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La guerra di Cementland

di Carlo Bertani - 21/02/2010

Fonte: carlobertani

Se dovessimo cercare le origini di Cementland, finiremmo nella notte dei tempi, almeno alla metà del secolo scorso, probabilmente prima. Ciò che sappiamo, oggi, è che Cementland occupa la penisola italiana ed altre aree europee, ma solo in Italia le sue colonne cingolate hanno sbaragliato le forze avverse.
Come vedremo in seguito, esiste ancora la resistenza partigiana – la quale, talvolta, riesce a colpire duramente Cementland – ma non esistono più forze in grado d’opporsi in campo aperto: tutti i partiti sono stati arruolati da Cementland.
La vicenda di Cementland non appartiene neppure all’universo complottista, giacché non vi sono eclatanti segreti, “gole profonde”, grembiulini che tramano: tutto avviene alla luce del sole, come per qualsiasi occupazione militare. O la sconfiggi, o ti massacra.

L’occupazione militare dell’Italia da parte di Cementland, come ricordavamo, iniziò in anni lontani: narrano le cronache[1], che il quotidiano “La Notte” – di proprietà della famiglia di cementieri Pesenti – all’indomani di Piazza Fontana fu il primo a correre in soccorso alla bufala della pista anarchica. Sapevano già tutto: era stato Pietro Valpreda.
Oggi, i Pesenti fanno parte dello Stato Maggiore di Cementland, ed hanno “diversificato” molto le loro attività – dalla finanza all’editoria – come potrete verificare nel “quadro” tracciato da uno dei fogli clandestini che appoggiano la resistenza a Cementland, “Imprese alla sbarra”[2].

Come è riuscita, questa forza d’occupazione, a mettere a ferro e fuoco la penisola italiana, a domarla ai suoi desideri, a costringerla alla resa, a farsi consegnare il territorio nazionale?

La strategia è stata, negli anni, quella di un costante aggiramento: come qualsiasi forza d’occupazione, si è servita – secondo le situazioni, i tempi e gli obiettivi da perseguire – dell’attacco frontale, oppure (più usato) del sostegno di più Quisling, a loro volta sodali nella ripartizione dei feudi conquistati.
Il Quisling più appariscente è senz’altro il gen. Berluskaiser, il quale ha costruito Milano 2,3,4,5…mentre medita – chissà? – di portare a termine Milano 8, che sorgerà alla periferia di Pescara.
Sarebbe però sbagliato fermarci a questo caso alla luce del sole, giacché il reggente di Cementland – che oggi ha assunto la carica di vicerè della colonia Italia – è circondato da stuoli di vassalli, valvassori e valvassini, i quali s’esercitano nell’arte della trasformazione del territorio in lande cementate, il primo e vero obiettivo di Cementland.
A volte assurgono a ruoli di governo, come Lunardi (“con la Mafia si deve convivere”), poi scompaiono nell’ombra appena c’è una campagna militare da portare a termine, un altro lembo di territorio da seppellire sotto i cingoli delle loro armate. Scambiano allora il posto con altri generali e colonnelli: per un Lunardi che assume un comando sul campo, uno Scajola va a sedersi allo Stato Maggiore.
Più complessa la gestione dei subordinati: qualcosa viene a galla durante le cicliche cerimonie d’investitura chiamate “Elezioni locali”, ma – presto – tutto torna un brusio appena avvertibile, protetto da milioni di metri cubi di cemento.

Per comprendere la strategia di Cementland, ci viene in aiuto un lavoro[3] preparato dal giornalista Vittorio Emiliani nell’occasione di un convegno che si svolse in Calabria sull’occupazione del territorio da parte di Cementland: tutte le fonti citate sono di agenzie come l’ISTAT, Catasto, ecc, quando non provengono proprio dagli archivi e dalla propaganda di Cementland.
Partiamo dall’inizio, proprio terra-terra, ossia dal suolo consumato ogni anno da Cementland in Italia, confrontandolo con gli altri Paesi europei la produzione di cemento, ossia il più comune munizionamento utilizzato dalle forze armate di Cementland:

