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L'assassinio di Regilla. Storia di una donna, del suo matrimonio e del tempo in cui visse

di Silvia De Martini - 04/02/2010

 

 

Il saggio di Sarah Pomeroy, professore emerito di Studi classici e Storia alla City University of New York, si propone di far luce su una figura che la storia ha tenuto piuttosto in ombra, sulla sua breve vita e la sua controversa fine. Questo saggio è infatti la prima biografia completa su Appia Annia Regilla Atilia Caucidia Tertulla, ricca dama della più antica aristocrazia romana. Esso è stato preceduto da numerosi studi dell’autrice sul ruolo delle donne nell’antichità. Tra questi si ricordano in particolare Goddesses, Whores, Wives, and Slaves: Women in Classical (Schocken Books, New York 1975) e Spartan Women (Oxford University Press, Oxford 2002).

Nata intorno al 125 d.C., regnante l’imperatore Adriano, Annia Regilla sposò, appena quattordicenne, l’intellettuale greco Erode Attico. Tra i maggiori rappresentanti della seconda sofistica, egli fu tutore e insegnante dei futuri imperatori Lucio Vero e Marco Aurelio. Ventiquattro anni di età dividono Regilla dal marito, sulla cui reputazione gravano ombre di cui filosofi e intellettuali dell’epoca erano ben a conoscenza. La vita della protagonista e il contesto storico-sociale in cui visse, vengono analizzati con minuzia attraverso i cinque capitoli che compongono il saggio. Il primo capitolo, oltre a delineare il ritratto dei due coniugi, ricostruisce il periodo che va dall’infanzia della donna al trasferimento della coppia nell’Atene di età imperiale, patria di Erode Attico. Il secondo capitolo focalizza invece l’attenzione sugli aspetti più legati alla vita matrimoniale, un’introspezione sul privato e sulla nuova vita in Grecia. Annia Regilla subì una grecizzazione alquanto forzata. Erode sfruttò il matrimonio per acquisire prestigio e vantaggi personali. La vita ateniese della giovane la vide doppiamente straniera, poiché romana e poiché donna; l’autrice spiega infatti come la condizione della donna greca e quella romana non fossero affatto analoghe. La donna greca infatti, una volta sposata, restava una sorta di straniera in casa propria, cui era imposta la sottomissione non solo al marito, ma anche alla famiglia di quest’ultimo. La controparte romana era la matrona, la mater familias, educata alla moderazione e alla continenza. Queste dame romane arrivavano talvolta, con scaltrezza, ad aggirare le leggi e ad agire con molta più libertà rispetto al ruolo sociale cui erano vincolate. Certamente, come l’autrice ricorda, rispetto alla «fedele massaia» e «infelice estranea nella casa di suo marito» della Grecia del V secolo, la donna ellenica di epoca imperiale dispone di maggiori possibilità, anche se «dipendeva ancora dalle inclinazioni personali del marito» (p. 50). La principale ragione di amarezza fu probabilmente l’affetto che legava Erode ai figli del suo liberto, il suo giovane eromenos Polideuce e un altro figlio adottivo, più di quanto lo unisse ai suoi figli legittimi. Tra questi sei sopravvisse solo Bradua, che non godè mai della stima del padre a causa del lieve ritardo mentale che ne faceva un inetto agli occhi del genitore.

Il terzo capitolo continua nel delineare il ritratto di Regilla analizzandone il ruolo pubblico. Facendo parte di una élite, ella fu in grado di ricoprire cariche religiose molto importanti quali quelle di sacerdotessa di Demetra Chamyne e di Tyche. Fu amata come benefattrice nelle città di Corinto e Delfi; sia di sua spontanea iniziativa che assieme a Erode, fu promotrice di numerosi atti di ‘evergetismo’. Lussi e privilegi sociali, tuttavia, non facevano delle dame greche donne emancipate. Come l’autrice sottolinea nel suo Goddesses, Whores, Wives, and Slaves, ciò che distingueva una donna di alto da una di basso lignaggio è che la prima dirigeva i lavori domestici anziché eseguirli personalmente, confermando l’ideale senofonteo per cui la buona moglie è maggiormente gravata di doveri rispetto ai suoi schiavi, dal momento che deve curare i beni della famiglia.

Ad Atene, comunque, la situazione per le donne era sempre più difficile rispetto ad altre regioni greche. Con il quarto capitolo si arriva all’analisi dell’omicidio della donna, vero perno del saggio di Pomeroy. Il dubbio non avvolge solo il vero responsabile dell’uccisione, ma riguarda anche l’insolita facilità con la quale il principale imputato, Erode, venne scagionato da ogni accusa. La sua completa assoluzione non convince l’autrice, così come all’epoca non convinse molti fra politici e intellettuali. Troppa la facilità con la quale un greco, la cui reputazione era tutt’altro che immacolata, ebbe la meglio nei confronti del suo accusatore, un membro dell’antico patriziato romano qual’era il fratello della defunta; troppo lo scalpore suscitato da un padre che nulla aveva lasciato ai figli legittimi; troppo forzate, infine, le manifestazioni di dolore che il vedovo si affrettò a esternare dopo l’accaduto.

