studiato medicina a Istanbul, dove ha incontrato la sua futura moglie, Defne Bayrak. “Abbiamo avuto una vita di routine laggiù; lui non era una persona che usciva spesso”, ha detto lei la settimana scorsa. “Ma io conoscevo le sue inclinazioni”.
Aveva spesso postato opinioni anti-occidentali su siti web estremisti e, quando aveva fatto ritorno in Giordania, gestiva una clinica in un campo profughi palestinese vicino alla città di Zarqa. Nel marzo dello scorso anno era stato arrestato dal GID – l’agenzia di intelligence giordana – che aveva monitorato i suoi post su internet.

Tuttavia, gli agenti che avevano tenuto in custodia Balawi credevano di averlo “trasformato” in una risorsa. In cambio della sua libertà, aveva accettato di lavorare per il GID e gli era stata data una missione della massima delicatezza.
Il suo compito era quello di recarsi in Pakistan e di unirsi ad al-Qaeda, fingendosi un volontario arabo. Una volta infiltrato nella rete terroristica, avrebbe aiutato gli agenti della CIA in Afghanistan a rintracciare i principali leader di al-Qaeda, tra cui Zawahiri.
L’intelligence giordana aveva dei buoni precedenti in questo senso. I loro agenti avevano fornito le informazioni che hanno portato all’uccisione nel 2006 di Abu Musab al-Zarqawi, il leader di al-Qaeda in Iraq.

Balawi apparentemente aveva stretto legami con i membri della cosiddetta rete di Haqqani, gestita da Jalaluddin Haqqani, signore della guerra afghano, e da suo figlio Siraj. Residenti nel Waziristan settentrionale, una delle aree tribali al confine fra Pakistan e Afghanistan, gli Haqqani sono vicini ad al-Qaeda e sono stati uno degli obiettivi principali degli agenti della CIA della base Chapman appena oltre il confine.
Gli agenti avevano usato vari strumenti, fra cui la macchina della verità, per controllare la sincerità di Balawi. Secondo un funzionario della CIA, egli aveva individuato alcuni obiettivi di al-Qaeda, che sono stati attaccati dalle forze americane, ed era “molto ben pagato”.
Egli continuava a postare sul web i suoi punti di vista estremisti e antiamericani, che sembra siano apparsi all’intelligence come una buona copertura. La possibilità che invece queste fossero le sue vere opinioni è stata apparentemente scartata.

Secondo i giordani, nel mese di dicembre Balawi aveva chiesto un incontro urgente con la CIA e con il capitano Sharif Ali bin Zeid, il suo intermediario giordano. Aveva fatto balenare la possibilità di allettanti informazioni, utilizzando un codice prestabilito con il quale affermava di conoscere il luogo dove si trovava Zawahiri.
Era una offerta ritenuta così importante che la sede locale della CIA aveva avvertito alti funzionari del quartier generale dell’agenzia e la Casa Bianca, apparentemente ignorando tutte le norme abituali. Ciò si sarebbe dimostrato fatale.

“Non posso assolutamente immaginare come sia successo”, ha detto Richard Barrett, ex capo dell’antiterrorismo dell’MI6 (l’intelligence militare britannica, N.d.T.), che ora dirige la commissione delle Nazioni Unite che monitora i Talebani e al-Qaeda. “Erano persone sotto grande stress, poi c’è stata tutta l’eccitazione per la possibilità che egli stesse veramente arrivando al loro obiettivo principale”.
Ciò che non è ancora chiaro è se Balawi stesse lavorando per al-Qaeda fin dall’inizio con un piano intenzionale, o se fosse stato ‘convertito’ in Pakistan, come sostengono i giordani.

Ieri, è apparso un video postumo su un canale di notizie in arabo, in cui Balawi compariva accanto a Hakimullah Mehsud, il leader dei Talebani del Pakistan (TTP). La scorsa estate Hakimullah ha preso il posto di Baitullah Mehsud, che era stato ucciso in un attacco americano con aerei senza pilota.
Parlando in arabo e indossando abiti arabi tradizionali, il medico giordano ha detto che tutti i jihadisti devono attaccare obiettivi americani per vendicare l’uccisione del capo dei Talebani pakistani. “Non dimenticheremo mai il sangue del nostro emiro Baitullah Mehsud”, ha detto. “Chiederemo sempre vendetta per lui all’interno dell’America e fuori”. 
È il legame con il Pakistan che probabilmente preoccupa di più gli americani. Il TTP non ha mai effettuato prima d’ora un attacco in Afghanistan, e il video solleva interrogativi circa il coinvolgimento dell’ISI, il servizio di intelligence del Pakistan che ha stretti legami con la rete di Haqqani.
Un funzionario USA ha detto che l’impronta chimica della bomba che ha ucciso i sette agenti della CIA corrisponde al tipo prodotto dai servizi segreti pakistani.

Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti hanno intensificato la pressione sulle autorità pakistane affinché perseguissero gli Haqqani. Ma l’esercito del Pakistan ha rifiutato di obbedire, considerando Haqqani – che aveva lavorato con la CIA negli anni ’80 – come una propria risorsa.
Ciò allarmerà l’America quasi quanto il fatto che i suoi servizi di intelligence sono stati ingannati da un agente di al-Qaeda. La  cooperazione col Pakistan è considerata fondamentale per fare progressi nei confronti del gruppo terroristico e dei Talebani.
Nel frattempo, la sicurezza è stata rafforzata a Chapman. Anche il nuovo capo della sicurezza viene controllato ogni volta che entra nella base. Cani addestrati sono in agguato.
Per la CIA, tuttavia, le precauzioni sono arrivate troppo tardi.


Christina Lamb è corrispondente del Times; ha vinto il Premio Bayeux Calvados  – uno dei premi più prestigiosi a livello mondiale per i corrispondenti di guerra – per i suoi reportage dall’Afghanistan; nel 2007 è stata nominata corrispondente estero dell’anno dalla stampa britannica;
Miles Amoore, anch’egli corrispondente dall’Afghanistan, ha recentemente vinto il Foreign Press Association’s Feature Print Web Award per il suo articolo
Blood brothers scarred by war; ha scritto su tutti i principali giornali britannici.

Articolo originale: How this suicide bomber opened a new front in al-Qaeda’s war


da www.medarabnews.com