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Religione e piccini nichilismi nostrani. Lettera a Ennio Abate

di Costanzo Preve - 28/01/2010

 


Caro Ennio Abate,

rispondo volentieri alla tua richiesta di un breve intervento di commen­to alla tua intervista a Michele Ranchetti per la tua rivista Poliscrit­ture dedicata al tema Politica-Etica-Religione. Risponderò per brevità in modo un po’ apodittico e numerato, per maggiore chiarezza verso il letto­re… Prima, però, farò tre osservazioni preliminari.


1. In primo luogo, non ho mai letto il libro di Ranchetti, Non c’è più reli­gione, e quindi non devi aspettarti l’informazione necessaria. Mi limiterò perciò a quanto posso capire dall’intervista e dal tuo commento. In genera­le la mia conoscenza della letteratura critica del cristianesimo inquieto italiano è minima. Don Milani e la scuola di Barbiana. Giulio Gi­rardi e la sua impostazione sul rapporto fra marxismo e cristianesimo. Serg­io Quinzio attraverso la mediazione di un mio varo amico, Luca Grecchi. Le encicliche di Ratzinger. Poco altro.

In secondo luogo, questa mia relativa ignoranza sulla saggistica cristia­na, ufficiale, eretica o inquieta, è dovuta alla mia estraneità biografica ed autobiografica radicale al cattolicesimo. Mi interessa moltissimo il cristianesimo primitivo e la vita di Gesù, e ci ho addirittura scritto un libro con Massimo Bontempelli. Ma sono del tutto estraneo al cattolicesi­mo italiano, non mi aspetto nulla da lui, e quindi non posso neppure essere inquieto o deluso. Per me il cattolicesimo è un dato esterno al mio mondo spirituale, come l’islamismo, l’ebraismo ed il buddismo.

In terzo luogo, questa mia radicale estraneità, paradossalmente,mi mette in grado di giudicare (forse) il cattolicesimo italiano meglio dei suoi amici clericali e dei suoi nemici laici e laicisti. Ma questo merita una considerazione specifica.


2. Personalmente, il profilo teologico e filosofico di Ratzinger, che non è il mio papa e pertanto non mi concerne, perché non è il pastore di un gregge in cui sono inserito, ma un dato esterno come il Patriarca Ortodos­so di Mosca o il Dalai Lama, mi è più vicino di quanto lo siano altre forme di cultura politica presenti in Italia. Il profilo più odioso per me è quello degli ex-sessantottini pentiti, che hanno trasformato la loro elaborazione del lutto per il loro precedente operaismo sociologico fanatico in adesione all’ideologia bombardatrice dei diritti umani, finendo con l’ interpretare il contingente crollo disso­lutivo del comunismo storico novecentesco (da non confondere con il comunismo utopico-scientifico di Marx – l’ossimoro è ovviamente
intenzionale) co­me una prova provata della permanenza illmmitata del capitalismo. C0me potrei prendermela con Ratzinger in presenza di simili mostri?

Subito dopo viene il profilo, ai miei occhi orrendo e mostruoso, del giornale-partito “Repubblica” di Scalfari. Come potrei prenderrmela con il Berlusca e la sua corte di sicofanti, puttane e tifosi in presenza di uno Scalfari, un senza dio che chiama “laicismo” l’odio per la religione organizzata , che si crede la reincarnazione di Voltaire e sostiene l’abbattimento di un signore regolarmente eletto (non da me certamente, non voto da 1992) attraverso l’uso politico-scandalistico incrociato di tre nobili categorie non elette da nessuno, cioè giornalisti, magistrati e puttane?

Terzo ed ultimo, viene il profilo culturale del baffetto ghignante D’Alema e di tutto il personale metamorfico-trasformistico PCI-PDS-DS-PD, ricicla­to in tempo reale da apparato burocratico-pedagogico della via italiana al socialismo in apparato mercenario di gestione politica per conto dell’impe­ro USA, del sionismo e delle multinazionali, apparato che si è “inventato” un (inesistente) genocidio nel Kosovo 1999 per permettere l’insediamento geopo­litico USA nei Balcani (camp Bondsteel, eccetera).

È evidente che di fronte a questi tre mostruosi mutanti un signore che parla con accento tedesco, che io non considero il mio papa ma solo un mio collega filosofo, e che sostiene l’esistenza della verità e della natura umana (su cui autonomamente concordo, in base non al catechismo cattolico, ma in base al trio Aristotele, Hegel e Marx), trova la mia totale approvazio­ne. Che poi ci sia l’evoluzione darwiniana o il disegno intelligente (io pro­pendo per la prima, ma non mi dà nessun fastidio il secondo), è qualcosa che non deve diventare l’ultima frontiera fra la Ragione e l’1rrazionalismo. Il giorno che la Ragione sarà incarnata da Vattimo, Flores d’Arcais, eccetera, passerò immediatamente al culto sciamanico della tartaruga