PRODUZIONE DI CEMENTO IN EUROPA 2004 (milioni di tonnellate):
Spagna: 46,60
Italia: 46,05 (47,8 % al Nord)
Scandinavia: 35,77
Germania: 33,40
Francia: 21,54
Regno Unito: 12,01
Benelux: 11,03
Austria: 4,03
Altri UE: 10,16
Turchia 41,26

Fonte: Associazione Europea del Cemento

L’Italia è praticamente in testa, poiché bisogna ricordare che la superficie della Spagna è di 504.645 km², mentre quella dell’Italia è di 301.338 km²: in altre parole, l’Italia è appena il 60% circa della Spagna! Eppure, Cementland consuma la stessa quantità di munizioni in entrambe le situazioni operative.
Incredibile, poi, che in altri scenari operativi, i quali contemplano più territorio e più popolazione, il quantitativo di munizioni consumate sia enormemente minore.
Questo dato, se analizzato con maggior attenzione, è il corrispettivo del numero di Quisling e di vassalli che Cementland dispiega sul territorio e – per un diverso aspetto – la resistenza che incontra.

Nel 1998, in Germania – ad esempio – una nota rivoluzionaria proveniente dalla ex DDR – tale Angela Merkel, all’epoca Ministro per l’Ambiente, oggi Cancelliere – fissava per decreto la massima cifra di 30 ettari/giorno da concedere a Cementland, contro i 120 di prima. In Gran Bretagna, Cementland fu fermata nel 1946 con il New Towns Act, che sostanzialmente ricalcava lo stesso principio: la comunità definita “Stato” decide il massimo che può essere concesso all’invasore depotenziandone, così, le mire.

Il consumo medio annuo di territorio (periodo d’osservazione 1950-2005), in Italia – vale a dire le aree che Cementland ha occupato in media ogni anno – è di 221.745 ettari, ciò significa che la “soglia” italiana è di 607 ettari/giorno. Se pensiamo che i tedeschi ritennero che una soglia di 120 fosse inaccettabile e, per legge, la ridussero a 30…
Senza nessun controllo né opposizione, Cementland s’espande nel Belpaese ovunque, sempre di più: se la media 1950-2005 è di 607 ettari/giorno, quella del periodo 1990-2005 è più alta: 669 ettari/giorno. L’invasione s’espande a macchia d’olio.
C’è da chiedersi perché sia consentita una tale espansione, come mai nessuna autorità italiana s’opponga all’invasore. La principale ragione è che i governatori italiani sono governatori coloniali, espressioni di Cementland. Ma c’è dell’altro.

Come va la produzione in Italia? Come sta il sacro PIL? Non tanto bene, grazie: bisogna correre ai ripari.




Fonte: Arnaldo Sciamarelli su Eguaglianza&Libertà 17 Novembre 2006.

Come si può facilmente comprendere, senza il contributo di Cementland il PIL italiano sprofonderebbe sotto zero e no, non si può mostrare al mondo le mutande sporche! Interviene Cementland che tutto sistema: la calce non è forse un ottimo sbiancante?
La Germania, che fino a ieri era il primo esportatore mondiale – superata quest’anno per un’incollatura dalla Cina – può permettersi di contrastare Cementland – poiché, in definitiva, non ne ha bisogno – mentre l’Italia, che ha svenduto il proprio apparato produttivo oppure l’ha demolito, è obbligata a piegarsi ai diktat dell’invasore.

Siamo, in definitiva, come il conte Ugolino: divoriamo il territorio che un giorno sarà dei nostri figli per regalarlo a Cementland ed ai suoi vassalli. In cambio, otteniamo un PIL non proprio sotto zero: siamo come degli sciagurati agricoltori che si nutrono con le sementi dei futuri raccolti.
E’ sempre stato così? Non proprio.
In questa tabella, possiamo osservare chi sono gli “attori” del mercato edilizio, vale a dire chi costruisce e perché: ecco il raffronto (valori percentuali) di 20 anni, 1984-2004.


