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Le facce di bronzo di Riace

di Patrizia Khadija Dal Monte - 01/02/2010

   
 

Il fatto è avvenuto dieci giorni fa, ma la «grande» stampa nazionale lo ha volutamente ignorato.
Fatima, una tredicenne palestinese arrivata a Riace da un campo profughi del Libano, avrebbe dovuto parlare in presenza di Napolitano, sceso in Calabria per un predicozzo buonista dopo aver chiuso gli occhi sui fatti di Rosarno.
Il Quirinale aveva deciso di coinvolgere la sua scuola nella manifestazione, ma giunti al dunque a Fatima è stato impedito di parlare ...a meno che non si togliesse il velo!
Non è dato neppure sapere chi si sia presa la responsabilità di questa decisione. Ecco cosa ha dichiarato in proposito il vicepreside della scuola: «Hanno cercato subito di nascondere tutto, ci hanno chiesto di non parlarne con nessuno. Non so chi ha imposto il divieto di far parlare Fatima. Di certo però si tratta di una decisione presa a Roma, non a Reggio Calabria. A Roma a qualcuno non piaceva l'idea che parlasse una ragazzina con il velo.»
La decisione è stata certamente romana. Che sia stata del Quirinale, del Viminale o della ministra Gelmini poco importa, quel che è certo è che né Napolitano, né Maroni, né il Ministero dell’istruzione hanno sentito il bisogno di dissociarsi da quanto avvenuto. Queste facce di bronzo istituzionali hanno mostrato a Riace il loro vero volto. Non dimentichiamocene.
Sulla vicenda riprendiamo un commento di Patrizia Khadija Dal Monte, pubblicato su Islam-online.


Fatima e le alte cariche

di Patrizia Khadija Dal Monte

 “Un contrattempo, abbiamo assistito ad un contrattempo”, si ostina a dire il giornalista che intervista Domenico Lucano, sindaco di Riace, cittadina calabra in cui abita ed è bene inserita Fatima, che doveva fare un intervento il 21 gennaio a Reggio Calabria, nell’ambito di una manifestazione in risposta ai fatti di Rosarno… “E’ una cosa grave”, risponde quell’uomo perbene, che non ha annebbiato la sua coscienza per compiacere gli alti scranni…

A Fatima, immagine di quell’innocenza mista a consapevolezza dell’età acerba, bella davvero nel suo foulard rosa in pendant con la maglietta, è stato impedito di parlare perché porta il velo. All’ultimo momento la scaletta e’ stata modificata, “abbiamo capito che c’era qualche impedimento arrivato dall’alto. Il cellulare dell’insegnante è squillato almeno 5 volte… un non meglio precisato «direttore» le raccomandava che Fatima, per poter intervenire, avrebbe dovuto togliere il velo. Racconta la professoressa: «Mi hanno detto che si trattava di un semplice accorgimento per una questione di suscettibilità». Parole striscianti, che celano alleanze strane, strane suscettibilità… Fatima palestinese di nazionalità libanese di chi può aver urtato la sensibilità? Forse non è solo velo…

Vergogna, e questa è la parola più mite che mi passa dal cuore alla mente, accompagnata, è vero da tutto quel repertorio di parole da non dire cadute ormai in disuso nel mio linguaggio. Vergogna a quelle alte cariche dello Stato che si sono permesse di fare una cosa simile sulla pelle di un’adolescente e poi coprire la verità dicendo che il fatto non esiste… Vergogna a quelli che chiamano un tale gesto ‘contrattempo’, ‘semplice accorgimento’ minimizzando la discriminazione che ne trasuda a pieni pori…

Fatima è lo sforzo immane delle seconde e terze generazioni di “sentirsi bene qui” conservando il proprio credo religioso, spesso in solitudine, spesso pochi gli appoggi familiari certi del loro già, proiettati i giovani invece nel non ancora… che si scontra con un mondo ormai vecchio, manipolatore, disinvoltura nel destreggiarsi da viveur, indifferente alle questioni morali.

Fatima è le nostre figlie, indifese e coraggiose, in una società dalla bocca deformata da troppe parole vuote e dal cuore strapieno di polenta… occhi maliziosi che ti guardano con malcelata sufficienza, detentori assoluti della democrazia e della libertà… Moderni, efficienti, semplificatori, mal sopportano la vera semplicità. «Allora mi hanno chiesto di toglierlo, ma io non ho voluto. Ho deciso così perché non possono esser loro a scegliere cosa posso o non posso fare. Anche perché io porto il velo per motivi religiosi. E poi è vergognoso che uno si tolga il velo così, davanti a tutti. Se chiedi alle mie compagne di togliersi la maglia non è vergognoso? Io penso che non è giusto e che ognuno è libero di fare come gli pare».

Vergognatevi e imparate, potreste vergognarvi davvero.