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E' Teheran ad avere ragione e la cosiddetta “comunità internazionale” torto

di Massimo Fini - 14/02/2010

 

Sulla questione del nucleare iraniano è Teheran ad avere ragione
e la cosiddetta “comunità internazionale” (in realtà sono gli
Stati Uniti e Israele a trascinare tutti gli altri) torto.
L’Iran ha firmato, a differenza, per esempio, di Israele, che la
Bomba ce l’ha (basta attraversare il deserto del Negev per vedere la
sua centrale atomica), ha firmato il Trattato di non proliferazione
nucleare. Cosa può e deve chiedergli la “comunità internazionale”?
Di accettare le ispezioni dell’Aiea, l’agenzia Onu per il controllo del
nucleare. Cosa che l’Iran ha sempre fatto. Quando, un paio di anni
fa, riaprì i suoi siti nucleari fu alla presenza degli ispettori Onu. C’è
un via vai continuo fra Vienna, dove ha sede l’Aiea, e Teheran di
questi ispettori che c’erano anche tre giorni fa quando gli iraniani
hanno inaugurato l’impianto di Natanz. L’arricchimento dell’uranio
è il passaggio necessario per ottenere il nucleare civile ad usi
energetici ma anche medici. Per questi usi è sufficiente un
arricchimento al 20%, per l’atomica bisogna arrivare al 90%. Gli
ispettori Aiea hanno accertato che, finora, gli iraniani non hanno
superato il limite del 20%. E allora? Gli americani sospettano, senza
lo straccio di una prova, che vi siano dei siti segreti sfuggiti agli
ispettori. Ma con questa storia del sospetto allora tutti possono
essere messi sotto scacco, è una specie di prolungamento della
teoria della “guerra preventiva” di George W. Bush. Noi italiani
stiamo riaprendo i nostri siti nucleari (se sia giusto o sbagliato non è
argomento da affrontare qui) ed è come se una potenza ostile ci
intimasse di non farlo perché da lì, in teoria, potremmo arrivare
all’atomica.
Gli americani obiettano anche che l’Iran ha il petrolio e quindi
non ha bisogno del nucleare. A parte il fatto che uno Stato avrà
ben il diritto di diversificare le sue fonti di energia senza dover
chiedere il permesso agli americani, la BP ha calcolato che
entro il 2049 il petrolio sarà esaurito. Gli iraniani considerano
quindi il nucleare civile un loro diritto indiscutibile e su questo
non sono disposti a trattare. Sarebbe già una gran concessione,
perché lede la loro sovranità, che accettassero di far arricchire
il loro uranio in Russia o in Turchia (bei soggettini anche questi,
rispettosi dei “diritti umani”). Dice: Ahmadinejad ha affermato
che Israele deve “scomparire dalle mappe geografiche”.
Affermazioni gravi e inaccettabili, ma sono pur sempre parole.
Non sono invece parole i missili atomici israeliani puntati su
Teheran e i piani di attacco, anche nucleare, all’Iran di Stati
Uniti e Israele svelati dalla stampa americana. E, devo dire, fa
una certa impressione vedere paesi seduti su enormi arsenali
atomici (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna) far la voce grossa,
e indignarsi, con uno che la Bomba non ce l’ha. C’è molta
prevenzione e “disinformatia” nei confronti dell’Iran. Qualche
mese fa gli iraniani misero in orbita un satellite per le
comunicazioni, un normalissimo satellite come abbiamo anche
noi. Subito la “comunità internazionale” gridò all’“allarme” e
alla “provocazione”. Idem quando testarono dei missili, missili
che abbiamo anche noi. Anche la repressione dell’opposizione ,
almeno quella dell’11 febbraio, dove, secondo i siti antiregime,
la polizia ha sparato in aria, usato spray al peperoncino,
catene, manganelli, proiettili di gomma e operato decine di
arresti, non mi sembra poi tanto diversa da quanto fece il
governo Berlusconi al G8 di Genova.
Infine l’Italia è il primo partner commerciale europeo dell’Iran
(retrocesso al secondo posto dopo le imprudenti affermazioni
di Berlusconi alla Knesset, perché a nessun premier fa piacere
essere paragonato a Hitler, nemmeno a Berlusconi). Certo,
non si possono barattare principi contro quattrini. Ma finché
l’Iran resta dentro le regole internazionali, ha l’ambasciatore a
Roma come noi a Teheran, non è il caso che ci appecoroniamo
“in toto” agli interessi degli Stati Uniti. O nemmeno noi
abbiamo il diritto di tutelare i nostri interessi nazionali?