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Per Atene è l'anno più duro dal dopoguerra

di Pavlos Nerantzis - 19/01/2010

  
 
Oggi l'Ecofin per esaminare il piano di risanamento dei conti pubblici del governo socialista. Il paese a rischio crack

Tagli alla spesa e più tasse, per Atene è l'anno più duro dal dopoguerra

Secondo il premier greco Jorgos Papandreou lo stato delle finanze pubbliche «oltrepassa ogni immaginazione». Alla fine del 2009 il deficit è arrivato al 12,7% del prodotto interno lordo (pil), mentre il governo precedente aveva parlato di un 3,7%. Il debito pubblico è salito al 113,4% del pil. Inoltre, secondo un rapporto della Commissione europea i dati finanziari forniti in passato dalla Grecia «sono inattendibili», perciò è necessaria «una revisione delle cifre del debito e del deficit per l'anno 2008 e gli anni precedenti».

Il 2010 per la Grecia sarà l'anno più difficile dal dopoguerra. Anche per questo, nonostante le denunce dei comunisti del Kke, non ci sono mobilitazioni (quella dei portuali del Pireo passato ai cinesi e degli agricoltori che ieri hanno bloccato mezzo paese rappresentano un'eccezione) e gli industriali hanno accettato di pagare una quota straordinaria sui loro profitti. Ma il premier socialista cammina sul filo di un rasoio. Perché se è vero che deve applicare un piano di risanamento credibile per Bruxelles, sa anche che sempre più greci vivono sotto la soglia della povertà. In Grecia il salario medio è tra i più bassi tra i «27» e il costo della vita, nei centri urbani, è tra i più alti.

Il ministro dell'economia, Jorgos Papacostantinou prevede per l'anno prossimo una stabilizzazione del debito pubblico, che comincerà a ridursi a partire dal 2012, mentre per quanto riguarda il deficit per portarlo sotto il 3% del pil entro il 2012, deve essere tagliato del 4% (8,7% del pil) quest'anno e del 3% nei due anni successivi (2,8% del pil nel 2012). In questo ambito il piano di risanamento prevede la riduzione delle spese statali, un parziale congelamento dei salari con un taglio del 10% degli incentivi, il blocco delle assunzioni escluse quelle nei settori di sanità, istruzione e sicurezza. Papacostantinou non ha escluso ulteriori tagli di spesa e incrementi delle tasse. Inoltre ci sarà una riforma fiscale che a sentire i socialisti, mira a far aumentare le entrate di 2,3 miliardi di euro, «senza colpire le famiglie con reddito basso, seguendo il principio di "chi più ha, più paga" con un'imposta speciale sui latifondi, inclusi quelli della chiesa».

L'evasione è talmente diffusa che secondo le statistiche i lavoratori del settore pubblico risultano i più ricchi, con un reddito medio annuale pari a 16.000 euro, mentre imprenditori, avvocati e medici dichiarano, sempre in media, entrate inferiori a 5.000 euro l'anno. Il piano di stabilizzazione, approvato giovedì scorso dal parlamento e inviato a Bruxelles, sarà esaminato oggi nella riunione dell'Ecofin. La Commissione, secondo fonti Ue, sta preparando una procedura di infrazione per il mancato rispetto delle norme statistiche che sarebbe avviata dopo le nuove raccomandazioni sul deficit eccessivo.

Nonostante sia Papandreou che il presidente della Banca Centrale Europea (Bce), abbiano escluso l'uscita della Grecia dalla zona euro, continuano le reazioni negative. Il peso del pil greco sull'aggregato dell'eurozona «è pari al 2,5-3%, come quello della California all'interno degli Stati Uniti e questo deve essere tenuto bene in considerazione» ha detto Jean-Claude Trichet. Ciò nonostante sul suo sito la Bce scrive che il caso greco potrebbe avere «effetti negativi sulla liquidità disponibile sui mercati internazionali». Dello stesso parere anche il cancelliere tedesco Angela Merkel, la quale, in un forum privato del quotidiano Die Welt ha che «l'esempio greco può metterci sotto grande pressione: chi dirà al parlamento greco di andare avanti e approvare una riforma pensionistica?». Da qui, secondo Merkel, il timore di tempi difficili per la moneta comune.