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Zakaria e l'iperinflazione

di Mauro Tozzato - 18/01/2010


In un articolo tratto da Newsweek e apparso, tradotto, nel sito www.loccidentale.it (in data
05.01.2010), Fareed Zakaria scrive:
<<L’attuale sistema economico internazionale è di gran lunga molto più resistente di quanto
pensiamo. Il mondo oggi è caratterizzato da tre grandi forze propulsive della stabilità, aventi
una natura storica ed in grado di rafforzarsi vicendevolmente. La prima è la diffusione della
pace tra le grandi potenze. Dalla fine della Guerra fredda, le maggiori potenze del pianeta
non si sono sfidate l’un l’altra in termini geomilitari. Vi sono state tensioni politiche, ma il
mondo oggi, se misurato secondo standard storici, è incredibilmente libero da attriti tra le
nazioni più potenti. Questa carenza di conflitti è cosa estremamente rara nel corso della
Storia. C’è bisogno di tornare indietro nel tempo di almeno 175 anni, se non 400, per
incontrare un’epoca come quella che stiamo vivendo oggigiorno. Il numero di persone morte
a causa di guerre, conflitti civili e terrorismo negli ultimi 30 anni è sceso drasticamente
(malgrado ciò che si possa pensare sulla base di paure enfatizzate che riguardano il
terrorismo). Tre decenni orsono, l’Unione Sovietica stava ancora sponsorizzando milizie,
governi e guerriglie in dozzine di Stati in giro per il mondo. Gli Stati Uniti, dal canto loro,
sostenevano lo schieramento opposto in ognuno di questi Paesi. Le guerre per procura
hanno provocato instabilità e devastanti carneficine: teniamo a mente che durante gli anni
Settanta, nella sola Indocina le vittime furono 3 milioni. Oggi non accade nulla di tutto questo.
L’accademico di Harvard Joseph Nye ha scritto che la pace è come l’ossigeno: quando non
ce l’hai, pensi solo a quello, ma quando ne sei provvisto non apprezzi la fortuna data dal
respirarlo. La pace permette la possibilità di un avere una vita economica ed un commercio
stabili; la pace scaturita dalla fine della Guerra fredda ha provocato un effetto ben maggiore
poiché è stata accompagnata dal discredito del socialismo. Il mondo era rimasto con una sola
superpotenza, ma anche con un singolo modello economico attuabile – il capitalismo –
sebbene declinato nelle sue molteplici forme, dalla Svezia ad Hong Kong. Questo consenso
ha permesso l’espansione dell’economia globale; ha creato per la prima volta un unico
sistema economico, al quale partecipa la quasi totalità degli Stati. Ciò significa che ogni
nazione è protagonista nello stesso sistema. Oggi, mentre i Paesi dell’Europa dell’Est si
scontrano con la crisi economica, nessuno suggerisce che abbandonino il libero mercato e
ritornino al comunismo. In realtà, in giro per il mondo si assiste all’effetto opposto: anche nel
bel mezzo della crisi si sono registrati sparuti appelli elettorali di successo auspicanti una
svolta socialista o un rigetto dell’attuale sistema economico. Al contrario, i partiti di centrodestra
hanno veleggiato nel consenso alle recenti elezioni in tutto l’Occidente.
Il secondo propulsore della stabilità è la vittoria – dopo una lotta durata decenni – sul cancro
dell’inflazione. Trentacinque anni fa, la maggior parte del pianeta subiva la piaga
dell’inflazione, con profonde conseguenze politiche e sociali. Un alto livello di inflazione può
essere molto più dannoso di una recessione, poiché mentre la recessione ti priva di un lavoro
e di un salario migliore di quelli che avresti potuto ottenere in futuro, l’inflazione ti spoglia di
quello che hai adesso, erodendo i tuoi risparmi. Negli anni Settanta, l’iperinflazione ha portato
alla distruzione della classe media di molti Paesi, la causa sottostante a molti dei drammi
politici vissuti nell’America Latina ferita dai colpi di Stato; alla sospensione della democrazia
in India; alla deposizione dello Scià in Iran. Poi, nel 1979 il vento inizia a mutare allorché Paul
Volcker diventa Governatore della FED e dichiara guerra all’inflazione. Nell’arco di due
decenni, le Banche centrali sono riuscite a domare la bestia. Allo stato attuale, solo uno Stato
soffre di iperinflazione: lo Zimbabwe. Un basso tasso inflattivo permette alla popolazione, alle
imprese, ai governi di pianificare il futuro, una precondizione fondamentale per la stabilità. La
stabilità politica e quella economica si sono rafforzate l’un l’altra.
La terza forza alla base della solidità del sistema internazionale è l’integrazione tecnologica.
La globalizzazione è sempre esistita nel mondo moderno, nondimeno fino a non molto tempo
fa i suoi confini erano limitati al commercio: le nazioni producevano beni e li vendevano oltre
confine. Oggi, la rivoluzione informatica ha forgiato un sistema globale di gran lunga più
integrato. Un manager in Arkansas può lavorare con dei fornitori a Pechino in tempo reale. La
produzione di quasi ogni prodotto manifatturiero complesso coinvolge risorse provenienti da
una dozzina di Paesi, convogliate in una precisa catena di montaggio globale. E le
conseguenze dell’integrazione tecnologica vanno ben oltre la sfera economica. Le donne dei
villaggi indiani, mediante la televisione via satellite, hanno appreso dell’indipendenza delle
donne in Paesi più all’avanguardia. Cittadini iraniani hanno usato internet e telefoni cellulari
per connettersi con chi li sostiene al di fuori dei confini nazionali.
