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Haiti e le Generosità Fallaci

di Pino Cabras - 17/01/2010

 

 

Ci scrive un lettore, Sergio, che ci chiede di commentare il fatto che gli USA sono sempre i primi a mandare aiuti umanitari, anche stavolta ad Haiti, e ci chiede anche di commentare la sua affermazione secondo cui i paesi islamici avrebbero il braccino corto e non si impegnerebbero mai ad aiutare altri paesi. Proveremo a spiegargli che il suo problema non siamo noi, ma i libri di Oriana Fallaci nel suo comodino. Seguiteci.

 

Leggiamo un po’ cosa ci scrive esattamente il lettore:

Salve, visto che spesso e volentieri vi scagliate contro gli Stati Uniti, i paesi occidentali ed il presunto tentativo ricorrente di instaurare un nuovo ordine mondiale, mi piacerebbe sentire un vostro commento sul fatto che sono sempre i primi nel mandare aiuti umanitari, come sta avvenendo per Haiti. Mi piacerebbe anche un vostro commento sul fatto che, a mia memoria, non mi risulta che nessun paese mussulmano si sia mai impegnato per lo stesso scopo ed abbia mai speso un centesimo in aiuti umanitari nel mondo. Grazie,

Sergio.

 

 

Bene, Sergio.

Il suo esordio dimostra che lei ci legge con un pesante pregiudizio di fondo, di quelli che - quando uno ne è affetto - non fanno capire una mazza di ciò che si legge.

Innanzitutto, noi non ci scagliamo contro gli Stati Uniti. Né ci scagliamo contro i paesi occidentali. Altrimenti sarebbe come dire che ci scagliamo contro noi stessi. Ospitiamo infatti articoli e interventi in stragrande maggioranza di autori occidentali, molto spesso statunitensi.

Cos'è la critica che facciamo al sistema della comunicazione e alle classi dirigenti di cui esso è espressione?

È critica al potere, ossia giornalismo, non propaganda, né fumo ideologico.

Critichiamo le sedi in cui c’è più potere, e che hanno perciò più diretta responsabilità per quanto accade nel mondo. La classe dirigente che ha una vocazione imperiale globale è un’élite transnazionale che tende a distinguersi dalle «nazioni» e non calca l’appartenenza a una comunità nazionale. Tuttavia teorizza la ‘Leadership Americana’.

Un inquilino della Casa Bianca rispetto a un altro può rimarcare di più o di meno la voglia di essere l'unico polo del mondo, ma il cumulo di potere più grande sta comunque lì, negli States. Inevitabile che molta opposizione s'indirizzi di conseguenza verso quella direzione, anche da dentro il perimetro occidentale, dove ci troviamo.

L’ex Segretario di Stato statunitense Madeleine Albright ha coniato una definizione del ruolo del suo paese che considero calzante: «noi siamo la nazione indispensabile». Occorrono gli USA per risolvere i principali problemi del mondo. Non si può porre rimedio neanche agli errori degli Stati Uniti senza gli Stati Uniti. Cosa succede se gli Stati Uniti non sanno fare questa riparazione? È una domanda fondamentale, oggi più che mai.

La preoccupazione che dovrebbe interrogare ognuno degli abitanti del pianeta parla di questo. Il baratro finanziario, militare, ambientale e morale di cui gli USA sono l'epicentro rischia di travolgere tutti, a causa dei limiti terribili di quella classe dirigente così potente. La fine di un impero non è mai indolore. Oggi è in gioco la sopravvivenza di ognuno di noi, perciò c'è da essere molto inquieti. Un loro fallimento trascinerebbe tutti. Ma anche far sopravvivere l'Impero con la guerra sarebbe una via senza uscita.

Io non so se lei ha sul comodino i libri diella quondam Oriana Fallaci, se li ha letti, o se ha semplicemente respirato questa pesante atmosfera di razzismo da “scontro di civiltà” che ha avvelenato i media nell’ultimo decennio. Di certo lei è un conformista, le sta bene questa grande “idea ricevuta”, questa invenzione ideologica, la “falsa coscienza” di un’identità occidentale giudaico-cristiana spontaneamente votata a opporsi all’Islam nel suo insieme. E quindi non sa e non vuole distinguere le sfumature necessarie della politica.

Ergo, lei si beve ogni fesseria dei media legati al potere, la loro cronaca che cancella la storia, fino a pronunciare un autentico sproposito quando dice che addirittura le «risulta» che i paesi islamici non abbiano «mai speso un centesimo in aiuti umanitari nel mondo». Lei lo sa che l'Arabia Saudita è fra i maggiori donatori per gli aiuti allo sviluppo, sia in termini di volume degli aiuti sia in proporzione al proprio PIL? In valori assoluti è stata per anni addirittura al secondo posto rispetto alla prima potenza mondiale. Non abbiamo nessuna simpatia per la monarchia saudita, ma - rispetto alle percentuali micragnose che l'Italia investe nella cooperazione con i paesi poveri - un italiano come lei dovrebbe riflettere un po' prima di spararle così grosse. I paesi OCSE dedicano in media lo 0,4% del loro PIL alla cooperazione. Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar il 5% (cinque per cento!) del PIL. Gli USA lo 0,25%.

Allora Sergio, chi è accecato dall'ideologia?

Si può obiettare che i sauditi utilizzino gli aiuti per scopi politici, e che li indirizzino per egemonizzare la Umma musulmana. Vero. Ma anche gli aiuti esteri statunitensi seguono vie politiche: il paese di gran lunga più aiutato ogni anno con assegni da miliardi di dollari è Israele, non proprio il più bisognoso.

Ma veniamo ad Haiti. Per rimediare alla sua madornale ingenuità sulle vicende di Haiti le potrei proporre un articolo fresco di pubblicazione, scritto da Miguel Martinez, un italiano che conosce bene la situazione del Centroamerica, e non solo perché è di madre statunitense e padre messicano. Lo legga attentamente, e potrà inquadrare la solerzia degli aiuti di emergenza di oggi nell'ambito della storia di quel paese.

Scoprirà che Haiti è così povera proprio perché gli USA le hanno imposto un'economia coloniale che ha azzerato tutti i precedenti rapporti sociali. E questa imposizione è avvenuta sia con l'occupazione militare del paese per decenni, sia per il tramite di una dinastia di dittatori fra i più sanguinari dell'emisfero, i Duvalier. È da un secolo che quella è la periferia più sfigata dell'Impero, sotto la diretta responsabilità dell'Impero stesso. La Cronaca cancella la Storia? E' antiamericanismo tutto questo? Anche quando lo leggiamo da Martinez, o dallo statunitense Chomsky, o sulle pagine di «The Nation» nelle inchieste di Naomi Klein?

Vediamo migliaia di Marines che prendono possesso di Haiti Ground Zero. Ci auguriamo che riescano a dare sollievo alla popolazione colpita dal terremoto, ci mancherebbe.

Ho l'impressione però che nessun intervento umanitario potrà bastare per chi, come lei, fa ragionamenti così Fallaci.