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Boscimani: cittadini di seconda classe

di Francesca Dessì - 18/02/2010

    


Cinque comunità dei Boscimani, che vivono all’interno della Central Kalahari game riserve, sono state omesse dai registri elettorali delle ultime elezioni del Botswana, avvenute quattro mesi fa.
Una violazione dei diritti dei Boscimani da parte del governo di Gaborone che è ormai storia di tutti i giorni.
“Durante le elezioni, la gente viveva nei villaggi e mentre il resto della nazione andava alle urne, non hanno potuto votare” ha dichiarato il portavoce dei Boscimani, Roy Sesana, che in un’intervista rilasciata al quotidiano Mmegi ha parlato anche del fallimento dei negoziati con il presidente rieletto Ian Khama  per la riapertura del pozzo di Mothomelo. Le autorità del Botswana sono state infatti irremovibili adducendo il pretesto che “il pozzo è di proprietà governativa”.
La verità è che il sottosuolo del Kalahari è ricco di giacimenti diamantiferi, e l’acqua dei pozzi serve, in grosse quantità, per le operazioni di scavo e di perforazione del suolo nella continua ricerca delle pietre preziose, di cui sono ghiotte le multinazionali.
Da più di vent’anni il governo del Botswana persegue per questa ragione una politica di dislocamento forzato della popolazione del Kalahari. Precisamente da quando furono scoperti due grandi giacimenti di diamanti nei pressi dei villaggi di Gope e Gugama, e migliaia di Boscimani, che vivevano esclusivamente di caccia e di raccolta, furono costretti a trasferirsi a Kaudwane e New Xade, due “campi di reinsediamento”, in realtà rinominati “campi di morte”.
Solo nel 2006, dopo la sentenza della Corte Suprema del Botswana, molti indigeni sono potuti tornare a vivere nella loro terra ancestrale, ma il governo ha negato loro di cacciare e, soprattutto, di avere accesso al pozzo di Mothomelo, da cui dipendono per procurarsi l’acqua.
Questo  spiega perché l’esclusione dai registri elettorali dei Boscimani rientrati nella riserva, tutti dotati di carta d’identità, non ha suscitato alcuna sorpresa.
 “Sono stati trattati come cittadini di seconda categoria per anni. (…) Perché il governo dovrebbe dare il diritto di voto ai Boscimani quando non permette loro nemmeno di procurarsi l’acqua?” ha domandato con ironia Stephen Corry, direttore di Survival International, l’organizzazione che dal 1969 si batte per i diritti del popolo indigeno.
L’emarginazione politica dei boscimani è stata addirittura riconosciuta nell’ultimo rapporto sui diritti umani 2008 del Dipartimento di Stato delle Nazioni Unite in cui si legge che “ il popolo boscimane  manca di un’adeguata rappresentanza politica e non sono pienamente consapevoli dei loro diritti civili”.
Ma nulla viene fatto per rendere almeno vivibile l’esistenza degli indigeni nella riserva. Gli affari sono affari e il presidente Khama, che considera “vivere di caccia e raccolta una fantasia arcaica”, lo sa bene. Ha infatti autorizzato lo scavo di nuovi pozzi per gli animali selvatici finanziati Tiffany & Co e ha dato il via libera alla costruzione di un complesso turistico dotato di piscina, dove i clienti potranno assaporare “la vita da boscimane”.
Inoltre, la compagnia mineraria Vedanta Resources, una delle più grandi società quotate allo Stock Exchange di Londra, ha ottenuto il permesso di scavare una miniera di bauxite su una montagna sacra alla tribù dei Dongria Kondh e ha già costruito una raffineria ai piedi della collina.