Fonte: elaborazione CRESME su dati ISTAT

Come si potrà notare, nello scorrere dei decenni l’edilizia pubblica s’è praticamente estinta, l’edilizia di cooperativa (assimilabile a quella popolare) ha perso parecchi colpi, ma anche i privati sono retrocessi: chi s’è imposto?
Le imprese: il “cuore” di Cementland.

Siccome neppure l’iniziativa privata basta più, scendono in campo le grandi corporazioni, veri e propri corpi d’armata di Cementland, i quali possiedono di tutto: giornali, reti televisive, parlamentari, amministratori locali, giornalisti…insomma, occupano l’Italia.
Rimane il problema di giustificare la cementificazione di vaste aree, la vera ragione dell’esistenza di Cementland: non bastano le autostrade, le centrali nucleari, i ciclopici ponti, perché queste sono le grandi campagne militari. Servono le piccole guerre d’ogni giorno per mantenere alta la produzione del munizionamento, per trovare sempre nuove missioni alle colonne cingolate, ai caterpillar d’assalto.
Ecco allora spuntare le mille iniziative sportive: si costruisce un ambaradan stratosferico in provincia di Torino – eh, ci fossero tutti gli anni le Olimpiadi… – e poi s’abbandona tutto alle ortiche[4].
La cosa non è nuova: per Torino e per la pratica di costruire e poi d’abbandonare.

Appena decenne, mio padre mi condusse (come tanti, all’epoca) in visita ad Italia ’61, la manifestazione per il Centenario dell’Unità d’Italia. Salimmo sulla famosa monorotaia che, da Corso Unità d’Italia, sarebbe dovuta giungere fino al centro, velocizzando il trasporto pubblico. Era nei piani, tutto previsto.
Invece, terminata la Festa, gabbato lo Santo.
Oramai ventenne, studiavo a Torino e mi prese il vezzo d’andare a curiosare la vecchia Italia ’61, con il ricordo di papà che magnificava tutto…che delusione…
Il Palazzo della Vela era abbandonato e, l’unica cosa rilucente, erano i fuochi accesi dalle prostitute che, saltuariamente, lo usavano per i loro scopi.
Ma passano gli anni e, coerente con i desideri di Cementland, l’opinione pubblica (vale a dire i giornalisti di Cementland) spifferano ai quattro venti l’orrore: Italia ’61 va in malora!
Giungono allora in soccorso alcune unità corazzate di Cementland: il fabbricato è in condizioni pietose – ma non si deve abbandonarlo! – e così si dà inizio ad una nuova ricostruzione. E giù soldi, e tangenti.

L’operato di Cementland può essere riassunto in pochi dati, sull’aumento delle unità abitative (senza andare troppo indietro) fra il 1991 ed il 2005. In questo periodo[5], la popolazione è cresciuta solo del 3%, mentre il numero di stanze del 23,8%!
Insomma, Cementland deve costruire, utilizzare il munizionamento, altrimenti il meccanismo s’inceppa ed il PIL crolla: non vorrete mica veder crollare il PIL, vero? E dopo?

Peccato che già Robert Kennedy si fosse accorto dell’inganno: pare che, appena una persona che ha responsabilità di potere lo ammetta…beh…non serva più…
Ecco cosa disse nel lontano 1968:

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.
Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Ci pensò Sirhan Sirhan.

Un dubbio, però, rimane: se la legge della domanda e dell’offerta ha ancora qualche, seppur minimo, valore, con meno gente e più cemento i valori immobiliari dovrebbero decrescere. E invece…
Invece, le uniche città più care (abitazioni in centro) di Roma e Milano sono New York, Londra, Parigi, Zurigo e Monaco. Milano, è più cara di capitali del calibro di Madrid, Berlino, Amsterdam, Vienna, Bruxelles…
Come riesce, Cementland, ad ottenere questi risultati? Con due accorgimenti.

