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Vergogna Reale

di Massimo Gramellini - 18/02/2010


 
  
Qual è la penultima volta che avete provato un imbarazzo irresistibile, sognando di pigiare un bottone che vi facesse scomparire nel nulla? L’ultima, lo so, è stata l’altra sera, se avete avuto la sventura di imbattervi in un televisore acceso sul volto rapito del principe Emanuele Filiberto mentre dal palco di Sanremo gridava «Sì, stasera sono qui, per dire al mondo e a Dio: Italia amore mio». Immagino che il mondo e Dio abbiano passato un momento difficile. Anche l’Italia, ma ci è abituata. «Il più imbarazzante per casa Savoia dal 1943» sostiene con scrupolo storico Gabriele Ferraris sul nostro giornale. Ed è incredibile che oggi come allora nessuno abbia saputo dare alle Loro Altezze il consiglio giusto.

Passi per Pupo al piano e per quel tenore a spalancar tonsille davanti al microfono. Ma il testo andava riscritto di sana pianta da qualcuno che avesse il senso della misura o almeno del ridicolo. Perché si può essere patriottici senza essere retorici (Viva l’Italia di De Gregori). Si può essere retorici senza essere banali (Cuore di De Amicis). Ma uno che mette in musica frasi come «Io credo nella mia cultura» dimostra drammaticamente di credere in qualcosa che non ha. Senza saperlo, la stecca di dolore del Principe ha comunque svolto una nobile missione. È servita a ricordarci che persino in questi tempi anestetizzati siamo capaci di reagire con un moto di vergogna al cattivo gusto che ci circonda. Ora non resta che continuare. (Lui invece la smetta, per favore.)