A proposito della ricostruzione di questa vicenda giudiziaria, va notato che uno dei principali meriti di questo saggio è il taglio archeologico impresso da Pomeroy alla sua indagine. L’autrice si serve naturalmente di ogni genere di fonte storica, dall’epistolario di Frontone all’epigrafia, considerando con particolare attenzione anche i resti archeologici, per condurre un esame che porti a una soluzione plausibile. Si dimostra così che l’archeologia, strumento fondamentale per qualsiasi studio inerente l’antichità, può essere di grande aiuto perfino nella risoluzione di un caso di omicidio domestico, confermando i sospetti, peraltro già fondati, degli intellettuali vissuti all’epoca dei fatti. L’analisi delle testimonianze archeologiche, sebbene accompagni l’intera narrazione, è il centro dell’indagine soprattutto nel quinto capitolo, relativo ai monumenti dedicati da Erode a Regilla, a Roma e in Grecia, dopo la sua morte e, ovviamente, la tomba, di incerta identificazione, che la ospita in terra ellenica.

Questo saggio è certamente destinato a chiunque rivolga il proprio interesse alle tematiche legate all’antichità. Gli aspetti “tecnici”, da quelli legati alla ricerca di carattere archeologico, ai riferimenti al diritto romano, sono spiegati in modo estremamente chiaro. In questo modo Pomeroy fornisce un’idea di come la storia e l’archeologia assumano il carattere di scienza vera e propria senza appesantire il racconto biografico con notizie che potrebbero annoiare il lettore non esperto. Si può affermare che questo sia un altro punto forte del saggio. Con tale semplicità l’autrice affronta la spiegazione del contesto storico cui risale l’inizio dei fatti narrati, cioè l’età adrianea, epoca complessa poiché ricca di mutamenti culturali che interessarono la società romana. Iniziava infatti la riscoperta della grecità, dei suoi valori, della sua cultura e della sua arte, di cui fu promotore lo stesso Adriano, molto legato alla terra ellenica. Si comprende bene come i ricchi greci romanizzati godettero di particolare favore presso di lui. Tra questi c’era anche Erode Attico, forte della grande influenza che aveva consolidato presso la corte imperiale, sulla cui protezione poté sempre contare, anche con la dinastia degli Antonini.

Le molte digressioni che accompagnano il racconto sono fondamentali perché il lettore comprenda i meccanismi alla base della società antica, greca e romana, e si ponga in tale ottica. Queste parti parentetiche affrontano e spiegano le più svariate tematiche della vita quotidiana e gli aspetti forse più curiosi agli occhi dei moderni, in modo da offrire lo spunto per un approfondimento. Un argomento privilegiato è senza dubbio la figura e il ruolo della donna nei due sistemi sociali esaminati. La società greca, ancor più rigida nei confronti del sesso femminile di quella della Roma imperiale, rappresentava per Annia Regilla l’impossibilità di appellarsi ai diritti che la legge romana le avrebbe garantito nel luogo in cui era nata e cresciuta. L’ambiente familiare, nella sua nuova dimora, non le fu certo amichevole: era di solito costretta in casa e le era concesso uscire solo per adempiere ai propri doveri di sacerdotessa. Anche qui la narrazione dei fatti storici trova fondamentale integrazione con la descrizione vitale dei luoghi in cui si svolgeva la quotidianità dei protagonisti, offrendo al lettore ulteriori e svariati excursus circa l’archeologia di Roma e dell’Attica, spaccati della vita domestica romana e greca.

C’è da evidenziare, tuttavia, un tratto di debolezza, costituito dall’eccessiva sicurezza nel valutare le strutture archeologiche della grande tenuta del pago Triopio, nel suburbio di Roma. Come noto agli archeologi, i frammenti scultorei e alcune delle strutture edilizie della zona sono di controversa interpretazione, come del resto gli stessi confini della proprietà. Il solo dato davvero certo è che la tomba di Annia Regilla non si trova nella tenuta romana del Triopio.

Al di là di quest’aspetto, la vita di Annia Regilla fornisce uno spunto ideale per un confronto fra due società tanto vicine eppure culturalmente ancora diverse per molti elementi. In conclusione, con questa lettura si ha un’impressione di grande completezza nell’uso degli strumenti di analisi e nelle tematiche trattate. Nel ritrarre un’epoca e nel presentare a un pubblico ampio la vicenda di una donna che vi appartenne, l’autrice è riuscita più che mai nel suo intento.

 

Pomeroy, Sarah B., L’assassinio di Regilla. Storia di una donna, del suo matrimonio e del tempo in cui visse, Laterza, Roma-Bari 2009, pp. 240, € 15