Per prima cosa, è necessario accentrate la popolazione: il territorio serve solo per le grandi manovre, ma è nei pressi delle città che hanno luogo le battaglie. Perciò, treni ad alta velocità ed abolizione delle linee secondarie. Piccoli ospedali? Rami secchi: tagliare. Scuola? Chiudere. Attività produttive? Emigrare all’estero oppure chiudere. Servizi per la collettività? Accentrare.
Va da sé che, chi ancora cerca di vivere nel territorio, può solo farlo se ha già un lavoro nei pressi: altrimenti, è obbligato ad inurbarsi. Cementland va in brodo di giuggiole.
Ma non basta ancora.

Maledetti italiani: scopano ma non fanno figli! Decrescono! Troppo!
Visto che c’è un intero continente che viene tenuto in condizioni di sempre maggior miseria, approfittiamone!
Non importa se la disoccupazione italiana (quella reale) supera forse già il 10%: meglio se giungono sempre nuovi barconi dall’Africa!
Qualcuno lavora? Bene! In nero? Meglio ancora! Si prostituisce, spaccia, ruba…non importa. Paga l’affitto? Per Cementland basta ed avanza, così il patrimonio immobiliare italiano può gloriarsi d’esser giunto alla stratosferica cifra di 3.522 miliardi di euro! E gli italiani, nel 2005, erano indebitati per 160 miliardi di euro con le banche![6]
Cementland e Bankenland sorridono, soddisfatti, e vanno a cena contenti.
Se qualcuno non crede a queste cifre, passi il confine francese e si rechi in Costa Azzurra: a parte gli improperi dei francesi – che vedono i valori immobiliari impazzire per la vicinanza all’Italia – scoprirà che i prezzi delle abitazioni, pur nella “gettonata” Costa Azzurra, decrescono man mano che ci si allontana dall’Italia.
Dopo Saint-Tropez il fenomeno, praticamente, si estingue: in Spagna, con l’equivalente italiano di un appartamento, si compra una villa.

Ora, qualcuno inorridisce per le parole pronunciate nella notte dell’Aquila a Roma, da quelli che sapevano che quella tragedia, per loro, si sarebbe trasformata in appalti, tangenti e prebende.
I giornali rincarano la dose, mettendo all’indice l’uso delle prostitute di Palazzo come strumento di corruzione e, in definitiva, di prassi politica.
Vorrei precisare e sottolineare che, chi scrive, non è per nulla scandalizzato dai sospiri delle alcove clandestine: lenoni e cortigiane, sotto varie vesti, hanno popolato i palazzi del potere in tutte le epoche. Verificare, per conferma, il potere che ebbe Madame de Pompadour in Francia: per certi versi, più devastante di quello che non ha mai avuto la D’Addario.
Per contro, ci schifano letteralmente i “ricami” che tutti tessono su queste vicende: dai moralismi da sacrestia di certa stampa – “conservatrice” o “progressista”, poco cambia – ai tentativi mediatici del Presidente del Consiglio di porsi come il “Chiavolini”[7] nazionale, contrapposto a Marrazzo, l’uomo che ambiva ad altre “vie”. Che pena.
Le cose da capire e da meditare sono ben altre.

Big Pharma, come sappiamo, ha ottenuto copiose raccolte di fondi grazie alla paura scatenata per la “maiala” che tutti doveva ucciderci. Con la “maiala” si sono arricchiti in parecchi e, addirittura, un oscuro sottosegretario di Cuneo è riuscito a riottenere la poltrona di Ministro della Sanità (o della Salute) che più non esisteva.
A margine – ma non a latere – un faccendiere della sanità pugliese forniva “carne fresca” per il sultanato Chigi/Grazioli. E chi paga?

La guerra di Cementland è più vicina alle nostre case di quanto immaginiamo: la “magnifica pensata”, trasferire il G8 dalla Maddalena a L’Aquila, è stata una mossa strategica di Cementland, nient’altro.
Con un colpo da maestro, il costruttore/editore/assicuratore/finanziere/politico…Berlusconi è riuscito a raddoppiare la posta, a duplicare i metri cubi di cemento: crediamo bene che gli Stati Maggiori di Cementland abbiano immediatamente inviato stuoli di “crocerossine” ardenti! Che, con l’immigrazione di tante bellissime e disponibili brasiliane, diventa uno scherzo fornire.
Torniamo alla domanda: e chi paga?

