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Ceronetti e la lingua inglese: un promemoria

di Aldo Braccio - 26/01/2010

 

La funzione geopolitica della lingua ed il dominio culturale anglofono.


In un paio almeno di articoli apparsi sulla grande stampa ( “Resistenza all’inglese” sul Sole 24 Ore del 9 settembre 2007 e “Alzate senza paura le barriere linguistiche” sul Corriere della Sera del 14 gennaio 2010) lo scrittore Guido Ceronetti ha richiamato giustamente  l’attenzione sullo stato di inferiorità linguistica riconosciuto dagli italiani nei confronti dell’inglese. Riportiamo alcuni brani degli interventi in questione perché li sottoscriviamo – senza commenti superflui – trovandoli alquanto veritieri :

“Bandiera bianca al vento, nessuna traccia di Termopili ! La grande lingua definita da Leopardi ‘onnipotente’ (esagerava un po’, ma era amore) eccola presa a botte e pesci in faccia da franchising, joint venture, business, leasing, tour operator, jogging, privacy, marketing, full immersion, low cost, deregulation, talk show, reality show, imprinting, screening, scannering, star system, rockstar e poi metà delle cose sono hard e soft l’altra metà (…) L’Unione europea spiana ogni ostacolo all’occupazione dell’inglese e abbandona le lingue patrie”.

“Se i vostri figli si mostrano svogliati o poco svegli nell’apprendere l’inglese dei Tutti, favorite questa loro simpatica inclinazione. Incoraggiateli col mio esempio di antianglofono refrattario !”.

“La guerra all’inglese, all’anglofonia d’occupazione, all’americanofobia tecnologica, all’angloegemonia che implacabilmente va stritolando le lingue dell’Europa continentale e seppellendo in sabbie mobili senza ritorno la meno reattiva di tutte : questo italiano nostro di penuria, analfabetizzato, stupidamente arreso all’angloamericano, sparlacchiato male da giovani linguisticamente rammolliti, obbligato al servilismo bilinguistico da governi, come l’attuale, che deliberatamente lo vogliono subordinato (…) La diseducazione linguistica conduce dritto all’indifferenza a tutto : valori etici, culturali, religiosi del luogo dove ‘la casa dell’essere’, il linguaggio in cui lo spirito della lingua si incarna, patisce scala Richter al settimo, tanto che varrà meglio, per vivere in Italia, imparare inglese basico, pessimo ma apriporta dovunque”.

“Una lingua materna non è surrogabile da una sussidiaria, imposta con prepotenza. E’ in vista una diffusa confusione mentale. Alzate senza paura barriere linguistiche”.

Vale la pena ricordare che, rafforzato dal dissesto scolastico ed educativo nell’epoca delle “tre i” (le altre due sono impresa e internet), l’inglese domina sul piano culturale, commerciale e formativo; esso ha anche una funzione geopolitica e strategica importantissima, perché presenta come apparentemente irreversibile l’esistenza di un “mondo occidentale” unito da una parte e dall’altra dell’Atlantico dalla condivisione del basic english.

E la situazione non è molto differente sul piano giuridico internazionale, ove la contaminazione del linguaggio anglosassone è massiccia e dominante, soltanto con alcune resistenze del tedesco (negli ambienti internazionali sussistono concetti quali Tatbestand = tipicità, Schuld = colpa e Objektive Zurechnung = imputazione oggettiva) e del latino.

I contratti internazionali sono redatti quasi sempre in inglese, e gli istituti giuridici di matrice anglosassone ne sono ovviamente favoriti : termini e nozioni globalizzate come authority, class action, deregulation, computer crimes, mobbing e privacy – ma si potrebbe proseguire nell’elenco – hanno d’altra parte finito per affermarsi  pienamente anche sul piano nazionale.