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Un bel ritardo nello svegliarsi.

di Gianfranco La Grassa - 24/01/2010

Dopo poco meno di un ventennio, sembra che qualcuno cominci a ricordare qualcosa di “Mani Pulite”, di Craxi (considerato ora la principale vittima di quel fenomeno), ecc. A dir la verità, vengono citati adesso alcuni precisi giudizi dati allora da qualche personaggio (fra i più critici quelli di chi partecipò per qualche tempo a quell’operazione come, ad es., Tiziana Parenti). Personalmente, mi rammento bene che non ebbi molti dubbi sulla sporca manovra in atto e, pur con qualche iniziale titubanza, mi orientai abbastanza bene su chi stava dietro ad essa, a partire da ambienti confindustriali conniventi con altri statunitensi. Mi resi inoltre conto che il processo fu innescato solo quando fu resa storicamente possibile una certa soluzione politica: l’annientamento del precedente regime e l’utilizzazione di sicari sicuri in quanto ricattabili per essere stati salvati dal naufragio del “comunismo”, previo rinnegamento in perfetta mala fede dello stesso.
Tale soluzione dovette aspettare il crollo dei paesi est-europei (1989) e la dissoluzione dell’Urss (1991). Prima, non si sarebbe mai permesso alla magistratura di interferire con i piani di una tutto sommato soddisfacente (per gli Usa) coesione del “campo capitalistico”. Dopo, invece, era proprio necessario che l’operazione fosse giudiziaria, perché “buttarla in politica” era improponibile; si poteva rimproverare apertamente ad Andreotti, Craxi & C. di avere effettuato alcune aperture verso il mondo arabo, e i palestinesi in particolare, e verso est? Di aver addirittura avvertito Gheddafi che gli Usa stavano per bombardarlo al fine di eliminarlo? O di aver inviato finanziamenti all’opposizione cilena in clandestinità dopo il colpo di Stato di Pinochet organizzato in tutto e per tutto, com’è ben noto salvo che ai mentitori e imbroglioni, dagli Usa? Ecc. Sarebbe stata l’ammissione che gli Stati Uniti ci consideravano i loro burattini ed erano scocciati di qualche indisciplina degli stessi. Mentre l’ex Pci non avrebbe potuto più eccepire nulla, una volta vendutosi così vilmente, secondo la “moralità” sbandierata a partire dall’epoca berlingueriana (vero trionfo dell’ipocrisia “cattocomunista”).
Rammento di aver sempre considerato Di Pietro un appartenente ai servizi segreti, infilato in un apparato importante mediante “opportuno” concorso, quale “dormiente” che sarebbe però potuto servire dandosi l’occasione (che infatti si diede). Tuttavia, sono contrario a questo battage su simile individuo. Bisogna smetterla di personalizzare la politica. Di Pietro è un “bruscolino” della Storia; quel che conta è capire – e lo si doveva capire fin dall’inizio – le finalità di quella manovra che distruggeva il senso stesso della lotta politica e ideologica. Invece, le poche voci critiche furono sovrastate dalla canea del “popolo”. In realtà, quest’ultimo era rappresentato solo dalla marmaglia “di sinistra”, dai politici e dagli intellettuali disonesti che avevano perso la loro contorta scommessa pseudorivoluzionaria sessantottesca e settantasettina, ma che si ritrovarono “vincitori” dietro alla Confindustria agnelliana, all’antifascismo “laico” (quello voltagabbana, fascista fino alla sconfitta nella seconda guerra mondiale), a loro volta servi, come dopo il 25 luglio 1943, degli Stati Uniti.
Il “popolo”, nella sua maggioranza, dimostrò da che parte stava nelle elezioni del 1994. Solo si trattava della solita “maggioranza silenziosa”; e fin quando tale resterà – credendo che valga la pena stare in disparte a “pensare alla famiglia”, lasciando campo libero ai chiassosi, livorosi, ambiziosi, sempre pronti a tradire e distruggere ogni ordine pur di prevalere e avere potere – l’Italia continuerà ad essere un paese da quattro soldi, in mano ai furbi e ai lestofanti. Quelli “di professione”, e senz’altro più pericolosi, appartengono alla “sinistra”; dall’altra parte, si trova una quota minoritaria degli stessi “professionisti” del maneggio e della menzogna più un’accozzaglia piuttosto raccogliticcia e facile a sbandarsi.