Negli stessi giorni, Berlusconi vola a Bruxelles e comunica le sue preoccupazioni: forse la disoccupazione, la produzione industriale, la corruzione…no…
Il problema sono le pensioni. Punto.
Troppa gente vive a sbafo: dopo aver lavorato una vita, va in pensione. Oramai, se ci riesce.
Patetica e vile la risposta del segretario della UIL Angeletti, un vero fleur du mal dell’oratoria, il quale si scaglia – apparentemente – contro ogni proposta: “le pensioni sono già a posto”, salvo poi aggiungere una postilla, ossia “tanto siamo già d’accordo con il Governo, di legare l’età della pensione all’aspettativa di vita.”
Il lavoro non è più una parte della nostra vita: diventa una pena da scontare, e l’età della pensione un “fine pena”.

Ecco da dove provengono le risorse per Cementland: dalle varie casse previdenziali. Non è forse vero che 3 miliardi di euro del fondo TFR dell’INPS sono state “stornati” sul bilancio statale, alla voce della spesa corrente?
Questo è soltanto un esempio: tramite le mille gabelle – nazionali e locali – più i prelievi effettuati sulle nostre casse previdenziali – sui nostri soldi – il governo s’impadronisce di risorse non sue. Poi, spaccia una riforma della scuola come “storica ed innovativa” quando, conti alla mano, altro non è che un colossale taglio degli organici per risparmiare quasi 8 miliardi nell’attuale legislatura. Ed affossare definitivamente la scuola pubblica, per avvantaggiare le scuole private le quali, magari grazie a dei prestanome, saranno di proprietà del presidente del Consiglio.
Per le stesse ragioni, non si ha più il “lusso” di trascorrere la notte prima di un intervento in ospedale: si va, digiuni, la mattina presto e s’aspetta. Fra un po’ metteranno i numeri per entrare nella sala operatoria, come dal salumiere. Anche qui si risparmia.

In definitiva, riducono tutte le prestazioni sociali e s’impadroniscono delle risorse degli italiani (ciò che ho appena scritto è solo una sintesi, per non tediare il lettore) mentre, dall’altra, finanziano Cementland sotto varie forme: il Ponte sullo Stretto, le centrali nucleari, la TAV, i vari G8, Olimpiadi, campionati sportivi, celebrazioni per i 150 anni dell’Unificazione, fiere varie…la lista potrebbe continuare.
Fantastico, poi, costruire delle strutture per poi far mancare i fondi: è un raffinatissimo gioco, da menti “raffinatissime”. I lavori s’arrestano e le strutture non terminate degradano: dopo anni si ricomincia, così s’assommano i metri cubi da costruire con quelli da demolire e da rifare. Cementland x 3.
Tanto, la “verità” ci viene raccontata – spesso con un’indignazione che sembra sincera – dai giornalisti del Presidente del Consiglio, dalle reti televisive del Presidente del Consiglio, dalla RAI dei dirigenti nominati dal Presidente del Consiglio, che ascoltiamo grazie ai decoder forniti dalle aziende del Presidente del Consiglio.

Come si può lottare contro questo mostro, questa forza militare che occupa la penisola italiana?
Qualcuno lo ha fatto, ed ha sconfitto Cementland. Come ha fatto?
A Savona, Cementland aveva ordinato la costruzione di un porto turistico da 600 posti barca (notare: in gran parte per imbarcazioni +15 metri, ossia “barche da sogno”, mica per chi ha un gozzo per la pesca o una modesta barca a vela d’altura) e, visto che erano attesi ricconi, cementieri, faccendieri, corruttori e quant’altro, bisognava preparare anche delle residenze.

Il grande architetto Fuksas – quello che si faceva invitare ad “Anno Zero” – aveva un problema: un progetto per una “torre” alta 150 metri era stato rifiutato in Russia. Talvolta capita che alcune unità combattenti di Cementland siano obsolete, oppure non adatte per vari motivi all’utilizzo operativo. Che fare?
Sbologniamo la torre a Savona, con il solito corollario di prebende per tutti: destri, sinistri, alti e bassi. Tanto, con qualche migliaio di metri cubi d’ottime munizioni, avremo sufficienti mezzi per ammorbidire tutti: non si hanno notizie di “massaggiatrici.”

