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La perdita dei sensi. La voce perdurante di Ivan Illich

di Andrea Sciffo - 20/01/2010

 

 Ogni tanto, anche se auspicabilmente non troppo spesso, siamo presi da smarrimento nei luoghi della nostra società, e veniamo assaliti da vertigini non solo dentro gli interni affollatissimi ma “disanimati” dei recenti templi del consumo (centri commerciali o outlet, cinema multisala, code automobilistiche), ma anche nelle rarissime pause di quiete. A questa sperdutezza, che è sempre un segno di salute superstite in noi, l’io può rispondere in vario modo: di solito, reagisce con l’anticorpo razionalista del “non pensarci su” e dunque rinviando la resa dei conti con il senso del presente in cui siamo posti a vivere. Ha inizio così, in modo subdolo, la malattia spirituale-corporale che Ivan Illich descrive indirettamente nel suo libro postumo “La perdita dei sensi” (Libreria Editrice Fiorentina, 2009; traduzione e curatela di Giannozzo Pucci). È impossibile in poche righe indicare per quali motivi questo sia un libro fondamentale e imperdibile; basta aggiungere che il mio consiglio consiste nel suggerire di uscire di casa e andarselo a comprare. La lettura susseguente diventa una ininterrotta conquista culturale espirituale (ambivalente, cioè con doppio valore pratico e teorico, dato che il suo autore ha vissuto sino in fondo le conseguenze della vocazione di sacerdote cattolico nel Novecento…), e permette di cercare di capire e tentare di comprendere il proprio tempo: un’azione pericolosissima per quanti la vogliano intraprendere, perché come avveniva per gli antichi pellegrini e/o cavalieri erranti, l’azione implica un rischio senza garanzie né assicurazioni. Illich tratta di: le origini cristiane della società del Welfare, e loro pervertimento; l’educazione “obbligatoria” ed emarginazione; la colonna sonora del ‘900 tra campane, altoparlanti e minareti; un omaggio all’amico genio Jacques Ellul; la necessità di educare e sorvegliare il proprio sguardo nell’epoca dei MassMedia; liberazione dall’invasione medicale nell’epoca dei ministeri della Sanità; la difficoltà di morire nel 1995 alle soglie della società a-mortale. Le ultime venti pagine del saggio (da pag.315 a 335) donano un nutrimento tale da spingere alla commozione e alle lacrime (forse di gioia).Così Ivan Illich stesso scriveva nella Introduzione: “Valentina Borremans ha riunito in questo volume dei testi coi quali mi batto per una rinascita delle pratiche ascetiche, allo scopo di mantenere vivi i nostri sensi, nelle terre devastate dallo “show”, in mezzo a informazioni schiaccianti, a consigli perpetui, alla diagnosi intensiva, alla gestione terapeutica, all’invasione dei consiglieri, alle cure terminali, alla velocità che toglie il respiro. Ho scritto questi saggi durante un decennio consacrato alla filia: coltivare il giardino dell’amicizia in mezzo all’Absurdistan in cui ci troviamo e progredire nell’arte di questo giardinaggio con lo studio e la pratica dell’askesis. Per la maggior parte questi testi sono nati dagli appunti di conferenze fatte come risposta a una domanda o in onore di un amico».   Ivan Illich apparteneva alla generazione delusa dei giovani europei nati tra il 1925 e il 1932: troppo giovani per partecipare al vecchio mondo d’Anteguerra, troppo vecchi per godere spensierati della Ricostruzione. Ho conosciuto da vicino e con affetto due uomini di quelle annate, e ne ho ricevuto il lascito di geniale tristezza, paura impavida, necessità di completare qui o altrove la propria forma; entrambi sono morti all’improvviso mentre tutti noi ne immaginavamo una vecchiaia più lunga anche se non aitante e sana. Anche Illich morì all’improvviso, si direbbe “senza preavviso”, al proprio tavolo di lavoro, durante la notte, reclinando il capo sul foglio; e non a causa delle patologie che già lo affliggevano. Era il 2 dicembre del 2002 e per l’emblematicità della data e del modo di andarsene, non possiamo non ritenere questa sua morte un segnale.Io non ho nessun dubbio che la potenza della verità possa, anche oggi e malgrado tutto, raggiungere il centro dell’animo degli uomini, che è una delle sue tante destinazioni naturali; mi è capitato infatti di veder agire la forza verdeggiante della “vita della vita” quando casualmente mio figlio di cinque anni si è imbattuto in un DVD dedicato alla biografia di Karol Wojtyła/papa Giovanni Paolo II. Le immagini, com’è noto, hanno tanti poteri supplenti della realtà reale (per questo i progetti di società totalitarie sono Iconolatri e Iconoclasti nel medesimo tempo).  Però sento con altrettanta forza che gli ostacoli intorno al fulcro dell’io/anima-corporale crescono paurosamente e in molti casi hanno finito per rendere ottuse migliaia di esistenze. Senza rimedio. Individui che ci attorniano nel mondo contemporaneo, apparentemente in vita, ma che secondo l’intuizione poetica di Dante o di Gogo’l, sono cadaveri ambulanti ossia Anime Morte. Hanno, illicianamente, “perso i sensi”. Questo enorme accumularsi di corpi, nascenti a miliardi sul pianeta, desiderosi di felicità e soddisfazione, affamati di tutto (e che in tutto e per tutto la Terra potrebbe sostentare se smettessero di vivere in modo disumano o inumano) a cui si impedisce sistematicamente di fare esperienza del mondo e dunque di incontrarne il senso… Ecco la scena di un inferno che ha qui e ora la sua anticamera.E non è affatto vero che “non esista via d’uscita” cioè che la situazione sia disperata poiché ha oltrepassato il punto di non-ritorno! L’opera scritta e orale di Ivan Illich va ad aggiungersi al tesoro della nutrita famiglia di quegli uomini che hanno scoperto i Rimedi per uscire dal disastro attuale; perché una soluzione (o più soluzioni) esistono per risolvere immediatamente la metà delle violenze che dilagano nei Cinque Continenti assieme alla mentalità dominante che le precede e le giustifica: basterebbe volerlo. E all’altra metà degli orrori si potrà rimediare in tempi brevi o medi, basta volerlo.Evidentemente, questo libro illiciano è un manuale teorico-pratico per una rivoluzione che attende di essere compiuta. Un antidoto all’anestesia (cioè, la perdita artificialmente causata dei sensi) che è programma implicito e involontario delle civiltà del XXI secolo entrante. Impastata nella carta ecosostenibile su cui è stampato (©1996 Forest Stewardship Council A.C.) questo stupendo libro, la voce di Ivan Illich è come un discorso perdurante, che chiama: la linea delle sue idee si offre generosa agli occhi di noi adulti che vogliamo sottrarci alla meccanizzazione e non accettiamo come un fatto scontato la trasformazione delle cose vere in oggetti artificiali. A quando il passaggio all’azione? La perdita dei sensi.La voce perdurante di Ivan Illich (Libreria Editrice Fiorentina, 2009; pp.335 €18)