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Okinawa non vuole i marines

di Michele Paris - 03/02/2010

Le storiche elezioni politiche dello scorso mese di agosto, che hanno portato al governo per la prima volta in Giappone l’opposizione di centro-sinistra, hanno causato qualche grattacapo a Washington. Come si temeva negli USA, il nuovo Primo Ministro, Yukio Hatoyama, è stato chiamato infatti da subito a mantenere l’impegno assunto in campagna elettorale per rinegoziare un accordo stipulato dal precedente governo sul trasferimento di una controversa base militare situata sull’isola di Okinawa.

Nel 2006, il governo liberal-democratico di Tokyo e quello statunitense, si accordarono sullo spostamento della base dei Marines di Futenma dall’affollato centro urbano della città di Ginowan ad una località marina incontaminata sulla stessa isola, occupata dagli americani nella primavera del 1945. Il cambiamento di sede previsto entro il 2014 è stato però rimesso in discussione dopo il terremoto politico che ha portato al potere la coalizione guidata dal Partito Democratico nipponico.

Il Premier Hatoyama e, più ancora, alcune voci all’interno del suo gabinetto, hanno insistito per un trasferimento della base al di fuori dell’isola di Okinawa se non, addirittura, fuori dal Giappone. Pressato da Washington per mantenere gli impegni assunti in precedenza dal suo paese, Hatoyama ha lanciato segnali contraddittori, spostando alla fine la scadenza della decisione finale al prossimo mese di maggio, alla vigilia cioè dell’appuntamento elettorale per il rinnovo della Camera alta del Parlamento giapponese.

L’indecisione di Tokyo non sembra tuttavia aver contribuito ad una risoluzione pacifica della questione. Se da una parte i tentennamenti di Hatoyama hanno fatto infuriare i vertici della Difesa negli Stati Uniti, che vedono la base di Okinawa come uno dei punti chiave per le forze armate dislocate in estremo Oriente, dall’altra la società civile e i partiti di sinistra hanno alzato la voce per manifestare la loro opposizione all’accordo del 2006.

La protesta si è così allargata al resto del Giappone. Tanto che, nel fine settimana appena trascorso, migliaia di manifestanti hanno sfilato per le strade di Tokyo contestando la presenza militare americana a Okinawa. Per rendere più difficile la decisione di Hatoyama, alla manifestazione ha partecipato anche la leader dell’alleato Partito Socialdemocratico, nonché Ministro degli Affari Sociali, Mizuko Fukushima, la quale ha apertamente chiesto la chiusura definitiva della base e l’allontanamento dei militari americani dal paese.

In Giappone sono presenti attualmente 47 mila soldati americani, di cui più della metà di stanza sull’isola di Okinawa. Con circa 4 mila marines ospitati, la base di Futenma è diventata un simbolo dell’inquinamento, del rumore e della pericolosità della presenza americana sull’isola. Tra i numerosi episodi che negli anni hanno suscitato lo sdegno degli abitanti, vanno ricordati almeno lo stupro di una dodicenne nel 1995 da parte di tre Marines e lo schianto di un elicottero sugli edifici di un’università locale nel 2004.

A complicare la vicenda é arrivata settimana scorsa l’elezione del nuovo sindaco di Nago, la città di 60 mila abitanti che detiene la giurisdizione sul lembo di terra che dovrebbe accogliere la base USA. Il primo cittadino uscito vincente dal confronto elettorale, Susumu Inamine, aveva infatti condotto una campagna elettorale, centrata sulla promessa di opporsi allo spostamento della base di Futenma. Il suo avversario, il sindaco uscente Yoshikazu Shimabukuro, era al contrario un fervente sostenitore del progetto, il quale a suo parere avrebbe portato nella città nuovi investimenti e posti di lavoro.

Attorno al nuovo sindaco si è così costruita un’agguerrita coalizione composta da studenti, sindacalisti, ambientalisti, membri locali del Partito Democratico e degli altri partiti alleati di governo, così come del Partito Comunista giapponese, che promette di far sentire la propria voce a Tokyo nei prossimi mesi. La costruzione delle nuove strutture comporterebbe poi la devastazione di un territorio suggestivo, habitat naturale, a detta degli ambientalisti locali, di un raro mammifero acquatico simile al lamantino e a rischio di estinzione.

Intanto, in concomitanza con le proteste nella capitale, è giunto in Giappone l’assistente al Segretario di Stato americano per l’Asia orientale, Kurt Campbell, con il compito di far segnare qualche progresso sulla sorte della base militare in questione. La vicenda della base s’inserisce in un accordo ben più ampio da 26 miliardi di dollari e che prevede anche il trasferimento di 8 mila Marines da Okinawa a Guam - isola del Pacifico occidentale amministrata da Washington - e il contestuale trasferimento di alcune parti di Okinawa occupate dai militari alle popolazioni locali.

Secondo quando affermato lo scorso autunno durante una visita in Giappone dal Segretario alla Difesa americano, Robert Gates, la mancata intesa sullo spostamento della base a Nago corrisponderebbe al collasso dell’intero accordo tra i due paesi. Per gli Stati Uniti, d’altra parte, non esiste alternativa ai patti fissati nel 2006 e Hatoyama dovrebbe perciò prenderne atto al più presto, per non danneggiare ulteriormente i rapporti diplomatici tra i due alleati.

Essendo una questione legata alla sicurezza nazionale, ha affermato da parte sua il comandante dei Marines nel Pacifico, generale Keith Stalder, la decisione finale non dovrebbe essere lasciata a quegli stessi cittadini dell’isola che pure si vedono costretti a subire da decenni le conseguenze della presenza militare americana. In effetti, l’ultima parola sul futuro della base di Futenma spetterà al governatore di Okinawa e al governo di Tokyo, i quali difficilmente però potranno non tenere conto dell’opinione così chiaramente manifestata dalla maggioranza dei cittadini giapponesi.