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Tempi nostri

di Gianfranco La Grassa - 21/02/2010

 

Se esistesse in questi tempi così disgraziati e meschini, e in un paese come l’Italia fra i più di-sgraziati e meschini, uno scrittore della tempra intellettuale e letteraria di Zola, lancerebbe il suo net-to j’accuse contro i sempre (in)nominati “poteri forti”, che sono invece stati rappresentati, e lo sono tuttora, da ben precisi individui con nome e cognome (e patrimoni accumulati con “le debite modalità” degli affari), che tuttavia, com’è ben noto, sono solo portatori soggettivi di funzioni oggettive; se non le avessero svolte questi individui specifici, le avrebbero svolte altri con nomi diversi ma con le stesse caratteristiche personali.
Queste considerazioni mi sono venute spontanee, prendendo visione dell’intervista di Lorenzetto ad Angelo Rizzoli su Il Giornale d’oggi. Intervista che consiglio a tutti di leggere perché ne emerge un quadro comunque desolante delle immani porcherie commesse da questi “poteri forti”, la cui stampa – detta indipendente, ma da essi invece pagata – da anni e anni predica circa la questione morale che investirebbe solo una parte politica, anzi quasi un solo uomo o, al massimo, il suo stretto entourage. Non provo pena per Angelo Rizzoli, anche perché credo che non abbia voglia di suscitare pena in nessuno. La sua vicenda – ancora una volta senza inutili personalizzazioni, ma come emblematica di un ambiente sociale da “padroni predoni” – è durata 26 anni, con carcere, spoliazione di averi, ecc. e si è conclusa con la completa assoluzione da parte della Corte di Cassazione per “insussistenza di reato”, per cui la sua fedina penale è tornata ad essere “incensurata”. Evidentemente, però, la situazione non è tornata quella di prima né per lui né per “i poteri forti”, che hanno divorato un’azienda editrice (e casa produttrice cinematografica) importante e si sono impadroniti del Corriere, ecc.
Non essendo Zola, non insisto nello scrivere; invito tutti a leggere l’articolo in oggetto per farsi un’idea dell’ipocrisia, e di qualcosa di ben peggiore, di coloro che sono sempre all’attacco con que-stioni morali, la cui prima melliflua lezione venne impartita da un mediocre, e invece ingigantito (et pour cause), segretario del Pci, che iniziò la lunga marcia di questo partito verso l’abisso dell’abiura e dell’ignominia. Solo come piccolo “assaggio”, cito i giudizi di Rizzoli su due personaggi dei “poteri forti” (quella che ho denominato spesso GFeID: grande finanza e industria decotta, sempre attaccata alle mammelle di “mamma Stato” per sopravvivere, data l’inettitudine reiteratamente comprovata dei suoi imprenditori).
Su Bazoli: “Avvocato bresciano. Uomo indecifrabile. Vuol apparire come un santo, ma nella vicenda Rizzoli ha dimostrato una spregiudicatezza che non aveva nulla di ascetico”.
Su Agnelli: “Avvocato per antonomasia, pur senza esserlo. Privo di riflessi di coscienza. L’individuo più cinico che Angelo Rizzoli abbia mai conosciuto. Nutriva un totale disprezzo per gli uomini e per tutto ciò che è relativo all’umanità. Mi conosceva fin da bambino……….Mi lamentai per il comportamento tenuto dalla Fiat. Mi rispose: <<Caro Angelo, si sa che nel mondo degli affari vige la legge della giungla: il più forte mangia il più debole. E tu eri il più debole>>. Un discorso così me lo sarei aspettato da Totò Riina, non dal primo gentiluomo d’Italia. Considerava i suoi simili animali da divorare”.
In tutta franchezza, mi sembra che Rizzoli faccia troppo l’ingenuo. Io che ho partecipato alla vita soltanto della media industria, non di simili giganti, non mi scandalizzo per nulla delle frasi sulla “legge della giungla”. Certi discorsi non me li aspetto da Totò Riina, ma precisamente da chi li fa. Semmai, sorrido al pensiero che chi li ha fatti passava per grande imprenditore (che deve essere un grande stratega) mentre era solo capace di succhiare, come già rilevato, le mammelle dello Stato, da cui usciva il “sangue” di coloro che producevano sul serio.
Se invito a leggere l’intervista, e se parlo di una vicenda che meriterebbe almeno un j’accuse in tono minore, non è certo perché mi eriga a fustigatore dei costumi; è solo perché si provi schifo per quei vermi e mignatte che sollevano lo scandalo morale e fanno appello alla “Giustizia”, servendosi di un apparato fazioso e schierato a tal fine, onde cercare disperatamente, da 18 anni a questa parte, di completare quell’opera che Stati Uniti (e “poteri forti” italiani loro subordinati) non sono riusciti a realizzare compiutamente, dopo i progetti formulati sul “Panfilo Britannia”, mediante l’operazione Mani Pulite e la definitiva corruzione dei piciisti, ridotti a loro scherani e sicari preferiti, ivi compreso il ceto intellettuale (un ammasso di cialtroni e “cervelli piccoli piccoli”, che si incensano l’un l’altro per occupare ogni spazio mediatico) a questi ultimi collegato.
La devastazione provocata è comunque già enorme; l’industria fu “pubblica” è stata ampiamente smembrata e indebolita. I ceti lavoratori produttivi (dipendenti e autonomi) taglieggiati; non ridotti alla fame come piangono i soliti cialtroni moralisti che cercano i loro voti, ma comunque certamente non favoriti dall’andazzo, sconnesso e disorganizzatore, promosso da questi ultimi. Nessuno pensa che forse sarebbe ora di “impugnare i forconi e infilzarli”?