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Chi ha paura dei lettori di Ezra Pound?

di Luciano Lanna - 31/01/2010

 
 


C'è chi lamenta un buovo pensiero unico che espugna le biblioteche e censura i giornali e chi denuncia un ostracismo di ritorno nelle librerie italiane. E in effetti gli episodi che vanno in questa direzione non mancano. Michele Serra ieri sul Venerdì di Repubblica commentava la lettera inviatagli da un gruppo di lettori di Sassuolo, il centro in provincia di Modena, che riferivano come dopo le ultime elezioni comunali vinte dal centrodestra tra i quotidiani a disposizione dei lettori nella biblioteca comunale sarenne improvvisamente scomparsa la Repubblica, protamente sostituita da Libero e il Giornale. Serra, parlando di segnali di una sorta di egemonia culturale - «quasi sempre egemonia di potere e non di merito», precisa - che si esercita «con una sua schietta brutalità e di cui le cronache locali sono piene di episodi analoghi...».
Su un altro versante, solo il giorno precedente Pierluigi Battista riferiva sul Corriere della Sera una serie di episodi oggettivamente preoccupanti. Si partiva dalla notizia del libraio milanese che ha annunciato con apposito cartello in vetrina di non essere disponibile a vendere l'ultimo libro di Bruno Vespa. Poi si faceva cenno alla decisione di un conosciuta rivista letteraria "on line" di accusare praticamente di "collaborazionismo" e intelligenza con il nemico uno scrittore schierato a sinistra, Paolo Nori, reo di aver pubblicato un suo articolo su Libero. Secondo i redattori di "Nazione indiana", questo il nome del blog, Nori non avrebbe dovuto scrivere su "quel" giornale, punto. Ma ancora più stupefacente è il terzo episodio denunciato da Battista. Si tratta del fatto che lo scrittore siciliano Vincenzo Consolo ha deciso di non partecipare con un suo scritto a una iniziativa organizzata dalla casa editrice Einaudi a favore di Roberto Saviano. «E che cos'ha di così scorretto e compromettente - si chiede Battista - il povero Saviano da colpirlo con l'arma dell'ostracismo (letterario)? Questa è la colpa: aver ammesso in un'intervista a Pietrangelo Buttafuoco per Panorama di frequentare autori di destra come Ezra Pound e addirittura Julius Evola?». Prevale, insomma, la vecchia idea bellicosa della tribù che per conservare la sua presunta incontaminatezza deve rinchiudersi in una specie di cittadella inespugnabile e tale da confondere la contaminazione con l'aggressione.
Guardando all'altro lato di questo bipolarismo antropologico - versione distorta e pericolosamente totalizzante di una tecnica di funzionamento della dialettica politico-parlamentare - Michele Serra aggiunge ulteriori episodi. Come la biblioteca comunale vicino a Bergamo in cui hanno voluto cancellare il nome di Peppino Impastato, giovane vittima della mafia, infastiditi dalla collocazione a sinistra del ragazzo. O come la decisione di cambiare il nome dell'aeroporto intitolato a Pio La Torre a Comiso. Per concludere con l'intenzione (a quanto pare rientrata) del sindaco di un paese vicino a Piacenza di cambiare il nome di una piazza e intitolarla a un cardinale, «per fare contenti - dice Serra - Bossi e Tremonti, che tra quei cocuzzoli vanno a mangiare in allegria».
Ha ragione Battista parlando di una regressione «a tempi che sembravano sepolti dai calcinacci del muro di Berlino». Una regressione che oltretutto non corrisponde al senso comune della politica e della realtà quotidiana di oggi. Che non ci pare proprio possa essere rappresentata attraverso steccati invalicabili. Ma chi è a giocare sporco?