Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Liberisti con i soldi pubblici

Liberisti con i soldi pubblici

di Filippo Ghira - 19/01/2010

     
 

Il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss Kahn (nella foto), fedele alla sua impostazione ultraliberista ha chiesto ai governi dei Paesi cosiddetti “sviluppati” di mantenere gli aiuti di Stato all’economia. L’affermazione del tecnocrate non è in contrasto con il suo credo, anzi, se solo si tiene conto che di tali aiuti, oltre alla grande industria, hanno beneficiato le grandi banche d’affari che avevano massicciamente speculato sui derivati e su altri titoli spazzatura. Banche che non possono correre il rischio di fallire perché il Libero Mercato perderebbe molti dei suoi principali attori che tali sono perché nessun governo gli impedisce di fare i propri comodi e le proprie speculazioni, anche se queste hanno conseguenze pesantissime per le singole economie nazionali e per i cittadini. L’unico grande banca d’investimento che ci ha rimesso, fallendo, è stata negli Stati Uniti la Lehman Brothers ma la sua posizione era così indifendibile che nemmeno Barack Obama, anche lui al soldo degli speculatori come il suo degno predecessore George W. Bush, ha potuto fare nulla per salvarla, abbandonandola al suo destino.
L’ex socialista francese Strauss Kahn, per cercare di essere coerente, ed un minimo elegante, ha usato il termine “stimoli”, volendo intendere che tali aiuti finanziari sono serviti e continuano a servire per immettere liquidità nel sistema e per sostenere di conseguenza la domanda globale che a causa della crisi si era ridotta ai minimi termini. Ma se si tiene conto che i segnali di una ripresa sono tuttora troppo timidi, la sua conclusione è che gli aiuti di Stato vanno mantenuti e che l’avvio del processo per mettergli la parola fine (la cosiddetta “exit strategy”) deve essere posticipato ad una data ancora indefinita, ma evidentemente molto lontana. Gli stimoli sono ancora indispensabili, ha ammonito il tecnocrate, perché, se venissero abbandonati, i Paesi sviluppati potrebbero ricadere nella recessione. Si deve essere cauti perché la ripresa è stata lenta e resta fragile e perché l'economia europea non poggia ancora su basi solide. Tale politiche di sostegno, le uniche in grado di sostenere la crescita, potranno essere abbandonate, ha insistito, quando saremo di fronte ad una ripresa della domanda privata di beni e servizi e ad una ripresa dell'occupazione. Certo, ha concesso Strauss Kahn, i tempi tecnici di avvio della “exit strategy” dovranno tenere conto della situazione specifica di ogni Paese. Il Fondo monetario, al contrario di quanto fa con i Paesi del cosiddetto Terzo Mondo, “beneficiari” dei suoi aiuti, non pretende infatti che le politiche dei governi si svolgano in maniera omogenea ma non vuole che si smetta di sostenere le banche e gli speculatori.
Se il Fondo monetario, per bocca del suo capo, ammette che ci vorranno mesi o anni per vedere una ripresa dell’economia globale, è appena il caso di ricordare che nell’ottobre dello scorso anno, Strauss Kahn e i suoi collaboratori prevedevano invece per il 2010 una crescita mondiale del 3,1%. Della serie: la coerenza e la percezione della realtà non sono di casa al Fondo monetario. Si deve infatti tenere presente che in questi tre mesi non si sono verificati fatti tali da suscitare toni allarmistici e obbligare a cambiare idea all’organizzazione mondialista di Washington. Ma certo la situazione resta grave per i conti pubblici degli Stati, sia per il minore introito in termini di tasse e di contributi sociali, sia per gli esborsi di soldi versati agli speculatori. Proprio quelli che dovrebbero essere confermati. Il liberismo al quale il Fondo monetario vincola gli aiuti ai Paesi poveri, viene invece messo da parte nel caso delle economie più avanzate nelle quali la questione principale non è la salute del Mercato ma sembra invece essere la tutela dei gruppi che sul Mercato fanno il bello e il cattivo tempo. Il che la dice lunga sul ruolo che il Fmi è chiamato a svolgere come strumento principe per imporre ai Paesi più poveri politiche economiche all’insegna delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni che finiscono per consegnare il controllo della ricchezza economica nazionale alla voracità delle grandi banche e delle multinazionali, nonché delle oligarchie locali.