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I limiti di una visione antropomorfa

di Riccardo Ianniciello - 27/01/2010

 


L’uomo nel corso della sua storia si è spesso rapportato alle altre specie animali in modo violento, di molte facendone l’oggetto di una accanita e spietata caccia (centinaia le specie estinte) e sfruttandone altre, addomesticate e allevate in cattività per la carne, il latte…e come strumento di lavoro. In un passato non remoto molti animali domestici, come il cavallo e il bue, rappresentavano il principale mezzo di trasporto e di lavoro e ancora oggi, in molti paesi economicamente arretrati, sono largamente utilizzati. In questo senso consideriamo la vita che hanno patito e patiscono milioni di animali per mano dell’uomo, questo dio-demone che li ha resi schiavi per sfruttarli, sottoponendoli a strazi, a sevizie e a fatiche insopportabili.  Quante piccole e silenziose tragedie si consumano ad ogni istante e in ogni angolo del mondo, vittime un esercito di animali indifesi, prigionieri impotenti della crudeltà dell’uomo, costretti a subire abusi e maltrattamenti? Pensiamo agli allevamenti di animali da pelliccia, veri e propri lager, luoghi di sofferenza per ermellini, visoni, volpi, costretti a vivere in anguste gabbie da pollo, così piccole che spesso finiscono con l’impazzire. Pensiamo agli zoo, quelli di vecchio stampo (rabbrividendo compare davanti ai miei occhi quello di Napoli) anch’essi luoghi di sofferenza per tanti animali selvatici, tenuti in condizioni di cattività vergognose, in spazi incompatibili con le loro specifiche esigenze.
   E che dire della corrida dove un toro viene letteralmente torturato dai matador per il divertimento del pubblico pagante. Qui desidero fare una digressione che riguarda proprio questa pratica cruenta, partendo dalla massima, “Il livello di civiltà di un popolo si misura dal rispetto che esso nutre per gli animali”. La Spagna, si troverebbe rispetto a questo illuminato pensiero di Gandhi a un bassissimo livello di civiltà: difatti è tra i pochi paesi al mondo a conservare pratiche ludiche barbare, che ci riportano all’antica Roma, che consistono nel torturare e uccidere animali al solo scopo di divertire. Un toro è allevato esclusivamente per questo: lo si porta in uno spazio appositamente costruito (arena), dove non possa fuggire (perché fuggirebbe ai suoi carnefici), con della gente che lo guarda o meglio che gode nel vederlo letteralmente torturare dai matador, pungolato a sangue con le banderillas per procurargli così una lenta agonia. Non vi è qualcosa di patologico in questa pratica, oltre che essere profondamente crudele e diseducativa? La ferocia degli spagnoli del resto è ben nota per avere consolidate e antichissime tradizioni verso gli animali umani: Bartolomé de Las Casas, in Brevissima relazione sulla distruzione delle Indie, ce ne fornisce una lucida e spietata testimonianza.
 Concludo con l’urlo – perché di urlo si tratta – del toro che viene torturato: un acuto, penosissimo lamento che in Spagna è ovunque udibile.
   Ancora mi vengono in mente gli “orsi danzanti” della Turchia: in tenera età i piccoli di orso vengono strappati alla madre uccisa e iniziati a un lungo e crudele addestramento. Ai cuccioli viene praticato un foro nel muso premendo nella carne con un punteruolo e applicata una catena di ferro:  ogni più piccolo movimento procura all’orso dolori lancinanti. Quando non fanno spettacolo gli orsi sono legati agli alberi con catene lungo un metro, abbandonati per giorni a soffrire la fame e la sete e spesso muoiono per i maltrattamenti subiti.
   Abbiamo poi la vivisezione pratica cruentissima in quanto tratta di materiale vivo, esseri viventi che provano delle emozioni simili a quelle umane. Solo in Italia ogni anno un milione di animali vengono sacrificati in nome della scienza, con esperimenti farmacologici che sei volte su dieci non prevedono l’anestesia. Immaginiamo cosa significhi per un cucciolo di cane essere bruciato vivo, quali atroci sofferenze debba patire – procurare deliberatamente dai ricercatori – per registrare il tempo di resistenza alle ustioni, o essere costretto a ingerire dosaggi eccessivi di farmaci, per poterne così studiare gli effetti collaterali. Normalmente in questi casi, la nostra sensibilità ci impedisce, anche per un solo istante, di concepire simili cose, rifiuta di mettere a fuoco i dettagli. Allora diciamo per comodità che un animale destinato alla vivisezione vive una lenta agonia, un terribile calvario dal quale solo la morte lo libererà. Sul sito
www.laboratoricriminali.net vi sono le quantità di animali usati e le mutilazioni a cui sono sottoposti, una galleria degli orrori di cui l’uomo è il diretto responsabile.
   Ci sono prove indiscutibili che la maggior parte degli esperimenti sugli animali sono inutili e i risultati dei test inattendibili poiché non applicabili all’uomo: se si continua a farli è perché vi sono enormi interessi da parte di molte aziende farmaceutiche.
   Quelli riportati sono solo alcuni esempi degli innumerevoli episodi di crudeltà sugli animali, veri e propri atti criminosi dell’uomo verso esseri dotati di sensibilità psico-fisica, che ci obbligano a interrogarci ancora una volta sulla visione antropomorfa che abbiamo del mondo e a rivedere la natura dei nostri rapporti con le altre specie viventi.