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Ucraina, nell'urna c'é Mosca

di Carlo Benedetti - 17/01/2010

 In Ucraina si vota oggi per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. L’atmosfera è più che mai tesa, dal momento che il paese  si trova già da anni al centro di una contesa geopolitica tra la Russia e gli USA che puntano ad  attrarlo nelle proprie sfere d’influenza. Ma vediamo da vicino i personaggi che aspirano alla vittoria. In primo luogo c’è il presidente uscente, Viktor Jushchenko, (classe 1950) che è presidente dal 2004 e che si è sempre battuto per l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e nell’Unione Europea. E’ stato il principale animatore di quella “Rivoluzione arancione” sponsorizzata dagli americani e dal grande capitale occidentale. La sua politica è stata quindi fortemente filo-statunitense ed ha creato numerosi problemi con la Russia. Nel 2006 una riforma costituzionale gli ha ridotto i poteri presidenziali e, nello stesso tempo, la sua amministrazione è stata caratterizzata anche dai rapporti tesi coi suoi primi ministri.

Nella scuderia dei candidati c’è poi Viktor Janukovic (classe 1950) capo del Partito delle regioni (Pr) e leader dell’opposizione. E’ lui che conta sulle aspirazioni filorusse di gran parte della popolazione ucraina e che trova, di conseguenza, forti appoggi nel Cremlino moscovita. Ma nello stesso tempo non disdegna il sostegno (economico) di Rinat Achmetov, l’uomo più ricco del paese. Janukovic si fa vanto delle sue posizioni filo-russe ed ha recentemente confermato il suo “no” alla NATO. Come quasi tutti i maggiori candidati si è invece dichiarato favorevole all’ingresso dell’Ucraina nell’UE, seppure con tempi più “rilassati”.

Pur se molto vicino alla Russia di Putin, ha più volte affermato di voler fare dell’Ucraina uno Stato neutrale, sponsorizzando l’idea di un sistema di difesa collettivo europeo. In politica interna ha promesso un incremento della spesa sociale e delle pensioni, accompagnato da una riforma fiscale e del sistema legale. Si è inoltre impegnato a modernizzare il settore energetico e ad aumentare la produzione domestica di gas naturale. Ha infine proposto il riconoscimento della lingua russa come seconda lingua ufficiale.

Su queste due candidature, che dominano la cordata, pesa il nome della “pasionaria” Julija Timoshenko. Personaggio contraddittorio e misterioso: primo ministro a 49 anni ed esponente di spicco della famosa “rivoluzione” del 2004 che la vide appoggiare il filoccidentalismo di Juscenko. Accusata un tempo di contrabbando di gas e di valuta, ma poi prosciolta. Oggi (a capo del “Blocco” che porta il suo nome) si schiera in funzione anti-Juscenko - con il quale è ai ferri corti - ed incontra, di conseguenza, i favori del  premier russo Vladimir Putin.

Convinta sostenitrice dell’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea, non ha preso invece posizione riguardo un’eventuale adesione alla NATO per non incrinare i rapporti con la Russia, riconoscendo la necessità di dialogare e preferendo demandare la questione ad un referendum popolare. Quanto alle questioni prettamente amministrative, si oppone alla privatizzazione del sistema nazionale di trasporto del gas e ha basato la sua campagna presidenziale su di un ampio programma di riforme economiche, giudiziarie e politiche, per rendere più stabile e governabile il paese, in particolare attraverso una modifica della costituzione in senso meno centralista.

Nazionalista pragmatica (contraria all’idea d’introdurre il russo come seconda lingua ufficiale del paese) e di orientamento filo-occidentale, è accusata dagli occidentalisti più radicali - tra i quali appunto l’ex alleato Juscenko - di svendersi alla Russia, mentre i suoi diretti avversari la accusano di arrivismo. A questi tre candidati di spicco vanno aggiunti altri 15 nomi, che rappresentano varie organizzazioni minoritarie. Tutti, comunque, promettono promettono riforme fiscali con tagli delle tasse, innalzamento delle pensioni, investimenti, modernizzazioni, senza però alcuna effettiva copertura finanziaria. Allo stesso modo quasi tutti, con la sola eccezione del comunista Symonenko, si dichiarano favorevoli ad un’intensificazione dei rapporti con l’UE in vista di un futuro ingresso nell’Unione.

Previsioni? A Kiev gli ambienti degli osservatori e delle diplomazie occidentali danno per scontata la vittoria di Janukovic, ma non si esclude un testa-a-testa. Una situazione che rispecchierebbe la realtà geopolitica di un’Ucraina divisa tra la parte occidentale e centrale - incentrata su Lviv e Kiev, che guarda verso l’Ue e gli Usa - e la parte orientale e meridionale - gravitante su Kharkiv e Donetsk, dove prevale la lingua russa - e che è orientata verso Mosca.

E’ quindi probabile che stasera non vi sarà un vincitore e che sarà necessario il ballottaggio, già previsto per il 7 febbraio. La situazione é che mai indecisa. E se dalle urne uscirà confermato questo stato di tensione e di instabilità vorrà dire che non solo l’Ucraina, ma tutta l’Europa dell’Est (Mosca in particolare) si troverà a fare i conti con una nuova rivoluzione ucraina. Torneranno sul tappeto le questioni legate alle forniture di gas e i temi della divisione della flotta del Mare Nero. Per non parlare della nota questione della Crimea, contesa tra Mosca e Kiev.