Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Giordania, è tempo di rinnovabili

Giordania, è tempo di rinnovabili

di Marta Ghezzi - 19/01/2010





Un piano del governo prevede, entro il 2020, di coprire il 29 percento del fabbisogno energetico con le rinnovabili


 

Un milione di alberi in cinque giorni: è questo l'ambizioso traguardo che la Giordania si è posta in occasione dell'Arbor Day 2010. Le celebrazioni per la Giornata Mondiale dell'Albero quest'anno dureranno più del solito nel regno, dal 15 al 20 gennaio, e vedranno impegnati ministri, militari e semplici cittadini, tutti uniti nel nome dell'ambiente e della lotta al cambiamento climatico e alla desertificazione. In un paese dove solo l'1 percento del territorio può dirsi verde, un milione di nuovi alberi messi a dimora può fare la differenza.

Il primo albero della prima edizione giordana dell'Arbor Day venne piantato nella capitale Amman il 15 gennaio del 1939, nel quartiere centrale di Jebel al-Qalaa. Ed è proprio da qui che ha preso il via, lo scorso dicembre, la prima fase del progetto di agricoltura urbana, implementato dalla Municipalità di Amman e finanziato dalla Banca Mondiale. Nel giro di tre anni, circa 10mila dei tetti piatti di Amman verranno piantumati. Le prime cinquanta terrazze sono già state individuate e presto inizieranno sia la posa delle prime zolle erbose, sia i corsi di giardinaggio rivolti ai novelli giardinieri dei tetti. Se da un lato l'idea dell'amministrazione comunale è quella di rendere più verde la città in continua crescita, dall'altro lato il disegno ha una funzione più pratica, cioè quella di garantire alle abitazioni un miglior isolamento termico, sia in estate che in inverno, con conseguente risparmio energetico.
La questione dell'efficienza energetica negli ultimi anni si è posta come primaria nell'agenda della Giordania, ma la mancanza di fondi, assieme allo scarso coordinamento tra i vari attori in campo, non ha portato fino ad ora a grandi risultati. Ad oggi la bilancia energetica del paese dipende ancora grandemente dalle importazioni di petrolio e gas liquido, rispettivamente il 65 e il 32 percento delle risorse consumate, e solo per il 2 percento da fonti rinnovabili, per la maggior parte pannelli solari per il riscaldamento dell'acqua istallati sui tetti di abitazioni private.

Con l'intento di regolamentare l'intero settore e facilitare gli investimenti, anche stranieri, il governo giordano, orfano del parlamento licenziato dal re Abdallah II alla fine del novembre scorso, ha promulgato il 12 gennaio la legge speciale per le energie rinnovabili. La legge prevede la possibilità per le aziende coinvolte nei progetti per l'energia pulita di avere come unico referente commerciale il Ministero per l'Energia Elettrica e le Risorse Minerarie, oltre all'obbligo per la Compagnia Nazionale per l'Energia Elettrica di coprire i costi di allacciamento alla rete elettrica dei nuovi sistemi di produzione ‘verdi' e la possibilità per i privati cittadini che scegliessero il solare o l'eolico di rivendere al fornitore statale l'energia prodotta in eccesso. Grazie ai finanziamenti già stanziati dall'Agenzia Francese per lo Sviluppo, dalla Banca Mondiale e dal Fondo Globale per l'Ambiente, la legge ha dato il via anche alla creazione di una cassa nazionale per l'energia rinnovabile e l'efficienza energetica al fine di incentivare, anche economicamente, i progetti e le iniziative riguardanti il risparmio energetico e le ricerche nel campo delle energie rinnovabili.

Nei piani promossi dal governo di Amman, entro il 2020 il paese dovrebbe essere in grado di coprire il 29 per cento del suo fabbisogno energetico con l'importazione di gas liquido, il 14 per cento con il petrolio sempre di provenienza estera, il 10 per cento con fonti rinnovabili e il 6 per cento con l'energia nucleare prodotta dalle due centrali che dovrebbero sorgere grazie alla partnership con la francese Areva e alle ricchezze minerarie radioattive del sottosuolo giordano (la Giordania possiede infatti circa il 3 per cento della riserva mondiale di fosfati e uranio, giacimenti fino ad ora sotto sfruttati). Sempre entro i prossimi dieci anni, gli impianti eolici, oggi esistenti solo sulla carta, una volta a regime, dovrebbero garantire una produzione media annua di 600MW, e altrettanti dovrebbero provenire dalle centrali fotovoltaiche, anch'esse per il momento solo sulla carta.

L'Italia gioca un ruolo importante nella rivoluzione verde giordana. Con un investimento di 500 milioni di dollari, pari ad un terzo della spesa complessiva, il consorzio formato dall'italiana Solar Ventures e dalla giordana Kawar Energy partecipa al progetto Shams Ma'an (il sole di Ma'an): un immenso parco fotovoltaico che sorgerà nel governatorato di Ma'an, nel sud del paese, in pieno deserto, su di un'area di 2 chilometri quadrati. Grazie ai suoi 360 giorni di sole all'anno e all'assenza di sabbia silicica che rovinerebbe i 360mila pannelli, Ma'an si è rivelata essere il posto ideale per l'istallazione della nuova cittadella dell'energia pulita. La Ma'an Development Area è destinata infatti a diventare il fiore all'occhiello della Giordania: a 200 chilometri dalla capitale Amman e a 125 dal confine saudita, con un polo universitario di primaria importanza per il paese, non solo diventerà il primo polo per la produzione energetica del paese, con allo studio l'istallazione di tre diverse centrali fotovoltaiche, ma anche il primo polo industriale e residenziale e un'importante oasi per i pellegrini provenienti e diretti alla Mecca.