Il problema non è quello di una o più persone infiltrate nei nostri gangli vitali e di potere. E’ invece politico, poiché un organismo deciso a mantenere una collocazione autonoma, dotato della forza necessaria a sostenere quest’ultima di fronte alle mene di “aspiranti padroni”, riesce a sventare molte manovre aggiranti. Per mezzo secolo, gli Usa sono stati il centro dominante del campo capitalistico in contrasto – in un mondo prevalentemente (non esclusivamente) bipolare – con quello che si pretendeva “socialista” (ed era accettato in questa sua pretesa). E’ del tutto ovvio che, in una situazione del genere, i paesi del campo “occidentale” fossero ampiamente infiltrati da agenti del paese centralmente predominante. Infiltrazione nei “corpi speciali” (servizi segreti come esercito, polizia, ecc.), nelle imprese di maggiori dimensioni (pubbliche e private), nell’amministrazione dello Stato, nelle Università e centri di ricerca, in varie fondazioni “culturali” spesso create a bella posta; insomma in ogni nodo essenziale della nostra struttura politica, amministrativa, istituzionale. Dunque anche nella magistratura, inutile fare gli scandalizzati.
Normalmente, tutto questo apparato di “spioni” serve solo a raccogliere informazioni, a influire il più possibile sulle decisioni di organi sedicenti autonomi. In casi speciali, ove occorra e si diano condizioni favorevoli, gli “infiltrati” si mettono in moto con energia onde rovesciare addirittura certi equilibri (che hanno sempre gradi di instabilità, di “fibrillazione”) a favore di una maggiore dipendenza dal “centro” predominante. Ad es. in Cile (come spesso in paesi sudamericani, asiatici, africani) si mossero generalmente gli “infiltrati” nell’esercito e negli apparati di sicurezza (sedicente tale, evidentemente). In Italia, si è innescato un diverso processo, partendo da fatti di vera o fasulla corruzione (le tangenti sono spesso mediazioni che, in commercio, si chiamano con altro nome, mentre in politica possono essere fatte passare appunto per azioni corruttrici). Ci si è serviti, come “detonatore” del processo, di “pentiti” di mafia (organizzazione già utilizzata dai predominanti statunitensi durante la seconda guerra mondiale, per organizzare l’“incidente” in cui perse la vita Mattei, e chissà quante altre volte anche per favorire la stabilizzazione del regime democristiano, in specie agli inizi). Ciò che in definitiva detonò furono i processi, in cui si fece finta che trionfasse l’azione anticorruzione della “giustizia”. Ed ecco allora entrare in azione chi era infiltrato negli apparati di amministrazione di quest’ultima. Lo ripeto però: ciò avvenne solo quando si crearono le condizioni favorevoli con il crollo del muro e lo spappolamento dell’Urss.
Nessuno lo disse però allora, nemmeno le sedicenti “destre”: An tentò di approfittare della situazione come gli altri partiti, ma fu battuta da chi aveva ben altre possibilità di controllare fette importanti di popolazione inquadrate in organizzazioni sindacali e partitiche con pluridecennale esperienza di controllo delle “masse”, da scagliare in una certa direzione dopo aver abiurato la propria precedente fede ed essersi accordate con ambienti industrial-finanziari asserviti da sempre agli Usa (“i miei interessi di destra sono meglio difesi da forze politiche di sinistra” disse Agnelli, svelando “l’arcano”). Pure la Lega cercò di “inzupparvi il pane” finché non capì che, tutto sommato, si era pronti a mettere sotto processo anche lei per tangenti. Infine, tacque Berlusconi, che pensò a “salvare il culo” e, ancora adesso, non proferisce motto per dire quanto sa di quel periodo al fine di dare un aiutino a coloro che oggi hanno cominciato a parlare, a rivelare (credo però per poco tempo, perché si vedrà presto la riaffermazione della generale complicità “silenziosa”).