Oggi, la globalizzazione è principalmente la diffusione della conoscenza a livello planetario.
Questa diffusione potrebbe essere in realtà il cardine della stabilità nell’attuale sistema.>>
Ad ogni modo riguardo a quella “pace” a cui fa riferimento Zakaria - da lui sottovalutata
riguardo alle vittime e ai disastri provocati dai conflitti armati “minori” dal 1980 fino a oggi – la
nostra valutazione risulta naturalmente diversa riguardo alle prospettive. Nel nostro blog la
tesi (l’ipotesi) forse maggiormente caldeggiata concerne l’inizio, probabilmente già avvenuto,
di una fase multipolare a livello planetario che nel medio periodo potrebbe evolvere in un vero
e proprio policentrismo. Per quanto riguarda il problema dell’inflazione mi pare utile riportare
dei passi di un intervista a Egon von Greyerz concessa alla MMNews (il 04.10.2009) e
tradotta per www.comedonchisciotte.org da Carlo Pappalardo:
<<Praticamente senza eccezioni, l'iperinflazione è la conseguenza di un collasso monetario,
non della spinta della domanda o di un andamento incontrollabile dei costi.
Prerequisito dell'iperinflazione è una recessione/depressione deflazionaria, o non
inflazionaria, che provochi un grosso deficit pubblico. Per finanziare il deficit, il governo
emette titoli di debito. In un primo momento gl'investitori continuano a comprare obbligazioni
pubbliche, soprattutto nel caso degli Stati Uniti (il dollaro è una moneta di riserva). Siamo
nella prima fase del ciclo di emissione di cartamoneta. Successivamente gl'investitori stranieri
smettono di comprare obbligazioni, e il governo deve riacquistare i suoi stessi titoli di debito.
Siamo nella seconda fase del ciclo di emissione di cartamoneta, quella dell' "alleggerimento
quantitativo" (un divertente nonsenso per indicare questa operazione). Quando l'accrescersi
del deficit accelera l'emissione di moneta, gli stranieri non comprano più carta straccia priva di
valore e la valuta comincia a svalutarsi. Si arriva così a un circolo vizioso di perdita di valore
della valuta, maggiore emissione monetaria, inflazione e, per finire, iperinflazione. Mi rendo
conto di star semplificando il succedersi dei fatti che portano all'iperinflazione, ma ritengo
necessario spiegare le cose in modo tale da permettere al maggior numero possibile di
persone di capire il meccanismo. Per come la vedo io, l'alleggerimento quantitativo accelererà
sia nel Regno Unito che negli USA. In entrambi i paesi la disoccupazione reale sta
crescendo: negli Stati Uniti supera il 20% (parliamo di 30 milioni di persone, il che, se si tiene
conto delle persone a carico, significa che oltre 100 milioni di americani subiscono le
conseguenze della disoccupazione), mentre nel Regno Unito raggiunge il 17%, cioè
6.400.000 individui (circa 20 milioni, tenendo conto delle persone a carico). In altri termini, nei
due paesi quasi un terzo della popolazione soffre le conseguenze della disoccupazione, e la
cifra aumenta giorno dopo giorno; siamo in una situazione insostenibile.
Il prossimo settore che, quest'autunno, imporrà una maggiore emissione monetaria è quello
finanziario. Negli ultimi 12-18 mesi non è stato risolto un solo dei tanti problemi che affliggono
le banche e il mondo finanziario; sono stati semplicemente nascosti sotto il tappeto. La
situazione debitoria è ancora critica: buona parte dei derivati (1 quadrilione di dollari) sono
privi di valore: la cifra di 500 trilioni resa nota dalla BRI (Banca dei regolamenti internazionali)
è un semplice "abbellimento" per mascherare la realtà. Le ipoteche Option A e Alt A
costituiscono, almeno negli USA, altri settori a rischio, potenzialmente più pericolosi dei
subprime. E poi abbiamo i fabbricati commerciali, il credito personale, i finanziamenti auto, e
così via: in massima parte sono stati acquistati nell'epoca d'oro e non c'è alcuna speranza
che possano essere ora rimborsati.
Sono fermamente convinto che quest'autunno dollaro USA e sterlina inglese perderanno
valore; è l'inizio della fase d'iperinflazione che si propagherà poi in molti paesi.>>
Zakaria è un intellettuale di punta dell’establishment a guida statunitense, ma non bisogna
pensare che il suo “ottimismo” dipenda solo da questo; le tesi da lui avanzate e altre similari
sono piuttosto diffuse anche nel nostro paese. Per quanto riguarda l’iperinflazione e la tesi
che l’”accoppiamento” sempre maggiore tra mercati valutari e finanziari possa produrre effetti
catastrofici, essa mantiene sempre un alto numero di sostenitori anche se alla fine sono molti
quelli che sperano, comunque, negli investimenti diretti e nell’acquisto di titoli del Tesoro in
direzione USA ad opera, principalmente, di India, Cina e Brasile.
17.01.2010