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Gli Usa ritornano all`antico?

di Ugo Gaudenzi - 17/02/2010

    


Esistono due scuole di pensiero sullo stato dei rapporti tra Teheran e l’Occidente anglo-americano. La prima, di per sé ottimistica, descrive la crescente tensione politica tra le due parti come una sorta di “guerra fredda mediatica”, fatta di improvvisi raid verbali, di minacce reciproche, di sostanziale status quo. La seconda misura inveceil conflitto con il “metro” della storia contemporanea, e non esclude frizioni ancora più violente.
Va detto che, pur escludendo le notorie tesi dei falchi americani - primo fra tutti quell’Edward Luttwak da una dozzina di anni “consigliere” e “stratega” delle Amministrazioni Usa e tenuto in massimo conto anche dalla politica-spettacolo nostrana, con Mr. Vespa nel ruolo di anfitrione - e cioè l’uso di bombe nucleari tattiche da scaricare sullo “Stato-canaglia” per ridurlo all’impotenza, una calo della tensione tra Iran e atlantici non sembra proprio all’orizzonte. Anzi.
In particolare, il salto di qualità, la linea di non ritorno, sembra essere scattata con il sostegno atlantico alla cosiddetta “rivoluzione verde”, sostenuta dall’esterno con l’occasione delle “presidenziali” e che, pur finita ormai nel nulla, continua nonostante tutto ad essere sventolata contro il governo iraniano. Il dispiegamento di unità navali della Us Navy nel Golfo, la richiesta di “sanzioni” economiche “d’assedio”, e le stesse recenti accuse di Lady Hillary contro la “dittatura militare” dei pasdaran a Teheran - lanciate peraltro da sedi che evidentemente “brillano” per la loro “democrazia” (Arabia saudita, Emirati) - rafforzano la sensazione di una precisa volontà americana di accumulare pretesti per “santificare” eventuali ritorsioni armate.
Non è un caso, d’altra parte, che ormai da un paio di mesi siano state anche “congelate” le trattative diplomatiche comunque avviate tra Usa e Iran nei corridoi della politica internazionale. Una sorta di gelo sembra infatti da qualche settimana calata nei rapporti - per circa un anno più che assidui - tra il consigliere della sicurezza nazionale Usa, generale James L. Jones, e il ministro degli Esteri iraniano, Manucher Mottaki.
Lo stesso pretesto dell’ “armamento nucleare” iraniano - ancora virtuale, un’ipotesi comunque smentita dalle autorità di Teheran che si chiedono giustamente perché Israele o il Pakistan possano avere cebntrali atomiche per uso bellico e l’Iran non debba nemmeno possedere centrali per suo civile... -  sembra passato in secondo piano. Da parte atlantica - e con il codazzo dei vari governi coloniali, quello di... Frattini in prima fila - sembra un “ritorno all’antico”.
Stralciato il nodo nucleare (probabilmente anche perché in sede Onu le sanzioni vedrebbero quantomeno il veto cinese e le dilazioni russe) sembra infatti che la propaganda atlantica di guerra sia rientrata nei più consueti binarii dei “portatori di libertà” e di “democrazia”.  Un leit-motiv - quello del “destino manifesto” di esportare la loro democrazia -  che accompagna la politica espansionista planetaria degli Stati Uniti d’America.
Un leit-motiv molto, ma molto, più pericoloso, delle semplici grida per “sanzioni internazionali”. Ne sanno qualcosa circa duecento nazioni del mondo, dal 1798 a oggi, oggetto di importazione forzata della democrazia Usa. Italia inclusa.