3. Non vorrei essere scambiato per un teo-dem o un neo-con (nel significato francese del termine) Proprio al contrario. Mi fanno ridere anzi i teologi da salotto alla Vito Mancuso per cui il cristianesimo è à la carte e la fede si riduce a dare un senso esistenzialistico al mondo.
Piuttosto di questi pasticci alla Massimo Cacciari preferisco le madonne che piangono, pa­dre Pio e Bassolino che bacia la teca di San Gennaro.
Se il cattolicesimo è ancora in piedi, lo è soltanto per la religiosità barocca dei sempli­ci. Il modo più stupido di affrontare la secolarizzazione è l’auto-secolarizzazione. Anche se Ratzinger avesse capito una sola cosa, e cioè questa, avrebbe già il suo posto nella storia. Il fatto poi che scelga come inter­locutori la fanatica anti-islamica Fallaci, il neoconvertito Magdi Allam, l’accademico confusionario Habermas, seppellitore dei francofortesi tanto migliori di lui, il dilettante Pera, eccetera, riguarda i limiti terribili dell’eurocentrismo carolingio-bavarese. Personalmente,non mi riguarda.
Ho deciso da circa un ventennio che il laicismo nichilistico e relativistico alla Scalfari è quanto di peggio esiste nel panorama culturale, e non saranno certamente le minorenni e le puttane del sessuomane Berlusca a far­mi cambiare idea.


4. Passando a qualcosa di più serio, affermo solennemente che non sono affatto d’accordo con il mantra di don Benedetto Croce, per cui non potremmo non dirci cristiani. Questa per me è un’opportunistica sciocchezza. A mio avviso, invece, possiamo tranquillamente dirci non cristiani. Mi spiace di mettermi così in compagnia dei positivisti atei Odifreddi e Turchetto ( direttrice del giornale L’Ateo), e segnalo subito contro ogni possibile equivoco di preferire la metafisica platonico-aristotelica di Ratzinger al loro ridicolo positivismo scientistico, che per me è una superstizione si­mile al culto del maialetto sacro nelle Nuova Guinea (superstizione forse meno razionale, ma anche meno presuntuosa e supponente).

Se Croce intende dire che la nostra civiltà è intrisa da una lunga durata di elementi monoteistici cristiani, e quindi in una certa misura ci siamo tutti dentro, allora ha ovviamente ragione. Ma si tratta di una ovvia banali­tà. Il cristianesimo è qualcosa di molto specifico. Non tocca a me dire in poche righe quale sia l’essenza del cristianesimo, anche e soprattutto perché non mi considero cristiano io stesso (anche se sono stato battez­zato cristiano, e preferirò certamente un rito funerario cristiano a dichiarazioni laico-massoniche o a cortei dalemiani con le bandiere rosse ed altri orrori ideologici del genere).
Considero del tutto normale che, a fianco di documenti “ufficiali”
cattolici, ortodossi e protestanti (in proposito, segnalo una mia moderata preferenza per l’ortodossia: niente papa occidentalistico, preti che si sposano, messi così al riparo dalla pedofilia, difesa delle comunità nazionali contro il multiculturalismo astratto USA), ogni cristiano scelga lui quale debba essere il cuore del cristianesimo. Se per gioco dovessi dire quello che lo sarebbe per me, se fossi credente, ri­sponderei così: non credo a quella impossibilità fisica che sono l’immortali­tà dell’anima e tantomeno alla resurrezione paolina dei
corpi: non credo che il profeta ebraico rivoluzionario Gesù sia fisicamente uscito dal suo se­polcro; credo che la base teologica del cristianesimo sia la Trinità, che personalmente interpreto dialetticamente alla Hegel; credo che la sua base umana profonda sia la carità, per cui, anche ove mancasse la fede e la speranza, in fondo basterebbe la carità.

Non mi interessa fare il piccolo teologo dilettante fai-da-te, ma mi inte­ressa che il lettore capisca il mio punto di vista. Rispetto le discussio­ni sulla creazione, l’incarnazione, il disegno intelligente, eccetera,ma il mio rispetto per la religione si basa soprattutto sulla carità basata sulla verità


5. Non ho letto Ranchetti, ma mi sembra di capire che il suo cruccio ed il suo assillo sia stato tipico e comune a quello di molti cristiani
inquie­ti: una chiesa presuntuosa, che si vuole docente ma non accetta di essere discente, che separa nettamente il sacerdozio dai semplici fedeli non sacer­doti; una chiesa che da Costantino in poi si è fatta potere politico, o alme­no alleata ideologica del potere politico; una chiesa che non accetta il quadro laico del mondo moderno (per me laico è una buona parola, mentre laicista è una parola quasi peggiore di “fascista”, che pure resta per me una cattiva parola), eccetera.

Si tratta di un punto di vista rispettabile, che però mi è estraneo come la letteratura birmana medioevale. Personalmente, credo che se il cristianesimo non si fosse precocemente organizzato con un sacerdozio, sarebbe spari­to non in pochi secoli, ma in pochi decenni. Il politeismo greco non aveva bisogno di un sacerdozio organizzato e stabile, perché si basava su di una mitologia naturalistica, e non su libri sacri basati su di una rivelazione religiosa monoteistica. Volere il monoteismo trascendentale, e poi non volere un’organizzazione che ne garantisce la memoria storica del passato e l’interpretazione del presente, mi sembra une contraddizione in termini.