Le stesse cose vanno sostenute in merito al giudizio su Craxi. Non ho creduto allora che fosse “un ladrone e un corrotto”. Non ho mai negato che avesse intelligenza politica. Non mi metterò adesso a farne un “santino” o a dichiarare che ero (o sono ora) d’accordo con le sue posizioni politiche; mentirei per opportunismo “di ritorno”. Questo è in realtà il modo più “indolore”, per coloro che accettarono e accettano la subordinazione agli Usa, di continuare a confondere le acque, facendo il bel gesto di riabilitare chi prima si è sputtanato con i metodi più vili, usando il moralismo tipico del “cattocomunista”, di colui che abiura i suoi trascorsi politici e ideali, in questo modo procurandosi le coperture necessarie a nascondere le proprie “tangenti” e, forse, perfino qualcosa di ancor peggiore. Adesso si “scopre” (“l’acqua calda”) che Craxi usò di ingenti finanziamenti per dirigerli a sua volta verso la sinistra cilena in lotta (clandestina) contro Pinochet, verso la polacca Solidarnosc e Walesa, verso certi ambienti palestinesi, ecc.
E’ però ora di affermare pure una banale verità, di cui si evita sempre di parlare. Chi fa politica, ricoprendo importanti posizioni di vertice, deve accantonare rilevanti somme, collocandole in parte all’estero, in luoghi posti al riparo da possibili sequestri. In politica, se si fa quella seria e quindi assai pericolosa, si è esposti al rischio di fallimenti, di creazione di situazioni molto “spiacevoli” per sé. Ci si può rimettere la pelle, e in tal caso le somme accantonate non servono più. Si può essere costretti all’esilio (mi sembra il caso di Craxi) o invece a dispendiose difese (vedi, ad es., Andreotti). In ogni caso, la vita dell’uomo politico importante non ha nulla a che vedere con quella di gente come noi, che non conta proprio nulla. Non ci si mette in salvo in un paese “amico” se non si è dotati di mezzi adeguati ad alimentare tale “amicizia”, che dura fin che dura l’alimentazione. Non si è difesi da “incidenti” dai servizi di sicurezza di detto paese se non con costi elevati. E anche se si resta a farsi processare – come esigono i vari forcaioli, moralisti al servizio di qualche gruppo dominante, interno e/o straniero – è egualmente necessario affrontare elevate spese per la propria difesa. Ovviamente, diciamo che vi è bisogno di fondi e, se possibile (ancor meglio), di documenti “interessanti” con cui mettere in guardia gli accusatori (cioè i loro mandanti), in modo che non superino possibilmente certi ben definiti limiti.
 
In questi ultimi tempi, la polemica tra forze (sedicenti) politiche è giunta in Italia ad un livello di bassezza insuperabile con i gossip a luci rosse, ecc. Proprio oggi leggo sui giornali che è in arrivo un’altra marea di simili rivelazioni. E’ ovvio che se la lotta politica scende a tale livello, non vi è proprio alcuna possibilità di risalire ad un minimo di decenza. Tuttavia, si deve dire espressamente che già la lotta politica camuffata da problemi di giustizia, di attacco alla corruzione secondo il moralismo “cattocomunista” (lo ribadisco: inaugurato dalla sciagurata e degenerativa segreteria Berlinguer), è espressione di un degrado che, se non curato in tempo, diventa irreversibile; e tale sembra infatti ormai divenuto. Senza l’emergere di una nuova ondata politica, estremamente dura e capace di bonificare al 100% l’esistente palude/fogna, non è nemmeno pensabile una rinascita italiana. Tuttavia, tutti quelli (pochi) che ancora si ricordano che cosa significa fare politica, inquadrando i problemi mediante analisi adeguate a prendere posizioni sensate sui problemi vitali del paese, devono mettersi su questa strada; sia pure, in questo frangente, con motivato pessimismo.
Ricominciamo sempre da capo; è snervante, ma non si deve cedere alla m….. dilagante.