Nasce però, in modo assolutamente spontaneo, un gruppo di persone che si radunano in un “Coordinamento” ed iniziano a proporre modeste iniziative contro l’attacco di Cementland.
Nel luogo scelto per il mega-porto turistico, c’è uno scoglio sul quale c’è la statua di una Madonna, detta “La Madonnetta”, che è lì da tempo immemore, alla quale la popolazione è legata per tradizione e per devozione.
Fuksas, allora, presenta la solita variante nella quale la Madonnina viene inglobata fra i moli galleggianti, le pompe del carburante e le gru per l’alaggio: insomma, diventa la Madonnina del porto turistico dei ricconi! La gente inizia ad incazzarsi.
Il Coordinamento della Margonara cresce – lo so perché la mia figlia maggiore ne fa parte – e propone, proprio dove dovrebbe scattare l’attacco di Cementland, una serie di manifestazioni: la spiaggia è demaniale, nessuno può cacciarli.
Oggi suona un gruppo, domani una modesta festa a base di musica, birra e panini, dopodomani una gara di nuoto…e la gente viene, legge, s’informa.
Poi nasce un blog – http://margonaraviva.blogspot.com/ - e la gente può accedere, conoscere, informarsi, essere informata delle iniziative. La protesta cresce.

Cementland, dapprima, sottovaluta la situazione: i carabinieri, ovviamente, perseguitano il Coordinamento. Ogni sera si chiedono i documenti, sempre alle stesse persone: si perquisisce, s’ispeziona, si minaccia, ma non salta fuori niente.
Per molto tempo tutto tace: anche i Verdi e Rifondazione glissano, il PD è una sfinge. Ma giungono le elezioni regionali. La Margonara diventa un problema politico: per qualche migliaio di voti si può perdere la Regione Liguria!
Nella stanze del PD s’impreca, ma la paura inizia a serpeggiare. E, se per colpa di questi maledetti idealisti, dovessimo perdere la regione?
Il 2 di Febbraio 2010 Fuksas è costretto a gettare la spugna: il Lanzichenecco – paradosso! – torna a Roma imprecando.
Sergenti e caporali locali di Cementland – il servaggio degli enti locali – strisciano e confermano la loro devozione a Cementland, poiché Cementland è vendicativa, ed hanno paura. Leggete cosa scrive[8] un tal De Cia, consigliere comunale di “Democrazia e Socialismo” (sic!):

"Ho letto le dichiarazioni che l'Architetto Fuksas ha fatto in questi giorni nelle quali dichiara di abbandonare il progetto del porticciolo turistico della Margonara. Sono ben consapevole di essere ancora una volta fuori dal coro di quelli che brinderanno a Champagne pensando di aver ottenuto una vittoria con relativa umiliazione del “odiato nemico”. Io ad esempio mi dispiaccio sinceramente che questo possa essere successo. Non considero per niente positivo che una realtà come la nostra ogni qual volta possa ottenere collaborazioni e esperienze professionali di carattere internazionale, si dimostri così provinciale da snobbarle o peggio denigrarle.Chi è contrario al porto alla Margonara, lo sarà comunque al di là di chi imposterà o firmerà il progetto e di quali contenuti architettonici e culturali esso sarà portatore. Ma io credo che non usare energie intellettuali o professionali di caratura internazionale, sia comunque una perdita per la Città. Stento a credere che il vero punto della discussione sul porto turistico sia divenuto l'unico intervento che faceva almeno pensare ad uno sforzo intellettuale e ad un approccio nel quale l'architettura si mette al servizio di un processo di riqualificazione del territorio. Stento a credere che le forze politiche principali, abbiano permesso di mettere in sordina la vera questione che riguarda questa come altre iniziative edificatorie e cioè se l'opera serve ed è utile al territorio, alla sua economia, alla sua qualità della vita.”