Su questo punto sono un seguace di Weber, e non di Marx. L’ateismo non mi in­teressa, in quanto oggi è ridotto ad una arroganza scientistica, che sempli­cemente sostituisce la geofisica e la paleontologia ai contenuti spiritua­li veicolati dalla religione. Non nascondo il mio orrore per Ruini, ma fra lui e Scalfari sceglierò sempre Ruini come male minore. E tutta­via Max Weber ha ragione: se una religione si ferma al suo momento inizia­le messianico-escatol0gico-apocalittico, è destinata a sparire ed a riflui­re in pochi decenni, per il semplice fatto che non esiste un Dio che possa fare da garanzia trascendente per la sua realizzazione storica e sociale; ma se una religione diventa una forma di razionalizzazione simbolica della vita quotidiana e della riproduzione comunitaria, allora può sopravvivere e continuare.


6. Personalmente non intendo lasciare equivoci. Sono un anticapitalista radicale e quindi un comunista nel senso di Marx. Capisco molto bene chi è cristiano indipendentemente dai dettami della burocrazia ecclesiastica. Chi è veramente cristiano lo è del tutto indipendentemente dalle eventuali porcate di pretoni, vescovoni, eccetera (uso il doppio linguaggio di Umberto Bossi e di Dario Fo).
Eppure vi è una differenza radicale: il comunismo marxiano non è una fede, ma il risultato di un convincimento filosofico razionale (in breve:una teoria strutturalistica dei modi di produzione inserita in una filosofia idealistica ed universalistica della storia); il suo indubbio crollo dissolutivo,più endogeno che esogeno, fa sì che ogni sua “rifondazione” non può avvenire sulla base identitaria di una nicchia militante di antiberlusconiani che si credono marxiani, ma sulla base di una rifondazione globale di tutto il problema. Ne siamo lontanissi­mi.
Per il momento, tutto è in mano di politicanti semianalfabeti e so­prattutto di intellettuali postmoderni scemi.

Fra gli intellettuali di sinistra ed i preti non ho dubbi. Se paragono Asor Rosa (per cui il Berlusca è peggio del fascismo) e Ratzinger devo di­re che non c’è partita.


7. Termino passando dal tema della religione al tema degli intellettuali, che ti so essere caro, in quanto il Franco Fortini da te amato e studiato (e da me personalmente ben conosciuto) è stato una dei maggiori intellettuali italiani della seconda metà del Novecento (ma in fondo anche il tuo Ranchetti lo è stato). Mi consentirai di “andare giù con l’accetta”, nel senso di semplificare, ma lo spazio è quello che è.

Se per “intellettuali” si intende in senso largo il gruppo di tutti coloro che si specializzano in attività simboliche, allora lo sono lo scriba egizio del Libro dei Morti. Socrate, Seneca, Agostino, Isidoro di Siviglia, il venerabile Beda, Dante Alighieri, Giordano Bruno, Voltaire, Marx, ec­cetera. Ma questa è la tipica hegeliana notte in cui tutte le vacche sono nere. Un concetto inutilizzabile per la sua stolida e tautologica generi­cità. Preferisco un concetto più limitato. Per me gli intellettuali, intesi come gruppo sociale specifico, non esistono prima dell’affare Dreyfus in Francia e non esistono (per ora) più dopo il triennio 1989-1991, fine del co­munismo storico novecentesco. Comunismo che è finito a Mosca e Pechino,e non certamente nei salotti in cui il signor Magri parlava con la signora Rossanda, in cui non poteva finire, perché non era mai esistito. Personalmente, non sono un intellettuale, e considero uno spiacevole equi­voco il sentirmelo dire. Non sono “ organico” a nessuno, al di fuori di me stes­so, e quindi non faccio parte di un gruppo specifico, come quello dei dia­betici di cui faccio purtroppo parte. Oggi per intellettuali si intende esclusivamente un gruppo di Tuttologi Consentiti. Che significa tuttologi consentiti?
Significa tuttologi con accesso ai mezzi di comunicazione di massa. Ma se possono avere accesso ai mezzi di comunicazione di massa, significa ipso facto che si tratta di giullari poco perico­losi, in quanto in caso contrario non vi avrebbero accesso.

Non si creda che si tratti di una concezione invidiosa (io infatti non ho personalmente accesso ai mezzi di comunicazione di massa, di centro, di de­stra, di sinistra, in alto, in basso, di lato, eccetera) o paranoica (la manipo­lazione ci circonda, aiuto, aiuto, è la fine del mondo, eccetera). Non si tratta di questo. Si tratta di una situazione oggettiva, in quanto gli intellettuali come gruppo sociale (e non esistono intellettuali al di fuori di una committenza sociale; al di fuori esistono persone colte, ricercatori, stu­diosi, eccetera) non possono più esistere in un quadro di falsa eterni­tà del capitalismo.
Può darsi che la situazione sia solo provvisoria. Ma per ora è così.

Ed ora, visto che si è parlato di religione, vi benedico caramente,

Torino, ottobre 2009