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Haiti e shock economy: fermarli prima che colpiscano di nuovo

di Naomi Klein - 24/01/2010



Come ho scritto nel mio libro Shock Economy le crisi vengono usate come pretesto per imporre politiche che non si potrebbero adottare in condizioni di stabilità. Nei periodi di crisi estrema, le popolazioni aspettano disperatamente aiuti umanitari di qualsiasi tipo, qualsiasi forma di finanziamenti, e non si trovano nella condizione di negoziare i termini di quegli aiuti.

Voglio fare una piccola digressione per citare un documento straordinario, che ho appena pubblicato nel mio website. Il titolo dice: «Haiti: fermarli prima che impongano un'altra volta lo shock». L'informazione è stata presentata poco tempo fa nel web della Heritage Foundation (una fondazione o think-tank dell'élite della classe dominante statunitense che formula le politiche e le ideologie che poi attuano i governi di turno).
«In mezzo alle sofferenze, la crisi di Haiti offre delle opportunità agli Stati uniti. Oltre a fornire aiuti umanitari immediati, la risposta degli Stati uniti al tragico terremoto offre l'opportunità di ristrutturare il governo e l'economia di Haiti, che funzionano male ormai da tempo, oltre che di migliorare l'immagine degli Stati uniti nella regione».

Non so se le cose stanno migliorando, dal momento che la risposta della Heritage Foundation, 13 giorni dopo l'uragano Katrina, fu la presentazione di 32 proposte neo-liberiste per aiutare coloro che erano stati colpiti da quel disastro. Nel nostro web abbiamo pubblicato anche quel documento. Le loro proposte per le vittime di New Orleans consistevano nella chiusura delle case di edilizia pubblica, nella conversione la costa del golfo del Messico in una zona franca e nella eliminazione delle leggi che obbligavano gli imprenditori a pagare un salario minimo ai loro impiegati. Allora, nel caso di Katrina, ci misero 13 giorni per formulare quelle raccomandazioni, ora, nel caso di Haiti, sono bastate 24 ore.

Dico che non so se le cose stanno migliorando perché hanno tolto quel documento dal loro sito dopo poche ore. Quindi, forse, qualcuno li ha infomati che non era il massimo. E al suo posto ne hanno messo un'altro molto più «sensibile». Per fortuna, i corrispondenti di Democracy Now, sono riusciti a scovare il primo documento su Google. Ma quello che hanno visto nel sito è la parte più morbida di «quello che si deve tenere a conto mentre aiutiamo Haiti». Mezzo nascosta si trova l'affermazione che «le riforme necessarie per la democrazia e l'economia haitiane sono già in grave ritardo».
Per noi è necessaria la garanzia che gli aiuti a Haiti assumano la forma di sovvenzioni e non di prestiti. Questo è un punto critico. Si tratta di una popolazione già soffocato dal debito estero. Questo disastro da un lato è naturale - un terremoto - ma da un altro lato è provocato ed è stato peggiorato dall'impoverimento degli haitiani, a cui ha contribuito la complicità dei nostri governi. I disastri naturali sono peggiori in paesi come Haiti per esempio per l'erosione dei suoli che si verifica quando la povertà obbliga i settori marginali a costruire le loro case in condizioni precarie. Tutti questi fenomeni sono intrecciati. Ma non possiamo permettere in nessun caso che questa tragedia - in parte naturale e in parte artificiale - sia usata per provocare un ulteriore indebitamento di Haiti né per imporre politiche che favoriscano le nostre corporations. E questa non è una teoria sulle cospirazioni. L'hanno già messa in atto un'infinità di volte.