Si noti che, su tre aree del porto commerciale di Savona, una è praticamente inutilizzata e le altre parecchio sotto-utilizzate: non sarebbe difficile sistemare centinaia di barche nelle aree già esistenti. Ma, lì, il cemento c’è già: poche munizioni da sparare per Cementland.
La dichiarazione del consigliere comunale – mascherata con la solita patina pseudo-intellettuale ed un poco snob – è in realtà una profonda genuflessione nei confronti dell’architettura globalizzata, del modo di pensare globalizzato, dell’economia globalizzata. In fin dei conti, è una prostrazione a Cementland: speriamo di non essere radiati, anche se abbiamo fallito!

Se a Savona è stata vinta una battaglia – certamente non la guerra! – altre realtà lottano: la gente della Val di Susa contro la TAV prende le botte dai pretoriani giunti da Roma, ma non molla. Contro il Ponte sullo Stretto nascono iniziative e coordinamenti: gente che non vuole che le proprie città siano violentate dai mostruosi piloni del ponte, che avrebbero all’incirca la cubatura delle Twin Tower!
E a Vicenza, nel “profondo Nord” leghista, la gente scende in piazza contro la Cementland targata USA, la guerra che Cementland conduce in favore di chi fa la guerra.
Domani, dopo le elezioni, saranno comunicate le località dove sorgeranno le centrali nucleari: anche qui, la paura inizia a serpeggiare. La Polverini si smarca, corre per il “centro destra” che vuole le centrali ma non le vuole in Lazio, perché sa che la questione potrebbe diventare un pericoloso scivolone elettorale.

Non si può lottare contro le centrali di Berlusconi? Perché sono siti sottoposti all’autorità militare? Mais…qui à peur de qui?
Credete forse che Berlusconi abbia la forza di far sparare i soldati? Comandati dal general Bertolaso, che magari si porta dietro la brasiliana in tenda?
Ma va là!
Ci sono forme di lotta contro le quali il potere globalizzato poco può fare: se vince, è soltanto per il nostro disimpegno!
Cosa ci vuole?

Un coordinamento via Web – basta un blog per ogni centrale – che chiami a raccolta la gente quando spostano le armate di Cementland: migliaia di persone che arrivano con il sacco a pelo e si stendono sulle strade, sulle autostrade, sulle linee ferroviarie. Credetemi: non hanno sufficienti munizioni per sconfiggere un simile movimento.
L’errore sarebbe credere che bastino le manifestazioni – le “messe cantate” che ci lasciano fare – per sconfiggerli: se ne fregano delle messe, delle confessioni e del coro.
Quando, invece, la gente s’organizza e li contrasta sul campo – in modo assolutamente pacifico – non hanno armi: impariamo da Gandhi.



 

In fin dei conti, non è poi così importante vincere la battaglia ma combatterla: al più, ciascuno di noi potrà guardare negli occhi i propri figli e non sentirsi un rinunciatario, un vigliacco. E, questo, sarà il miglior insegnamento che potremo dare loro.



 



 

Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.



 


[1] Di Giovanni, Ligini, Pellegrini – La strage di Stato – vedi estratto: http://www.uonna.it/bilposs.htm
[2] Vedi: http://www.impreseallasbarra.org/index.php/Pesenti
[3] Vedi: http://dipiter.unical.it/Materiale_didatt_ciccone/ingegneria_del_territorio/Paesaggio,%20relazione%20Provincia%20RM%20%20%20%20%20%20%20%20%20%2011.10.07.pdf
[4] Vedi: http://tuttosbagliatotuttodarifare.blogspot.com/2010/01/abbandonati-gli-impianti-delle.html
[5] Fonte: Annuari ISTAT.
[6] Fonte: ANCI-CRESME, 2005.

[7] Raccontano gli annali apocrifi del Fascismo che, quando Mussolini riceveva qualche signora, gli addetti di Palazzo Venezia giustificavano la sua assenza poiché impegnato in un colloquio con il “Ministro Chiavolini”.
[8] Vedi: http://www.savonanews.it/it/internal.php?news_code=69056