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Rifiuti d'Italia

di Alessandro Iacuelli - 11/02/2010

Era una vasta organizzazione, quella dedita al traffico illecito di rifiuti pericolosi, appena individuata e sgominata dai carabinieri nell'operazione denominata "Golden rubbish". Sono 15 le persone arrestate, in diverse regioni italiane, con 61 indagati, 20 aziende coinvolte in tutta Italia, 3 i sequestri preventivi. Contrariamente all'immaginario collettivo, che per motivi ben noti pensa sempre che questi fenomeni riguardino la Campania e la Calabria, il traffico riguarda tutta l'Italia, grazie soprattutto alla complicità di tutta la filiera industriale, e non mafiosa, coinvolta: impianti di gestione, imprenditori e laboratori d'analisi. Tra gli indagati spicca un nome noto: quello di Steno Marcegaglia, padre della presidente della Confindustria, Emma.

Le accuse, a seconda degli indagati, vanno dall'associazione per delinquere all'omicidio colposo,  lesioni personali colpose, incendio, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, gestione non autorizzata di rifiuti, falsità in registri e notificazioni fino alla falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. Le inchieste sono coordinate dalle procure di Grosseto e di Lanciano.

L'organizzazione, nata in Toscana, aveva diramazioni in Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Marche, Campania, Lazio, Abruzzo e Sardegna. Le indagini che hanno portato a scoperchiare questo ennesimo pentolone ambientale italiano, sono nate da un cadavere. Era il 26 giugno 2008, quando a Scarlino, nei pressi di Grosseto, un’esplosione in un capannone provocò la morte di un uomo di 47 anni che ci lavorava, ed il ferimento grave di un altro. Quel capannone, secondo le autorizzazioni rilasciate, doveva contenere rifiuti non pericolosi, che però hanno la caratteristica di non essere esplosivi.

Non fu rapido capire cosa fosse successo. Dalle analisi dei materiali non esplosi si trovò un'elevata concentrazione d’idrocarburi, che invece possono esplodere eccome, ma non sono rifiuti non pericolosi, misti a sabbie. Mesi dopo, ricostruendo la filiera dei trasporti, si é arrivati alla conclusione che quei rifiuti speciali e pericolosi erano prodotti dalla bonifica del sito contaminato di Bagnoli, la ex ILVA, e poi trasportati e smaltiti illecitamente in Toscana. Eppure, tutta la documentazione sequestrata in occasione dell'esplosione di Scarlino, indicava che in quel capannone erano depositati solo rifiuti speciali classificati come non pericolosi. E quella classificazione era stata effettuata da un'azienda di consulenza mantovana, chiamata Made Hse, che evidentemente favoriva il traffico illecito, declassificando i materiali trasportati. Ma la Made Hse fa parte del Gruppo Marcegaglia e la massima carica in quell'azienda era - ed è tuttora - ricoperta proprio da Steno Marcegaglia.

Il traffico di rifiuti accertato è stato stimato in circa un milione di tonnellate, con un fatturato - dove la parola "fatturato" è impropria poiché si è trattato quasi sempre di attività in "nero" o comunque declassificate rispetto alla reale natura delle "merci" - di molti milioni di Euro (ancora da valutare da parte degli inquirenti) e un consistente danno all'erario per l'evasione dell'ecotassa, oltre ai danni, non calcolabili, provocati all'ambiente.

I 61 denunciati sono legali rappresentanti, presidenti di Consigli d'Amministrazione, direttori generali, responsabili tecnici, soci, responsabili di laboratorio, chimici e dipendenti delle società coinvolte. Il gip ha emesso anche due misure interdittive dall'esercizio della professione di chimico e dall'esercizio di uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, e ha disposto il sequestro di locali adibiti a laboratorio di analisi e di alcuni automezzi utilizzati per il traffico illecito.

La struttura organizzativa era imperniata sul ruolo di una società di intermediazione maremmana, proprietaria anche di un impianto di trattamento, la quale, avvalendosi di produttori, trasportatori, laboratori di analisi, impianti di trattamento, siti di ripristino ambientale e discariche, regolava e gestiva i flussi dei rifiuti. Ciò avveniva attraverso una sistematica falsificazione di certificati di analisi, formulari di identificazione e registri di carico e scarico al fine dell'attribuzione di codici di rifiuto non corretti, così da poter essere dirottati soprattutto in siti di destinazione finale compiacenti ubicati in Toscana, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna.

"I dirigenti interessati dalle indagini non ricoprono più da tempo gli incarichi originariamente loro conferiti. L'azienda si dichiara certa del loro corretto comportamento e confida di poter dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati". E' quanto si afferma in una nota dei legali del Gruppo Marcegaglia. "Lo smaltimento di rifiuti relativi al Gruppo Marcegaglia riguarda nello specifico - continua la nota - il terreno di risulta degli scavi eseguiti per l’ampliamento del suo stabilimento sito nell’area portuale di Ravenna. Questo materiale, analizzato da Made Hse sotto il controllo degli enti pubblici di competenza, è stato conferito a società legalmente autorizzate al suo successivo smaltimento".

Nella maxi operazione sono finiti agli arresti domiciliari anche due dirigenti della Lucchini, azienda siderurgica di Servola, nei pressi di Trieste. Si tratta di Francesco Rosato, direttore dello stabilimento di Servola, e Vincenzo D'Auria, responsabile Ecologia e Ambiente. La Lucchini ha fatto sapere che è stata presentata "un'istanza di riesamina del provvedimento" e si è dichiarata "certa dell'assoluta estraneità dei suoi dirigenti coinvolti, loro malgrado, in un’indagine che chiama in causa società regolarmente autorizzate, alle quali la Lucchini e numerose altre imprese italiane hanno affidato i servizi di smaltimento dei rifiuti".

Perché anche i rifiuti siderurgici della Lucchini finivano nelle mani della stessa organizzazione. E quell'organizzazione non è certo la solita "ecomafia" campana: basta elencare le città dove sono stati emessi gli ordini di custodia per rendersi conto di come la gestione illecita dei rifiuti speciali sia diventato un problema di dimensione nazionale; Grosseto, Bergamo, Caserta, Livorno, Milano, Mantova, Padova, Pisa, Ravenna, Trento e Trieste.

La morte del lavoratore nell'esplosione di Scarlino, è diventata un omicidio colposo. Parallelamente, il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri ha riscontrato il coinvolgimento negli affari illeciti di "una nota industria metallurgica di Ravenna, la quale aveva la necessità di smaltire un cumulo di quasi 100.000 metri cubi di rifiuti contaminato da mercurio, idrocarburi e da altri inquinanti. La società d’intermediazione si aggiudicava l'appalto per la gestione dei rifiuti ed effettuava il loro smaltimento in modo illecito". Anche in questo caso, l'intermediazione era fatta dalla Made Hse di Steno Marcegaglia. Anche l'industria metallurgica a Ravenna è del gruppo Marcegaglia.

L'organizzazione è stata fermata: aveva mosso un milione di tonnellate di materiali, cioè circa mille camion che in un anno percorrevano tutta l'Italia carichi di terra proveniente da bonifiche di distributori di carburante, di scarti di produzione industriale contaminati dal mercurio, di bombolette piene di gas propano, di scarti siderurgici. Senza nessuno che si accorgesse di nulla.