In bilico nei sondaggi, se Mercedes Bresso perdesse la presidenza del Piemonte per pochi voti, sa che lo dovrebbe anche alla valle di Susa, che il 23 gennaio ha risposto con un corteo popolare di proporzioni addirittura clamorose alle voci – tendenziosamente alimentate – che davano ormai per esaurita la protesta contro l’alta velocità Torino-Lione. Al centro-sinistra, che dopo ogni sconfitta elettorale rimpiange puntualmente di aver perso (a favore della Lega Nord, ad esempio) la propria capacità di rappresentare territori, la valle di Susa manda un avvertimento esplicito, firmato da almeno 40.000 persone: contrarie non al “progresso”, ma alle grandi opere che indebitano l’Italia senza che ne venga seriamente spiegata l’utilità strategica.

La preoccupante fragilità delle ragioni a sostegno della Tav, per la quale pure si sono mobilitati governo e media, Pd e Pdl, l’ad della Fiat Sergio Marchionne e persino l’arcivescovo di Torino, Severino Poletto, è suggerita una volta di più dall’insistenza quasi ossessiva con la quale l’establishment torinese, dal sindaco Sergio Chiamparino alla presidente uscente della Regione, hanno cercato di rappresentare il movimento No-Tav come un’assurda residualità minoritaria, ormai isolata nel suo stesso territorio: «Quattro gatti, poche centinaia di persone».

A maggior ragione, la pacifica mobilitazione di popolo che il 23 gennaio ha risposto nel modo più corale, con decine di migliaia di italiani scesi in strada malgrado le temperature sottozero, dovrebbe indurre la leadership piemontese a prender nota che proprio il problema capitale – la capacità di rappresentare territori – potrà costare molto caro a chi non vorrà tener conto che l’area interessata dalla Torino-Lione continua a contestare l’alta velocità ferroviaria e l’altissima sordità delle istituzioni, che in dieci anni non sono riuscite a comporre le contrapposizioni di fondo proponendo sintesi efficaci, soluzioni convincenti e democraticamente accettabili.

Messaggio perfettamente ricevuto dal presidente dell’Osservatorio-Tav, Mario Virano: il clamoroso successo della manifestazione di Susa, ha ammesso, dimostra che è ancora fortissima l’opposizione ad un’infrastruttura che il territorio respinge, ritenendola inaccettabile in quanto inutile, costosissima e dall’impatto devastante non solo per la valle di Susa, ma per tutto il sistema-Paese. «Difendiamo l’economia italiana, difendiamo il portafoglio di tutti quelli che pagano le tasse perché questo vorrebbe dire indebitare per i prossimi trent’anni i cittadini di tutta Italia», avverte uno dei manifestanti dal coloratissimo corteo allungatosi per chilometri, ben oltre le aspettative degli organizzatori.

Fa eco il leader della sinistra, Paolo Ferrero: «Solo qualcuno può pensare che quello che è stato rifiutato cinque anni fa adesso sia accettato. In realtà questa gente sa che la Tav non porta lavoro e distrugge il territorio». Oltre alla Federazione della Sinistra, presente anche con Vittorio Agnoletto, alla grande manifestazione di Susa hanno aderito l’europarlamentare Idv Gianni Vattimo, Franco Turigliatto di “Sinistra critica”, centri sociali e anarchici, ambientalisti come Maurizio Pallante (Movimento per la Decrescita Felice), Coldiretti, sindaci, il candidato regionale dei “grillini” Davide Bono e la Fiom-Cgil: «La Torino-Lione non ha nulla a che fare con lo sviluppo del territorio interessato», sostiene il segretario provinciale torinese dei metalmeccanici, Giorgio Airaudo: «Le grandi opere sono figlie del passato, della vecchia cultura che ha generato i guasti della crisi. Come si può pensare che producano futuro, cioè lavoro e rispetto per le persone e i territori?» (info: www.infoaut.org).

Fonte: www.libreidee.org